“La psicologia della condivisione”

  • mercoledì 26 febbraio 2014
    Tutte le organizzazioni non profit hanno ormai capito l’importanza della condivisione. La condivisione online di testi, video e immagini, infatti, è diventata quasi un’abitudine che ciascuno, però, attiva in modi diversi e per varie ragioni.

    Chiara Casablanca

    L’infografica seguente illustra, in modo molto chiaro, quanto i social network siano parte integrante della comunicazione quotidiana di imprenditori, studenti e semplici appassionati, delineando 6 tipologie caratteristiche:

    • Hipster: letteralmente “appassionati/e di jazz”. Neologismo anni Quaranta, che oggi si utilizza per indicare persone interessate a culture alternative e non convenzionali. Questa tipologia, quindi, preferisce modalità di condivisione sempre nuove, escludendo le classiche e-mail.
    • Careerist: “carrieristi”. Uomini e donne interessati prevalentemente al business e a contenuti inerenti la loro professione. Condividono soprattutto tramite e-mail o social network specifici, tipo LinkedIn.
    • Altruist: letteralmente “altruisti”. Persone servizievoli, affidabili, premurose. Utilizzano le e-mail per condividere consigli e contenuti utili.
    • Selectives: “selettivi”. Attenti e ingegnosi, condividono contenuti informativi sia via e-mail sia attraverso i social network.
    • Boomerangs: “boomerang, effetto boomerang”. Persone che condividono allo scopo di ottenere una reazione, una conferma al valore dei loro contributi. Ciò avviene soprattutto grazie ai social network, in particolare Facebook e Twitter.
    • Connectors: “connettori”. Sono forse coloro che hanno capito la vera essenza del condividere: sfruttano i social media come strumento utile a organizzare la propria attività quotidiana tra online e offline (rendendo reali i contatti virtuali).

    L’indagine, condotta da StartPro Group, evidenzia che il 94% del campione intervistato condivide per creare valore e intrattenimento all’interno della propria rete sociale, mentre l’84% desidera promuovere delle cause. Quest’ultimo è un dato molto interessante per chi opera all’interno del Terzo Settore. Non manca, ovviamente, il desiderio di mantenere i contatti con amici, parenti e conoscenti (78%) e di “costruire la propria identità” (68%). In fondo, siamo un po’ ciò che condividiamo, no?

    Questi dati, secondo voi, che indicazione possono dare a chi dirige un’ONP? Possono offrire uno spunto di riflessione?

    Fonte: Uidu - Il Network Socialmente Utile

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