PSICOLOGIA E PSICOPATOLOGIA DELL’ALIMENTAZIONE

Una nuova pubblicazione si propone come una vera e propria guida per dietisti su questo delicato tema

06.12.2011. Al dietista non si richiede soltanto una perfetta conoscenza dei principali elementi nutritivi, ma anche una solida preparazione sulle implicazioni psicologiche collegate al comportamento alimentare e più in generale alle tecniche che possono favorire l'adesione da parte dei pazienti ai modelli alimentari alternativi suggeriti. Per questo motivo, è di particolare interesse il nuovo volume “Psicologia e Psicopatologia dell’alimentazione. Guida per dietisti”, scritto da Francesca Natascia Vasta, Albertina Del Lungo e Raffaella Girelli per la Società Editrice Universo. Questa pubblicazione rappresenta infatti il primo lavoro su questo tema orientato alla figura professionale del dietista e si propone di offrire conoscenze teoriche e linee guida utili per definire la formazione psicologica che deve far parte del bagaglio culturale del dietista, al quale si rivolge un’utenza che dovrà intraprendere un percorso di cambiamento che non riguarda il solo regime alimentare. Modificare le abitudini ed il comportamento alimentare significa rivisitare diversi aspetti di sé con i quali l’individuo entra in dialogo dalla nascita e vi resta per l’intero ciclo della vita. Inoltre, chi si rivolge al dietista può – da subito o nel corso del trattamento – presentare un disagio collegato alla sfera dei Disturbi del Comportamento Alimentare. Dal momento che il dietista ha un ruolo chiave nei processi di prevenzione primaria, secondaria e di cura di questa patologie, la sua formazione richiede un’attenzione e competenza specifica su questi aspetti. Le prime due sezioni del volume aiutano il dietista ad orientarsi nella relazione con il paziente.
La formazione degli autori è di orientamento psicodinamico, con una componente specificamente dedicata allo studio della teoria sui gruppi e alla pratica clinica gruppale. Questo vertice di analisi sui fenomeni umani, inclusi quelli alimentari, patologici e non, traspare in tutti gli argomenti affrontati nel libro. La scelta di fondare il discorso sull’assunto che la gruppalità sia una dimensione costitutiva della mente umana deriva non solo dalla formazione e pratica professionale degli autori ma è stata anche motivata dall’efficacia clinica del dispositivo gruppale nell’esperienza terapeutica con il disagio alimentare, e dalla consapevolezza che il dietista si trova ad operare nella stragrande maggioranza delle situazioni in un gruppo-équipe composto da altre figure professionali, con le quali egli deve sapersi relazionare. Di qui l’esigenza di presentare, tra l’altro, alcuni fondamenti della dinamica di gruppo nel volume, che concludono la prima parte teorico-introduttiva.
Nella seconda parte del volume si entra nel merito del comportamento alimentare umano e del ruolo professionale del dietista.  
Infine, le due appendici riguardano rispettivamente il Codice Internazionale di Etica e Codice di Buona Prassi (professionale), tradotto da F.N. Vasta, e il Codice Deontologico del Dietista. Infatti in più parti del volume si fa riferimento agli aspetti di etica del lavoro e le due appendici costituiscono un completamento necessario al discorso.

Giovanni Bregant
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