L’illusione di controllare la realtà

Rafael Nadal
Rafael Nadal

Rafael Nadal

Rafael Nadal

In questi giorni si stanno svolgendo a Roma, al Foro Italico, gli internazionali di Tennis 2015 e pur non essendo una patita di questo sport mi sono ritrovata a seguire e osservare qualche partita. Sono stata così colpita da un giocatore in particolare (che gli appassionati di tennis conosceranno benissimo, gli altri se volete vi invito ad osservarlo mentre gioca). Sto parlando dello spagnolo Rafael Nadal, considerato uno dei più forti tennisti di tutti i tempi. Assistere ad una sua partita è davvero curioso e a tratti anche snervante per via dei suoi innumerevoli riti scaramantici e propiziatori in campo: dalle bottigliette d’acqua posizionate in maniera quasi maniacale sotto la panchina e con l’etichetta rivolta verso il campo ai numerosi gesti prima di ogni servizio. Nadal non è il solo a compiere questi rituali in campo, ma sarebbe altrettanto eccessivo fare qui un elenco dei giocatori e dei loro cerimoniali messi in atto in ogni partita.

Ma non bisogna per forza fare riferimento a personaggi noti e visti in tv, perché se ci pensiamo bene magari anche a noi sarà capitato qualche volta (o spesso) di compiere delle azioni abituali, dei gesti ripetitivi in determinate occasioni o circostanze, dei riti propiziatori prima di un evento particolare.

Ma come mai lo si fa? Qual è il senso di tutto questo? Anche se compiere dei riti scaramantici non produce alcun effetto sulla realtà sicuramente incide sulle nostre convinzioni. 

Da un punto di vista psicologico, infatti, un po’ di superstizione può aiutarci molto spesso a tenere sotto controllo l’ansia: i nostri rituali ci permettono appunto di scaricare la tensione e di esorcizzare l'angoscia del nostro limite umano e della nostra fragilità. La superstizione, quindi, svolge una sua precisa funzione: quella rassicurante. Basta rispettare semplici rituali prima di fare una cosa e ci si sente più tranquilli.

Tutti i rituali superstiziosi hanno alla base l’evitamento, cioè ci convincono che mettendoli in atto allontaniamo qualcosa di negativo da noi stessi. Così questa azione di evitamento aiuta a calmare la mente a tal punto che se non mettessimo in atto questi rituali ne sentiremmo la mancanza.

Quindi diventa una sorta di gioco obbligatorio da fare se vogliamo che le cose vadano per il meglio (illudendoci ovviamente e irrazionalmente di poter controllare la realtà). Se il giorno in cui avete avuto un successo lavorativo portavate al collo quella catenina dorata potreste convincervi, attraverso il condizionamento, che quella è stata la ragione del vostro trionfo.

Se per un motivo o per un altro la sera prima di un importante colloquio di lavoro non trovate quella collana probabilmente vi convincerete che quella è una premonizione che siete destinati a fallire. 

Ma questa collana, poi, ha davvero una relazione con il vostro successo? Non bisogna comunque mai sottovalutare il fatto che la linea che separa i rituali dalle ossessioni è sottilissima e si oltrepassa nel momento in cui questi gesti diventano vere e proprie manie di cui non si può fare più a meno.

Riprendendo l’esempio iniziale di Nadal, se dovesse capitarvi di vederlo (per chi non lo conoscesse già) magari vi strapperà un sorriso la sua infinita sequenza propiziatoria che anticipa ogni servizio e potreste scambiarla con una bizzarra combinazione di tic nervosi. Probabilmente lui attraverso questi gesti controlla la sua forza, sigilla la sua concentrazione sul momento importante del gioco e chiude fuori dalla testa quella emotività che la situazione necessariamente genera.

Dott.ssa Florinda Bruccoleri
Psicologa, Psicoterapeuta analista transazionale,
Psicooncologa ed esperta in psicologia forense.
Sito web: www.florindabruccoleri.it

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