Pino Daniele "appartiene" ai fans o ai familiari? Analisi psicologica …

Milioni di fans sono commossi e addolorati per la morte di Pino Daniele, noto cantautore napoletano, che ha contribuito a rendere celebre la musica italiana anche oltreoceano (è stato, tra le altre cose, il primo italiano a suonare all'Apollo Theater di New York).

Con questo breve scritto si intende rendere omaggio alla scomparsa del grande autore, con una riflessione psicologica che scaturisce dall’osservazione delle dinamiche psicosociali successive alla notizia della morte.

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I fatti

Pino Daniele si è sentito male nella sua dimora in Toscana, è successivamente spirato a Roma all’Ospedale Sant’Eugenio. Il collega dr. Giovanni Migliaccio spiega bene nel suo blog La (verosimile) assurda morte di Pino Daniele com’è andata e argomenta le sue perplessità circa i tempi e le modalità del soccorso.  

I figli del cantautore vivono e abitano a Roma e hanno deciso per le esequie del padre, affinché si tenessero a Roma e per la sepoltura affinchè avvenga a Roma. Molti dei fans si sono sentiti “offesi” dalla decisione della famiglia di tenere i funerali del proprio parente a Roma e stanno duramente protestando su tutti i social network, poiché ritengono che il cantante appartenga al “popolo” e pertanto dovrebbe essere omaggiato e sepolto nella città natale, ovvero Napoli.

I cancelli dell’Ospedale S. Eugenio di Roma, dove è tuttora esposta la salma per l’ultimo saluto, sono stati chiusi alla folla stamattina con due ore di anticipo, a causa di qualcuno tra i visitatori che sembrerebbe aver fotografato il cadavere.

Un noto politico italiano, amico del compianto cantautore, ha cercato di entrare da un ingresso riservato ai vip. A quel punto, la folla radunatasi dinanzi all’ospedale, che si è vista probabilmente deprivata della possibilità di rendere l’ultimo omaggio alla salma, ha iniziato a inveire e a urlare contro il politico e contro il personale di sorveglianza. Sono volate parole grosse, grida, minacce di “sfondamento dei cancelli”. In alcuni video visibili in rete (vedi il video qui), si può chiaramente udire la voce di alcuni fans che reclamano e vantano, a loro dire, diritti sulla memoria del cantante. 

L’analisi psicologica

Divi del cinema, Rock-star, personaggi famosi in genere, possono essere oggetto di quella che la teoria psicoanalitica chiama “proiezione”. Si tratta di sentimenti, idee, immagini, affetti, che vengono attribuiti inconsciamente agli altri e non a noi stessi. In questi casi sono accollati, in modo massiccio, a personaggi noti o comunque appartenenti al mondo dello spettacolo.

I contenuti proiettati da milioni di individui su un'unica persona, possono diventare insostenibili per chi li riceve. Quanti divi sono stati, infatti, letteralmente consumati dalle proiezioni collettive di milioni di persone, e hanno spesso bruciato le tappe della propria esistenza fino all’estremo gesto del suicidio, o del lasciarsi morire devastati dall’alcool. Ciò che distrugge della proiezione è infatti la totale assenza di contatto, l’inconsistenza dell’incontro con l’altro. Robert Bly, poeta statunitense, notava a proposito della morte di Marilyn Monroe: “Nessun essere umano può sostenere tante proiezioni e sopravvivere. Perciò è importante che ciascuno richiami dentro di sé le proprie proiezioni.”

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Il dramma dell’artista, ricorda Aldo Carotenuto, uno dei più noti analisti junghiani italiani, è proprio quello di essere una "calamita di proiezioni", a causa della sua stessa natura che lo connette, grazie alla propria sensibilità, ad un insieme più vasto del nucleo sociale a cui di solito egli appartiene.

