Psicologia. Tra gli adolescenti l’esclusione dal ‘branco’ può …

PSICOLOGIA. William Shakespeare riteneva che gli esseri umani soffrano soprattutto in riferimento a due grandi temi di vita, l’orgoglio ferito e l’amore non corrisposto. E questo è indubbiamente vero se consideriamo come “orgoglio ferito” tutto ciò che attiene al desiderio di appartenenza ai gruppi sociali e se estendiamo il concetto di “amore non corrisposto” alle esperienze di accudimento e dunque al rapporto con le figure genitoriali.

Ripetute esperienze disfunzionali in questi due domini esistenziali possono portare allo stabilizzarsi di particolari tendenze motivazionali, che spingono all’evitamento o al perseguimento compulsivo di determinate situazioni, creando circoli viziosi relazionali e sofferenza, da cui è molto difficile emanciparsi.

Riguardo al comune bisogno di appartenenza al gruppo dei pari, un bambino o un adolescente esposto sistematicamente a dolorose esperienze di esclusione, vissuti di diversità o non omologazione ( può essere il caso ad esempio di quei bambini a cui tutto è stato concesso, considerati speciali e superiori dai propri familiari, che diventano piccoli tiranni incapaci di tollerare alcuna frustrazione; oppure al contrario, di coloro che sono cresciuti in un ambiente ipercritico e svalutante, sempre in difetto rispetto agli altri) potrebbe reagire con differenti atteggiamenti: arrendendosi precocemente all’idea di essere escluso e dunque avviandosi verso un’esistenza di isolamento o comunque verso esperienze relazionali caratterizzate da disagio e mancanza di fiducia in sé e negli altri; oppure, pur di garantirsi una parziale appartenenza, potrebbe accettare un ruolo subordinato, rinunciando alla possibilità di essere pienamente se stesso; è possibile inoltre che il soggetto possa continuare a perseguire ansiosamente lo scopo dell’appartenenza, a sperare di sentirsi un giorno completamente apprezzato dagli altri, ma proprio a causa di tale atteggiamento ansioso, preoccupato e circospetto, egli continui ad ottenere dagli altri le valutazioni negative che si aspetta e teme (valutazioni di inadeguatezza, stranezza). Potrebbe esserci anche una reazione narcisistica di rivalsa e senso di unicità, quindi la volontà di essere riconosciuto nella propria presunta specialità, con atteggiamenti di superiorità e disprezzo nelle relazioni, che portano comunque a un inevitabile rifiuto.
Queste diverse possibilità di reagire di un essere umano, la resa, l’evitamento, l’iper-compensazione, in comune hanno un sentimento attivatore, la paura: paura di essere rifiutati, esclusi, umiliati.
Attraverso una presa di consapevolezza delle proprie tendenze e delle esperienze precoci che ne stanno alla base e mediante l’accettazione del rischio di non piacere a tutti coloro che ci circondano nonché della possibilità di vivere esperienze interpersonali di rifiuto senza per questo sentirsi disintegrati nella propria identità, è possibile correggere atteggiamenti e comportamenti e migliorare la propria vita relazionale.

Scritto dalla dott.ssa Camilla Vicini, psicologa psicoterapeuta

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