Il rapporto fra allenatore e giocatori: comunicazione, valori e …

“Non si possono muovere critiche soltanto perché vedi delle dinamiche che non rispondono al tuo codice. In questo aveva ragione Ancelotti, che mi diceva sempre: “Vedrai Rino, i calciatori non sono tutti uguali, nessun cavallo corre come un altro”. Ora lo comprendo. L’errore è pretendere che la generazione dopo di te sia uguale alla tua. Non mi piacevano i capelli di El Shaarawy, le sopracciglia. Forse adesso gli mancheranno i miei schiaffi. Ma ripeto: sbagliavo io. Lui sta anzi dimostrando di essere un fenomeno.” Parole di Gennaro Gattuso (ex Milan, ma quasi certamente con biglietto di ritorno, seppur senza data). Non è ancora un allenatore, sicuramente lo diventerà e probabilmente sarà anche molto bravo perchè con queste poche parole è riuscito ad individuare e risolvere brillantemente quello che è il più grosso problema nella comunicazione fra allenatore e giocatori.

Mettiamola così, il modello ad “istitutizioni”, semplicemente non c’è più. Perciò ora è necessario cambiare stile. In che cosa consisteva? Banalmente le istituzioni (scuola, chiesa, società sportiva) godevano di credito, indipendentemente dalla loro qualità: se un insegnante a scuola sgridava un alunno (anche con fermezza) e convocava i suoi genitori, questi ultimi si schieravano a priori dalla parte dell’istituzione rinforzandone la decisione. Oggigiorno è molto diverso, le istituzioni sono viste con maggiore diffidenza e capita spesso che il genitore non solo si schieri con il figlio, ma che ci scappi pure una denuncia per maltrattamento di minore.

Potremmo discutere sul perchè e sul come si sia arrivati a questo cambiamento, ma non è importante in questa sede, quello che è fondamentale è capire “cosa si fa ora?”

Un primo e immediato consiglio per un allenatore, che riprende l’introduzione dell’articolo, è quello di accettare e comprendere questo nuovo mondo. Non sto dicendo che si debbano buttare anni e anni di tradizione sportiva, ma che se non si accettano i nuovi modi di vivere, se non si comprendono veramente, non si potrà ottenere apertura nemmeno dall’altra parte. E’ un discorso di fiducia. Anche il più individualista dei giocatori non rimane impassibile di fronte ad un allenatore realmente interessato alla sua storia. Si parla di interesse, di approfondimento di quello che il ragazzo si porta dentro e non di certo di accondiscendenza. L’approccio è quello di un dialogo sui bisogni, all’interno della cornice della cultura sportiva della società: il ragazzo deve poter esprimere se stesso e va incoraggiato a farlo, il tutto purchè non sia lesivo o contrario a principi della squadra… Dirò di più, anche in quest’ultimo caso varrebbe la pena capire perchè ciò avviene: se figlio di un capriccio di una persona, oppure sintomo di un fenomeno diffuso in cui la società si ritrova inserita.

Più un allenatore si pone nelle condizioni di entrare in sintonia con tutti gli elementi che compongono la sua squadra, maggiore sarà la possibilità che questi lo seguano quando sarà il momento. E’ stato un po’ il segreto di Mourinho: nel suo approccio è presente una maniacale conoscenza degli aspetti che caratterizzano i suoi giocatori, non tanto da un punto di vista tecnico, quanto da un punto di vista psicologico. Maniacalità vuol dire sapere cosa vogliono, cosa sperano, a cosa ambiscono, in che mondo vivono e qual è la loro filosofia di vita, cosa fanno quando non giocano, che interessi coltivano, a quale videogame giocano e… perchè lo fanno! La profondità di conoscenza del suo team gli permette di creare un punto di contatto reale, e quando fa loro una richiesta impegnativa, i suoi giocatori sanno che lo fa con cognizione di causa, godendo di grande credito. Mourinho sa trasmettere ai suoi giocatori la sensazione di “renderti grande perchè io ti conosco e so cosa serve”. L’istituzione riprende valore, questa volta acquisito sul campo.

Ora non ci serve altro che uno strumento di riferimento per mettere in pratica l’approccio sopra illustrato. Lo vedremo nel dettaglio nel prossimo articolo, si tratta delle 3P: protezione – possibilità – permesso.

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Dott. Mauro Lucchetta – Psicologo dello Sport

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