Ciò che sta accadendo con Pino Daniele è emblematico, a mio modo di vedere, dei meccanismi insidiosi della proiezione di massa, a cui si aggiungono ovviamente, tutti gli altri aspetti ben descritti dalla psicologia sociale sul comportamento delle masse. Le pretese dei fans che vorrebbero decidere le esequie al posto dei familiari, le proteste alla camera ardente, il politico suo amico costretto a non entrare “per evitare ulteriore confusione”, la presunzione di dover a tutti i costi entrare “perché Pino appartiene a noi”.

Si finisce cioè per immaginare che il divo, il famoso cantautore, sia tutt’una cosa con l’individuo. Si confonde in pratica il personaggio, frutto del ruolo sociale e delle proiezioni collettive, con la persona, con il soggetto in carne e ossa. Dietro la fama, la creatività e l’immagine, c’è sempre invece, un uomo o una donna reale, viva. Una persona con le sue fragilità e le sue bellezze, i suoi problemi, dubbi, gioie, patologie, passioni, vizi, i suoi affetti: uno come noi. Più ricco, più celebre, certamente anche più geniale, ma pur sempre umano.

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Sicuramente le canzoni e le poesie di Pino Daniele, così come quelle di Lucio Dalla, Giorgio Gaber, Lou Reed, Enzo Jannacci, appartengono alla nostra psiche, alla nostra memoria e ai nostri sentimenti. Ma non per questo ci appartiene “Giuseppe Daniele” o il “Pino” che conoscono gli amici e i familiari. La persona vera, quella fatta non solo di creatività e canzoni appassionate, ma di tutte quelle sfaccettature quotidiane, belle e brutte, che possono conoscere a fondo solo le persone che lo hanno frequentato, amato e vissuto realmente per quello che era come persona e non solo come personaggio. 

 

 

Bibliografia:

  • Bly R. (1988), Il piccolo libro dell’Ombra. RED, Como 1992.
  • Carotenuto A. (1989), La chiamata del Daimon, Milano, Bompiani.
  • Raggi A. (2006), “L’Ombra”, Il Minotauro, Problemi e ricerche di psicologia del Profondo,       anno XXXIII, 1, giugno

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11 commenti

  • Dr.ssa Antonietta Albano

    #1 del 06.01.2015

    Complimenti!

    Bellissimo, intrigante ed emozionante questo articolo e le mie riflessioni accolgono il tuo "sentire"!

    Grazie.

  • #2 commento privato tra professionisti.
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  • Dr. Chiara Lestuzzi

    #7 del 06.01.2015

    Bellissimo articolo...

    casualmente, oggi -dopo aver visto un servizio su Audrey Hepburn su rai storia- mi era venuta la curiosità di sapere che fine avesse fatto il suo figlio italiano, Luca Dotti. Il quale ha recentemente pubblicato un libro fotografico dedicato a sua madre.

    E ho trovato un' intervista in cui a questa

    Domanda: Solitamente quando una persona cara ci lascia, ciò che questa è stata ai nostri occhi finisce in un certo senso per cristallizzarsi, poiché quel che ci è dato fare è solo trattenere il più possibile il ricordo che ne abbiamo. Si può dire che ne stampiamo nella nostra mente una fotografia il più dettagliata possibile.
    Dalla scomparsa di sua madre, lei si è impegnato a renderne al pubblico un’immagine a tutto tondo, spesso parlando di com’era nella normale routine quotidiana.
    Tutti questi anni di interviste, chiacchierate con persone che l’hanno conosciuta hanno fatto sì che lei riuscisse ad aggiungere dei dettagli a quella foto, che lei stesso scoprisse o comprendesse qualcosa in più della persona Audrey, al di là del ruolo di madre? O in ogni caso resta un lavoro che le è tornato utile per far sì che quella foto quantomeno non perdesse il suo colore?

