Kubica: un’incredibile identità fra desiderio e azione

Il pericolo è il suo mestiere? La determinazione è nel suo DNA? Robert Kubica è un pilota che vive un perenne bipolarismo tra una carriera precoce, brillante e ricca di successi e una dettata da gravi incidenti. Già nel 2007 al Gp del Canada il driver polacco perse il controllo della propria BMW Sauber, schiantandosi violentemente contro le barriere: nonostante la brutalità dell’impatto, le conseguenze furono un leggero trauma cranico, la distorsione di una caviglia e la macchina distrutta. Sarebbe rientrato due gare più tardi, non senza aver spaventato colleghi e tifosi per il suo “botto”...

L’incidente più grave, in cui riportò diverse fratture, soprattutto alla mano destra, seriamente compromessa, accadde tuttavia nel 2011 nei rally, per dare sfogo alla sua passione: un incidente ad Andora in cui davvero si temette per la vita dell'astro nascente dell'automobilismo internazionale.

Di Robert Kubica, dopo quel drammatico incidente, in cui si seppe che uscì vivo e che i medici erano riusciti a salvargli l'arto destro, si sentì parlare poco fino al 9 settembre, quando a sorpresa si presentò sulla pedana di partenza della Ronde Gomitolo di Lana. E il suo stupefacente rientro non fu annebbiato nemmeno dall’ennesimo crash nel successivo Rally di San Martino di Castrozza con la Subaru Impreza WRC.

Sicuramente al nostro protagonista non manca la motivazione per raggiungere i suoi obiettivi, sia in pista, sia nelle condizioni di salute. Il noto presupposto è che l’uomo, a differenza dell’animale, si propone di attuare un comportamento senza essere sollecitato.

La motivazione, per l'ex portacolori di BMW Sauber e Renault in Formula 1, diviene rappresentazione conoscitiva e s’identifica nel concetto di “volizione”. In questo caso, il comportamento motivato è totalmente indipendente dallo stato organico e dalla condizione del bisogno, come per esempio la fame, la sete o il comportamento sessuale. È un atto totalmente mentale, una rappresentazione interna di un atto voluto.

Dal punto di vista psicologico, la motivazione è definita come l’insieme di fattori dinamici aventi una data origine che spingono il comportamento di un individuo verso una determinata meta; secondo tale concezione, ogni atto che viene compiuto senza motivazione rischia di fallire.

Queste teorie, però, sono alla base della differenza che intercorre tra l’uomo e l’animale, e non tra un soggetto “non sportivo” e un soggetto “sportivo”, agonistico o amatoriale che sia. Che cosa rende diverso un atleta di alto livello, o un pilota come in questo caso, da altri soggetti agenti?

Questo bisogno di realizzazione interiore come processo di differenziazione del singolo dagli altri piloti, suggellata per il polacco nel 2004 con il titolo di campione nella Formula Renault 3.5, promuove un guadagno progressivo di autonomia esteriore nella riuscita sociale data dalle vittorie e dai record personali di velocità.

L’importanza della motivazione non è una novità per i piloti, o per gli atleti agonistici di vertice: il segreto sta anche nel costruire un buon rapporto, cioè equilibrato, sia con la propria autostima che con il proprio gruppo di lavoro.

Quando i drammatici vissuti personali di un pilota divengono più protagonisti dei successi, accade che un individuo come Robert si diversifichi dagli altri colleghi, poiché la determinazione non è più rinforzata dalle vittorie o agevolata dalla professionalità, dalla macchina e dal team.

Qui si tratta di una capacità che va oltre il livello psicologico e sociale, oltre la meta: con Kubica siamo un gradino più in alto della “normalità”, che trova la sua spiegazione nella componente biologica dei sistemi mentali. Come afferma la neurobiologia, esiste nel nostro cervello una porzione cerebrale chiamata “regione di avvio”.

L’area del cervello interessata sono i nuclei della base o gangli della base, la cui azione è esplicata in particolare dal nucleo accumbens; oltre a fungere da filtro, sotto il controllo del talamo, di tutte le informazioni sensoriali, si occupa di governare la motivazione attraverso il meccanismo della gratificazione.

Questo sistema di filtro non riguarda soltanto l’informazione di tipo cognitivo, ma anche altri aspetti del comportamento, dalla motricità alle emozioni. La messa in atto di un comportamento richiede l’attivazione della base dei lobi frontali anteriori in regioni che si possono considerare promotori di ogni movimento, quelli che decidono realmente tra le azioni possibili e i comportamenti da attuare, integrandosi con il nucleo accumbens, in cui vi sono popolazioni di neuroni che si definiscono “di attesa di gratificazione”.

In base a tale approccio, la motivazione di un pilota top si sviluppa da un mix perfetto tra la sua neurobiologia cerebrale, che gli dà autenticità e che fa sì che non lo si possa più paragonare agli altri professionisti della guida su pista, e le esperienze sociali che solidificano l’aspetto organico dell’individuo.

In base al grado di attività cerebrale che compiono i neuroni “di avvio”, che incidono sulle scelte di un determinato comportamento da attuare e sul livello di gratificazione che riceve l’individuo da queste ultime, si spiega perché certi vissuti demotivanti, come gravi incidenti in pista, non incidono in maniera macroscopica sulle scelte.

Un esempio tipico è la decisione di Robert Kubica di continuare a gareggiare e vincere nell'automobilismo (oggi con le Citroen DS3 RRC e WRC dei team Abu Dhabi Citroen Total WRT e PH Sport nel Campionato del Mondo Rally), poiché le regioni del cervello interessate compensano emozioni e ricordi traumatizzanti da un lato e gratificazione dall'altro, in quanto la motivazione è la spinta all’azione regolata appunto da agenti esterni ed interni.

I piloti fanno questo sport per un insieme di ragioni riguardanti il desiderio di confrontarsi, il divertimento, il miglioramento delle loro competenze, la carriera e lo stimolo a raggiungere i massimi livelli della vita e grandi guadagni di denaro.

Nel caso del driver polacco, in cui l'ex campione di Formula 1 ha raggiunto tutti gli obiettivi possibili, le neuroscienze rivelano che il suo comportamento non si limita soltanto ad una componente mentale, ma si appoggia anche agli elementi biologici di processi del cervello che stanno indirettamente gettando luce su aspetti del comportamento finora ritenuti inaccessibili...

di Alessia Vitrano, psicologa dello sport
tags: Speciale

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2 Commenti

  • 1
    Complimenti

    Dr.essa Vitrano, i miei personali complimenti.
    Gratificante è anche leggere articoli di questo spessore su un forum di automobilismo. Senz'altro sono complementari, in quanto permettono di comprendere ciò che stà alla base del motorsport. La logica di causa-effetto per la quale nasce l'impulso di correre, a qualsiasi livello.

  • 2
    Grande Robert!

    Interessante... non credevo che ci fossero queste implicazioni nel nostro cervello! continuate con questi pezzi che stanno diventando una caratteristica interessante di omnicorse.

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