Veicoli diesel «fonte di morte certa»: Codacons ne chiede il ritiro …

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Economia ecologica | Inquinamenti

Per l’Organizzazione mondiale della sanità emissioni diesel sono «sostanze cancerogene certe»

Ciò che è bello appare anche buono, come il contrario. Difettiamo di una visione laica della realtà

[ 10 luglio 2012 ]


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Luca Aterini

Stavolta il Codacons l'ha fatta grossa. L'esposto depositato alla Procura milanese mette nero su bianco la posizione netta espressa dal presidente dell'associazione dei consumatori, Marco Maria Donzelli: «La prova inconfutabile del legame tra i gas di scarico dei motori diesel e la diffusione del cancro rende necessario un intervento straordinario della Procura a tutela della salute dei cittadini. Da qui la richiesta di sequestro dei veicoli diesel, fonte di morte certa», chiedendo formalmente «il sequestro preventivo ex articolo 321 del codice di procedura penale di tutti i veicoli alimentati a diesel presenti sul territorio della città di Milano e provincia», luogo simbolo per i suoi storici problemi che legano traffico stradale e inquinamento.

La freccia scoccata dall'allarmato arco teso dall'Organizzazione mondiale della sanità ha centrato dunque un primo bersaglio. Il 12 giugno scorso il presidente dell'Agenzia internazionale di ricerca sul cancro, Christopher Portier, avvertiva infatti che «Le prove scientifiche sono inconfutabili e le conclusioni del gruppo di lavoro sono state all'unanimità». Il verdetto espresso dal gruppo di lavoro è che «le emissioni allo scarico dei motori diesel sono cancerogeni certi per gli esseri umani e l'esposizione a tali gas è associata a un rischio accresciuto di tumore al polmone e anche a un maggior rischio di cancro alla vescica».

Come precisa il Corriere della Sera, «L'intervento, anche solo a Milano, sarebbe mastodontico. Su circa un milione e 770mila mezzi immatricolati in provincia di Milano, circa un terzo sono a gasolio (580mila); una proporzione che si ribalta e diventa ancor più massiccia sui veicoli per il trasporto merci: quasi 144mila diesel contro meno di 14mila a benzina». Solo allargando lo sguardo oltre la Provincia milanese si capisce però l'effettiva portata della battaglia: «le auto diesel sono molto diffuse principalmente nell'Europa occidentale, dove incentivi fiscali, a costruttori e automobilisti, ne hanno favorito la diffusione. In Italia, da inizio anno « La percentuale di auto diesel vendute nello stesso periodo è stata pari al 54,5% del totale».

Nonostante le parole dell'Oms pesino come un macigno, lo studio in questione presenta però dei punti deboli. Uno su tutti, è stato condotto nell'arco di 24 anni, dal 1988 ad oggi, e dal Diesel Technology Forum precisano che «I motori diesel che si basano sulle nuove tecnologie sono ormai vicino alle zero emissioni per quanto riguarda gli ossidi di azoto, gli idrocarburi e il particolato». Dati gli interessi in gioco la partita rimane aperta, ed altri studi (pro e contro diesel) vedranno sicuramente presto la luce.

Il caso rimane comunque emblematico del vischioso terreno che contrappone i rischi effettivi dalla loro pubblica percezione. È difficile pensare che dall'oggi al domani sboccino comitati contro l'auto a gasolio, come invece fioccano comitati contro tutto, a partire dagli impianti per la gestione dei rifiuti fino ai parchi eolici o le centrali a biomasse o i pannelli fotovoltaici . Come insegna il fenomeno Nimby, anche i più condivisi risultati scientifici creano fazioni. Ci è oltremodo estraneo accettare che non esistono pasti gratis, e che orientare il cambiamento verso un (comunque migliore) futuro sostenibile implica dei costi, anche psicologici, da affrontare.

I proprietari di auto diesel (una fetta enorme del totale) sarebbero felici se l'esposto del Codacons avesse successo? Sicuramente no. Allora sì che ci sarebbero le strade occupate per le proteste: dovrebbero infatti rinunciare ad un bene proprio, pagato profumatamente e molto utile per la vita di tutti i giorni: la propria auto.

È un esempio di quello che in psicologia cognitiva si chiama effetto alone: un bias cognitivo (introdotto da E. L. Thorndike ad inizio del secolo scorso) per cui ciò che ci sembra bello ci appare anche giusto e buono. Ad una qualità positiva ne associamo altre, mentre una qualità negativa subito ci frena e ci rende diffidenti. Lo stesso che ci porta a maledire un parco eolico sotto casa perché crediamo deturpi il paesaggio, ma ci permette con relativa tranquillità di sopportare il probabile alto rischio cancerogeno della nostra cara, vecchia automobile, dirigendo (o mantenendo) così la produzione industriale su alcuni binari piuttosto che su altri. Ancora una volta, l'economia si dimostra tutta una questione di testa. 

 

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