Vuoti di memoria: sperimentata la tesi di Radvansky


Vuoti di memoria: sperimentata la tesi di Radvansky

Quanto è efficiente la memoria umana, quanto può esserlo e quanto incida nella vita di tutti i giorni?  
Per darvi una risposta a queste domande vi parliamo quest’oggi delle ultime teorie riguardanti la capacità di ricordare formulate da Gabriel Radvansky, professore di psicologia all’università di Notre Dame in Indiana (USA).  Lo psicologo ha scoperto che i “vuoti di memoria” nel corso degli anni diventano sempre più presenti nella realtà quotidiana.
Punto di partenza della sua ricerca è stata la constatazione del fatto che i vuoti di memoria si susseguono nella realtà casalinga di ogni singolo individuo, come ad esempio quando si  passa da una stanza all’altra senza ricordarsi il motivo per cui ci si era diretti in quest’ultima.

Escludendo i casi patologici, anche a chi è convinto di avere una “memoria da elefante” almeno una volta nella vita è capitato di guardarsi attorno smarrito in un luogo in cui si era diretto cercando di ricordarsene il motivo.
Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Quarterly Journal od Experimental Psychology, ha mostrato come la causa di queste dimenticanze siano le porte.
Secondo Radvansky difatti l’unico modo per vincere le amnesie sarebbe quello di vivere in spazi aperti, privi di porte, le quali sono delineate come divisorio tra un ricordo e un altro, come se i neuroni uscissero dal cervello nell’istante in cui il corpo esce da una stanza.
Teoria apparentemente bizzarra quella di Radvansky che ha trovato appoggio e supporto da  molti studiosi, che sperimentandone la veridicità sembra abbiano trovato dei nessi logici.  Il professore deve ai suoi studenti una parte del merito dell’analisi poiché si sono prestati come cavie per dimostrarne la tesi. La memoria dei ragazzi è stata messa alla prova permettendo loro di passare da un ambiente unico ad un altro dotato di stanze divise. I risultati sono stati chiari ed incontestabili: i lapsus hanno colpito soprattutto coloro che hanno attraversato una o più soglie.
 Un decisivo passo avanti per la psicologia, anche se prettamente teoretico, poiché nel concreto si potrebbe definire raro, quasi impossibile,  che l’uomo possa eliminare le porte dalla propria abitazione, spinto dal desiderio di privacy o tranquillità, in alcuni momenti della giornata, a cui  preferisce non rinunciare.

di Maria Luisa Serpico

12 dicembre 2011

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