"Non ho molta fame": disturbi alimentari, che fare?

Quando la cura del corpo diventa un'ossessione si cade nel bisogno di controllare in modo maniacale l’assunzione di cibo. Occorre prevenire, sviluppando un contatto sano e sereno con il proprio corpo di Angela Dassisti

Il nostro tempo è caratterizzato dalla ricerca del benessere psicofisico e spesso dal desiderio spasmodico di raggiungere la perfezione di una immagine fisica e sociale. Tuttavia, talvolta si è costretti a pagare un prezzo eccessivo per il controllo del nostro corpo e la verifica continua e minuziosa di aderire a uno standard di bellezza, accuratezza e successo.

Nel corso degli anni il diffondersi di canoni di bellezza eccessivi, che esasperano il valore della magrezza e della perfezione, hanno indotto numerose persone a sottoporsi a diete, spesso ferree, predisponendole a un eccessivo monitoraggio del proprio peso e dell’assunzione di calorie in eccesso. Di per sé, il desiderio di dimagrire e diminuire la propria taglia non rappresenta un disagio o un problema, al contrario potrebbe disporre alla cura del proprio corpo e all’uso di corrette abitudini alimentari. Il problema si presenta quando la cura diventa un’ossessione, quando successivamente all’euforia per la perdita di peso si cade lentamente nel bisogno di controllare in modo maniacale e innaturale il proprio corpo e l’assunzione di cibo.

Massicciamente presenti nella popolazione femminile, ma in aumento anche tra i maschi, i disturbi alimentari si presentano generalmente durante l’adolescenza e possono essere causati da diversi fattori, come specifiche caratteristiche di personalità, cause ambientali ed eventi che rendono la persona vulnerabile e maggiormente esposta a rischi. Si tratta solitamente di persone insicure, con scarsa stima di sé, impulsive e reattive emotivamente, perfezioniste, spesso soggette a sperimentare fallimenti in seguito ad elevati standard da raggiungere, soprattutto in relazione alla forma fisica e al proprio aspetto. L’ambiente sembra, inoltre, favorire l’attenzione al cibo, contribuendo a rimarcare in modo disfunzionale aspetti legati alla propria fisicità.

L’eccessiva attenzione al peso, alle forme corporee e all’alimentazione seppure generate dalla stessa matrice possono assumere forme differenti, note come anoressia e bulimia. Si parla di anoressia nel momento in cui si verifica una eccessiva perdita di peso ed un’alternazione fisica in presenza di pensieri e attenzioni eccessive alle forme, al valore di sé legato alla magrezza e alla perfezione. La fame, comunque presente, viene controllata dalla soddisfazione dei primi successi e dalla ricerca del peso desiderato. Una sregolata condotta alimentare che comprometta l’assunzione di cibo e di sostanze nutritive essenziali alla vita dell’individuo, però, ben presto come un bumerang si ritorce contro il normale funzionamento biologico, determinando l’acuirsi di sentimenti di disgusto verso sé stessi, maggiore fragilità fisica e psicologica, perdita delle relazioni amicali, sociali o lavorative. La persona che soffre di anoressia diventerà ben presto ossessionata dal cibo, a tal punto da adorarlo, comprarlo, prepararlo, ma mai assumerlo, come estremo e ultimo controllo su sé stessi, fino alla morte.

La faccia oscura dei disturbi alimentari è rappresentata però dalla bulimia. Essa si contraddistingue per l’assunzione di grandi quantità di cibo durante le quali la persona perde il controllo di sé (abbuffate) e da successivi comportamenti di compensazione, quali vomito auto-indotto, uso di lassativi o diuretici per porre rimedio alla compulsione del cibo. Anche nella bulimia nervosa, come per l’anoressia, sono presenti pensieri legati alle forme ed eccessiva attenzione al peso corporeo e all’aspetto fisico, sul quale vengono basati il valore personale e la stima di sé. La persona bulimica, però, vive un costante senso di colpa tra la compulsione ad assumere cibo in modo famelico nei momenti di solitudine, di stress e di rabbia e la necessità di mantenere un peso equilibrato. Spesso infatti, il disturbo appare poco eclatante, proprio per la capacità di mantenere un peso costante, in equilibrio tra l’esagerata assunzione di cibo e la sua esplulsione. Anche in questo caso una condotta disordinata a lungo termine può determinare squilibri psicofisici importanti e confluire in malattie organiche o determinare patologie psicologiche più severe. In entrambi i casi è importante intervenire tempestivamente, per impedire danni gravi e permanenti.

In entrambi i casi possono essere proposti contemporaneamente protocolli farmacologici e trattamenti psicologici che intervengano sui pensieri disfunzionali, affinché diminuisca la necessità di controllo, vengano utilizzati altri canoni per determinare il proprio valore personale, incentivando condotte che possano prevenire le ricadute. Non sempre è possibile intervenire con successo, talvolta è troppo tardi. Tuttavia, il buon esito di un trattamento è dato dalla prevenzione del disturbo; in questo caso dalla capacità, in famiglia, di sviluppare un contatto sano e sereno con il cibo, il proprio corpo e il proprio nutrimento. Inoltre avere il coraggio e la forza di restare vicini a chi soffre del disturbo perché abbia sempre un aiuto nei momenti difficili ed un sostegno quando tenterà di risollevarsi.

24 gennaio 2013

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