Lo psicologo precario autista part-time per campare

IL CASO

La storia di Giorgio Radic, laureato, che al mattino  consegna alimentari ad una piccola catena di negozi e al pomeriggio assiste un giovane disabile per 300 euro al mese

di VERA SCHIAVAZZI

Ogni mattina alle 5.30 il dottor Giorgio Radic, 33 anni, una laurea in Psicologia clinica e di comunità con tirocinio all’ospedale Sant’Anna che gli è costata cinque anni di studi, si alza e si prepara per il lavoro. Alle 6.30 è già in pieno servizio, alla guida di un furgone che consegna alimentari a una piccola catena di negozi rivolesi. Ma tra le 13 e le 14, il lavoro è finito, e il dottor Radic può dedicarsi a ciò che gli interessa di più. Tre volte alla settimana, per tre ore, si occupa di Giacomo (il nome è di fantasia), un ragazzo appena diciottenne che assiste da quando ne aveva quindici. Giacomo soffre di quella che viene chiamata una ‘disabilità cognitiva’ grave. Non può, o meglio non potrebbe, avere una vita “normale”, incontrare gli amici, fare sport, se qualcuno non gli fosse accanto, mentre a scuola ha un insegnante di sostegno. Sua madre e suo padre non potrebbero, neppure loro, lavorare e occuparsi della casa e della loro vita se qualcuno non li aiutasse. Ma, da novembre, l’assegno “di rimborso” (circa 300 euro) che il Comune di Torino versava per questa assistenza non arriva più.

Giorgio Radic racconta: “In questo tipo di attività, molto spesso ci sono più donne che uomini. Ma nel caso di cui stiamo parlando gli esperti dei servizi sociali ritenevano che fosse necessaria una figura maschile, che potesse servire da modello di riferimento per un ragazzo che stava crescendo. Così una collega

mi ha chiamato. Prima, mi ero occupato di un paio di altre persone. E’ un incarico impegnativo, entusiasmante, all’interno del quale è inevitabile che si creino anche forti legami personali. Non tocca a me giudicare, ma sinceramente credo che senza di me le cose andrebbero peggio. Così, anche se l’assegno non arriva, continuo ad andarci, tre volte alla settimana. Almeno, questo assomiglia di più alle cose che ho studiato delle consegne col furgone, che però mi servono a pagare affitto e bollette da quando sono andato a vivere con la mia fidanzata”.

Ogni mese, l’èquipe che ha in cura Giacomo si riunisce, Radic racconta progressi e difficoltà, si decide come andare avanti. Un’assistenza mirata, personalizzata, costosa, che fa di Torino una città dove anche chi è più solo o meno fortunato non deve restare chiuso in casa. Un’assistenza che, così come molti altri servizi del genere, si spera di non dover tagliare mai, ma che è ‘a rischio’, proprio come i teatri, i musei, i festival culturali. E ha come sfondo le storie di tanti giovani laureati, appassionati di un mestiere che, forse, non potranno mai fare davvero. “Io ho rinunciato all’idea di fare altri 5 anni di scuola per diventare psicoterapeuta – conclude il giovane dottore – perché non me lo potevo permettere e avrei dovuto pagare sia per l’iscrizione sia per l’eventuale analisi didattica. Ho scelto di lavorare, non importa se guido un furgone. Ma una mia collega è appena stata licenziata dalla cooperativa per la quale lavorava in una comunità, un’altra passa da un colloquio all’altro e intanto prosegue gli studi. Non credo che ce la faremo mai”. Per fortuna, alla fidanzata va meglio: lei è commessa in profumeria, e a Natale il negozio ha superato il record storico di vendite.

 

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