(ma l’unione è solo nella forma)



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All’ingresso della sede di via della Torretta c’è ancora il cartello “Facoltà di Psicologia” e il logo dell’Università di Firenze degli anni Novanta. Poco importa che il Salomone dell’Ateneo fiorentino sia andato incontro in questi 20 anni a due restyling, che le Facoltà con la riforma Gelmini del 2012 siano sparite per far spazio ai dipartimenti oppure che tra le ex Facoltà proprio Psicologia sia stata l’unica a non aver avuto il travaso in un proprio dipartimento. All’esterno tutto sembra fermo a (tanti) anni fa, all’interno – invece – la grande diaspora degli psicologi che hanno trovato casa in tre dipartimenti distinti sembra ancora bruciare: «Qualche collega apprezza la divisione in tre settori diversi, ma io continuo a pensarla diversamente» ammette Ersilia Menesini, presidente del corso di laurea magistrale in Psicologia del Ciclo di Vita e dei Contesti, l’unico percorso di studio incardinato in quel dipartimento di “Scienze della Formazione e Psicologia” che ha raccolto la componente più numerosa degli psicologi riuscendo almeno a non far sparire completamente il nome.

Gli psicologo «emigrati»

Gli altri psicologi sono “emigrati” a Careggi, divisi tra il dipartimento di Neurofarba (dove è incardinato il corso triennale Scienze e Tecniche psicologiche) e quello di Scienze della Salute che ospita invece l’altro corso di laurea magistrale, Psicologia Clinica e della Salute e Neuropsicologia: «Io continuo a sperare che sia una situazione transitoria che presto si possa tornare in un’unica casa, ma purtroppo bisogna fare i conti con le volontà contrastanti di alcuni colleghi – ammette Menesini – Per fortuna grazie all’attività di coordinamento didattico della Scuola di Psicologia non ci sono conseguenze sull’offerta formativa e anzi in questi anni abbiamo aumentato anche il numero degli iscritti con numeri importanti soprattutto per gli studenti provenienti da altri Atenei».

Compensazione tra fughe e arrivi

Dopo l’allarme scattato dalla fuga dei laureati triennali in altre Università per la magistrale, è stato deciso – già con l’anno anno accademico in corso – di potenziare l’offerta formativa portando a due i corsi di laurea magistrale e questo ha consentito una “compensazione” quasi totale tra fughe e arrivi che toccano percentuali del 30 per cento. E così anche gli psicologi chiedono di potenziare il comporto dei docenti: «Il rapporto medio tra docenti e studenti è di 1 a 25, rispetto ad altri dipartimenti che contano anche 1 a 8 se non 1 a 5: è fondamentale tornare ad investire sui giovani che in un dipartimento piccolo come il nostro, con ottime performance nella ricerca, rappresentano una linfa importante – aggiunge Menesini – Inoltre vanno potenziati i percorsi di stage e tirocinio e il futuro rettore dovrà inserire tra le sue priorità quella della ristrutturazione e rivalutazione della sede storica di via della Torretta, dove si tiene la maggior parte delle lezioni. Per non parlare poi della biblioteca di Psicologia che per carenza di personale è aperta solo 2 pomeriggi a settimana».

L’unione solo nella forma

Via della Torretta è forse l’esempio plastico di quanto l’unione tra Scienze della Formazione e Psicologia agli effetti sia avvenuta solo nella forma, perché nella sostanza ognuno continua a ragionare come se ci fossero ancora le due Facoltà. Di fatto le sedi sono rimaste le stesse, compresi i cartelli all’ingresso: e così in via della Torretta, ed è lo stesso in via Laura che continua ad essere la sede di Scienze della Formazione:«Ma il rapporto con gli psicologi comincia a funzionare, ci siamo dati delle regole trasparenti per l’utilizzo delle risorse e stiamo cominciando ad insegnare anche negli stessi corsi. Ci sono più problemi tra di noi ‘consanguinei’ che con loro» spiega Paolo Federighi, il direttore del Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia. Alla pari del suo predecessore, il compianto Enzo Catarsi scomparso nell’agosto del 2013, proviene dalla Facoltà di Scienze della Formazione: d’altronde la componente dei pedagoghi rappresenta i 2/3 dell’intero dipartimento che tra docenti e ricercatori conta 44 persone: «Siamo tra i più piccoli di Ateneo, ma nonostante questo abbiamo oltre 5 mila studenti e questo significa che servono urgentemente nuovi docenti – annuncia Federighi – Occorre che il prossimo rettore decida di riequilibrare i rapporti investendo in quei dipartimenti dove c’è domanda da parte degli studenti e dove gli indici occupazionali dei laureati sono confortanti: su questo noi siamo in prima linea e ci attendiamo un forte impegno».

«Bisogno di scelte strategiche»

Insomma: niente più legge dei grandi numeri a svantaggio dei più piccoli, ma che si torni a fare “scelte strategiche”: «L’unico corso in Toscana di Scienze della Formazione primaria che consente di ottenere l’abilitazione è qui da noi: contiamo 1500 iscritti, ma abbiamo bisogno di spazi per mettere in piedi veri e propri laboratori didattici, che sono fondamentali – aggiunge Federighi – Noi qui formiamo persone ultra preparate, anche nel campo delle politiche sociali e le nostre figure sono molto richieste anche dall’estero». E così le iscrizioni aumentano, ma i docenti restano gli stessi e anzi diminuisce il personale tecnico: «E poi le conseguenze sono che non ci sono feedback sui tirocini e così scuole o aziende dove gli studenti non svolgono alcuna esperienza professionale continuano a mantenere l’accreditamento con l’Ateneo – spiega Ida Schwenk, studentessa di Scienze della Formazione e senatrice accademica per Sinistra Universitaria-UDU – Occorre fare di più in questo senso e lo stesso vale sui laboratori on-line: gli studenti, spesso pendolari da tutta la Toscana, devono avere la possibilità di seguirli anche su internet, cosa che c’è stata assicurata da mesi». (6. Continua)

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