    Ha risposto:
    Quando nel 1993 ho perso mamma, mi sono trovato a fare i conti con due lutti ben distinti. Il primo, quello strettamente privato e personale, è legato alla perdita di un genitore. Esperienza dolorosa, sulla quale non credo sia necessario dilungarsi più di tanto e con la quale, purtroppo, prima o poi tutti facciamo i conti. In questo contesto esisteva solo e unicamente il mio lutto, privato ed egoistico. Il secondo, quello pubblico, l’ho dunque vissuto come un’insostenibile invasione di campo e per reazione l’ho inizialmente escluso. Avevo perso mia madre e ritrovarla come Audrey Hepburn su ogni copertina e in ogni edicola era qualcosa che aggiungeva solo “rumore”. La mia vita con lei, la nostra vita a casa erano lontane anni luce dall’immagine della diva senza tempo.

    Poco a poco, grazie anche a tante dimostrazioni di affetto, ho cominciato a capire che il pubblico aveva voglia di conoscere il privato di mamma. Benché la maggioranza intuisse un contesto di grande normalità e riservatezza, era difficile scostarsi dai preconcetti che tutti abbiamo sulle star di Hollywood. In fondo era il mio stesso dilemma, rovesciato. Quell’iniziale sentimento di difesa mi escludeva da una più profonda conoscenza a tutto tondo della vita di mia madre. Credo di avere imparato più io da quelle interviste e chiacchierate. È stata certamente una forma terapeutica e, raccontando la sua normalità, ho ritrovato la mia.

    Io credo che quando un personaggio famoso muore, il fatto che i suoi ammiratori vadano in gran numero a rendergli omaggio possa essere una consolazione per i parenti, ma solo a patto che sia un omaggio discreto e composto (penso a Franca Rame, a Mariangela Melato,
    a Giorgio Gaber, a Lucio Dalla...). Ma pretendere che il personaggio famoso sia "dei suoi fan" è un' aberrazione di un egoismo terribile.

  • Dr. Alessandro Raggi

    #8 del 06.01.2015

    Grazie a Chiara Lestuzzi per il suo splendido contributo e per averci ricordato una grande diva qual'è stata la Hepburn.

  • 94749

    #9 del 06.01.2015

    Bellissimo articolo, se posso dire la mia da ammiratrice di Pino Daniele, il fatto che i fan si sentano "orfani" è dovuto molto all'opera di "innalzamento" della sfera "popolare" operato dal cantante. I sound popolari, le tematiche di Napoli, la poesia inarrivabile tutta partenopea, hanno fatto sì che la gente si sentisse presa in considerazione perché c'è chi parla di loro e per loro. E lo fa con amore, disincanto, naturalezza. Per questo Pino Daniele è così amato, e forse è lo stesso motivo per cui i suoi fan si sentono parte del suo mondo. Non è il cantante ad essere una loro proprietà, forse siamo noi a sentirci parte dei pensieri e della musica di un grande artista, e tanto ne siamo più onorati perché il nostro piccolo mondo è stato narrato con delicatezza, passione, innumerevoli sfumature di bellezza...Scusatemi se ho invaso il campo degli esperti, buon anno a tutti! 🙂

  • Dr.ssa Antonietta Albano

    #10 del 06.01.2015

    Si, questa "lettura" rispecchia in pieno il popolo partenopeo...

    Da questo punto di vista accolgo il "dolore" e anche il desiderio di farlo continuare a vivere nel nostro cuore!


    Grazie per la condivisione... non è affatto un'invasione di campo!

    Grazie, ancora, al Collega che ci ha fatto cogliere "sfumature" davvero peculiari!


    Una buona vita a tutti!

  • Dr. Alessandro Raggi

    #11 del 06.01.2015

    Lei è la benvenuta,
    siamo tutti parimenti esperti di fronte a misteri come la morte e il genio artistico, specialmente quando ci tocca nel cuore come quando scompare un personaggio che amiamo.
    Questo contributo, in fondo, non è che un modo, anch'esso, per esorcizzare la paura dell'ignoto e dell'incomprensibile, della morte, come della genialità creativa dell'artista. In fondo l'artista sembra poter essere immortale nel suo spessore quasi sovra-umano, ma è il suo personaggio a restare, spesso per sempre, mentre l'uomo purtroppo finisce e noi tutti ce ne rammarichiamo, perché in fondo in fondo ci ricorda che siamo tutti uguali e accomunati da un medesimo destino.

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