College, calcio e laurea in psicologia: il sogno americano di Stefano

Domenica scorsa Stefano Fanfoni è tornato a vestire la maglia della Leoncelli, in Prima categoria cremonese, dove chiuderà una stagione in cui ha toccato con mano il “sogno americano”. Che nel suo caso, quello di un calciatore più o meno in erba a 22 anni, è l'essere studente-atleta a Nova Southeastern University, college con base a Fort Lauderdale, a mezz'ora da Miami, che nella propria squadra di calcio, gli Sharks, conta in tutto dieci ragazzi italiani. “Sento che sto facendo quello che facevo in Italia – spiega - ma al doppio della velocità. Riesco a portare avanti perfettamente la mia passione calcistica e gli studi in psicologia”.

Stefano Fanfoni, 22 anni
Stefano Fanfoni, 22 anni

Mezz'ala di belle speranze cresciuto nel settore giovanile della Cremonese fino all'esordio in C1 con Mondonico, Fanfoni sembra aver trovato la propria dimensione dopo esser rimasto scottato dall'ultima esperienza italiana. Dopo i prestiti al Bellaria e alla Canavese, infatti, rescisse il contratto con i grigiorossi per lanciarsi in serie D nella Gallaratese, club che però non pagava gli stipendi. Sceso per un breve periodo nei dilettanti, la sua carriera è ripartita dall'altra parte dell'Oceano.

Com'è nata la possibilità di una borsa di studio a Nova Southeastern?

“Arturo Consonni, preparatore dei portieri della Gallaratese ed una delle poche persone vere conosciute in quell'esperienza, mi segnalò alla Sports Academy. Feci un provino a Milano, dentro di me avevo ancora la voglia di provare a fare carriera in Italia, ma quando di mi arrivo l'offerta della borsa di studio mi chiese 'perché no?'. Ora ho guadagnato anche quella accademica”.

Com'è il livello del calcio universitario negli Stati Uniti?

“C'è una grossa disparità tra il livello tattico, paragonabile a quello di una Prima categoria, e quello atletico, vicino a quello della Lega Pro. Noi a Nova siamo in tanti italiani, e finché abbiamo retto fisicamente siamo riusciti ad imporci proprio grazie alla tattica. Ma con due gare a settimana e trasferte anche di 5-6 ore, nella seconda parte di stagione siamo calati fino a restare fuori dai playoff”.

Come giudica la sua prima stagione nella Sunshine State Conference?
“Molto positiva, anche se avrei voluto segnare di più. Ho realizzato solo un gol, anche se importante perché decise in nostro favore la sfida con Lynn, numero 1 dello stato. Segnai con un tiro a giro sul secondo palo, una bella soddisfazione”.

Come vive uno studente-atleta in un college statunitense?

“Ci sono i pro e i contro. E sacrifici, perché ci si allena anche alle 6.30 del mattino prima di andare a lezione. In mensa bisogna stare attenti alle calorie, ma da settembre fortunatamente avrò un appartamento con cucina. La cosa migliore è che tutto sembra più facile, perché si viene messi nelle migliori condizioni di essere sia studente che atleta”.

Si spieghi meglio.

“Faccio un esempio: in Italia frequentavo l'università ad Aosta, e ogni anno cambiavo squadra. Con chilometri da fare tra lezioni e allenamenti, ed esami che magari non potevo dare da non frequentante. E se salti gli allenamenti poi non giochi. Lì, invece, nel raggio di 50 metri c'è tutto: le classi, i campi d'allenamento, la mensa. E tutto è organizzato alla perfezione”.

Quali sono le differenze della cultura calcistica?

“Negli Stati Uniti sei anzitutto considerato uno studente, e per lo sport non c'è tempo di prendersi certe tensioni del calcio italiano. Non ci sono retrocessioni da evitare, salvezze da giocarsi, c'è un approccio più ludico allo sport. A mio parere un modello meno stressante e più salutare”.

Consiglierebbe questa esperienza ai ragazzi italiani?

“L'ho già fatto, portando altri cremonesi alla nuova edizione del provino a Milano”.

Dopo questa stagione, nel suo futuro si vede più calciatore o psicologo?

“Ora la mia attenzione è focalizzata sullo studio, a maggio 2014 mi laureerò in psicologia e il mio primo pensiero sarà trovare una stabilità lavorativa. Dove ha poca importanza. Il calcio però farà sempre parte della mia vita”.

Michele Talamazzi© RIPRODUZIONE RISERVATA

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