La sensibilità ecologico-sociale – comune

Il bisogno di cambiamenti sociali e culturali profondi mette in discussione anche l’idea tradizionale di psicologia. Secondo Leonardo Boff, alcune intuizioni della psicologia analitica junghiana, sociale, ecologica e soprattutto interdisciplinare, sono un ottimo punto di partenza oltre la dittatura della ragione strumentale-analitica

di Leonardo Boff

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A fine agosto nella città di Copenaghen si è svolto il XIX Congresso internazionale di Psicologia analitica C. G. Jung, a cui ho partecipato. C’erano circa settecento junghiani, provenienti da tutte le parti del mondo, anche da Siberia Cina e Corea, gli analisti più esperti, molti autori di libri del settore. Il tema predominante: la necessità di una psicologia e, in particolare, di quella analitica junghiana aperta alla comunità, sociale ed ecologica.

Questa preoccupazione va incontro proprio al pensiero di Jung. La sua psicologia non aveva confini tra la vita e il cosmo, tra la biologia e lo spirito, tra il corpo e la mente, tra il conscio e l’inconscio, tra l’individuale e il collettivo. La sua psicologia ha a che fare con la vita nella sua totalità, razionale e irrazionale, aspetti simbolici e virtuali, dimensione individuale e sociale, cosmica e terrestre, nel suo lato oscuro e in quello luminoso. Quindi tutto lo interessava: i fenomeni esoterici, l’alchimia, la parapsicologia, lo spiritismo, gli Ufo, la filosofia, la teologia, la mistica d’Oriente e quella occidentale, le popolazioni indigene e le teorie scientifiche più avanzate. Jung sapeva articolare tale conoscenza scoprendo connessioni nascoste che rivelano sorprendenti dimensioni della realtà. Di tutto sapeva fare lezioni, ipotesi, vedere i possibili legami con la realtà. Per questo motivo, non si adattava a nessuna singola disciplina, e per questo molti ridevano di lui.

Un bisogno olistico

Questo bisogno olistico e sistemico oggi diventa fondamentale nella nostra lettura della realtà. In caso contrario, restiamo ostaggi di punti vista frammentati che perdono tutto l’orizzonte. Jung in questo sforzo è un interlocutore particolarmente privilegiato nel salvataggio della ragione sensata.

E’ suo il merito di aver valorizzato e cercato di decifrare il messaggio nascosto dei miti. Essi sono il linguaggio dell’inconscio collettivo (…) L’organo che coglie il significato di miti, simboli e grandi sogni è la ragione per cui siamo sensibili o amichevoli. Questa modernità è stata posta sotto sospetto perché potrebbe offuscare l’oggettività del pensiero. Jung è sempre stato critico dell’uso eccessivo della ragione strumentale-analitica, come tante finestre chiuse dell’anima.

Nel 1924-25 Jung ha mantenuto un dialogo con la comunità indiana Pueblo nel New Mexico, Stati uniti. Secondo questi indigeni i bianchi erano pazzi. Jung chiese loro perché i bianchi sarebbero pazzi, al che uno degli indiani rispose: «Dicono che pensano con la loro testa». «Ma, naturalmente, pensano con la loro testa – disse Jung – Come facciamo a pensare?». E l’indiano, sorpreso, rispose: «Noi pensiamo qui» e indicò il cuore (Ricordi, sogni, riflessioni, pag 233).

Ragione e conoscenza

Questo fatto ha trasformato il pensiero di Jung. Lui pensava che gli europei avevano conquistato il mondo con la loro testa, ma avevano perso la capacità di pensare e sentire con il cuore e di vivere con l’anima.

Logicamente questo non è un motivo per rinunciare alla ragione – che sarebbe una perdita per tutti – ma di rifiutare la riduzione della sua capacità di comprendere. Si deve considerare il sensibile e l’amichevole come elementi centrali nell’atto di conoscenza. Essi consentono di catturare valori e significati presenti nella profondità del senso comune. La mente è sempre costruita, in modo tal da essere intrisa di sensibilità e non solo di ragionevolezza.

Nelle sue Memorie Jung scrive: «Ci sono così tante cose che mi completano: piante, animali, nuvole, giorno, notte e l’eterno presente negli uomini. Più sento incertezza su di me, più cresce in me il sentimento di parentela con il tutto» (361).

La tragedia dell’uomo moderno è che sta perdendo la capacità di vivere un senso di appartenenza, qualcosa che le religioni hanno sempre garantito. Ciò che si oppone alla religione o all’ateismo non è la negazione della divinità. Quello che si oppone è l’impossibilità di connettersi e riconnettersi con tutte le cose. Oggi le persone sono sradicate, scollegate dalla Terra e dall’anima che è l’espressione della sensibilità e della spiritualità.

Psicologia per la Madre Terra

Per Jung il grande problema ora è psicologico. Oggi la psicologia è considerata come disciplina oppure semplicemente come una dimensione della psiche. La psicologia non viene considerata in un senso globale, come la totalità della vita e come l’universo percepito e articolato dall’essere umano. In questo senso, Jung scrive: «E’ mia profonda convinzione che, da qui a un futuro indefinito, il vero problema è psicologico. L’anima è il padre e la madre di tutte le difficoltà irrisolte che abbiamo lanciato verso il cielo» (Letters III, 243) .

Se oggi non salviamo la ragione come dimensione essenziale dell’anima, difficilmente ci mobilitieremo per rispettare la diversità degli esseri, per amare la Madre Terra con tutti i suoi ecosistemi e difficilmente vivremo la compassione con la sofferenza della natura e dell’umanità.

 

Fonte: http://leonardoboff.wordpress.com/ (traduzione di Comune-info).

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