Il perfezionismo: due facce della stessa medaglia

perfezionistaPer rivolgere i propri quesiti alla dottoressa Francesca Leopardi è possibile inviare una email all’indirizzo francesca.leopardi@libero.it. Le risposte saranno pubblicate ogni giovedì sul Corriere del Giorno. La dott.ssa Francesca Leopardi, Psicologa, Psicoterapeuta, Esperta del settore, già docente di Psicologia generale e Psicologia dell’età evolutiva presso la Scuola Pugliese di Formazione alla Consulenza familiare, dal 2007 svolge l’attività di consulente tecnico d’ufficio presso il Tribunale di Taranto nei procedimenti di separazione, divorzio e affidamento dei minori.Il perfezionismo ci permette di raggiungere i più alti livelli nelle cose che facciamo, così come ci impedisce di godere delle nostre soddisfazioni e dei nostri risultati.
La parola “perfezionismo”, infatti, può avere sia un’accezione positiva che una negativa, a seconda del punto di vista di chi lo utilizza.
Il confine tra il perfezionismo sano e quello patologico è molto labile.
Possiamo sostenere che dare il meglio di sé aiuta a impegnarsi in quello che si fa e a raggiungere risultati soddisfacenti. In questo caso il perfezionismo può essere considerato sano e può essere tradotto in voglia di eccellere e di realizzarsi.
Quando, però, tutto questo ci porta a sviluppare vere e proprie manie e quando, nonostante il nostro impegno, non ci sentiamo mai realizzati e riteniamo di non aver fatto abbastanza, vuol dire che abbiamo valicato quel confine che separa il perfezionismo sano da quello patologico.
In questo caso saremo sempre insoddisfatti, a prescindere dal risultato ottenuto.
Il perfezionista patologico si percepisce sempre inadeguato perché, in ogni circostanza della vita è assillato dal dubbio “avrei potuto fare di più”, anche nei casi in cui il giudizio degli altri risulta essere positivo. Si sentirà, quindi, sempre inadeguato e incapace perché non riuscirà mai a raggiungere gli standard di perfezione che si impone.
Inevitabilmente questo atteggiamento è causa di ansia e senso di frustrazione. Inoltre l’essere sempre insoddisfatti delle proprie performance ha un’influenza negativa sull’autostima poiché si innesca il circolo vizioso “se non riesco, non valgo nulla”.
Per il perfezionista non esistono le vie di mezzo, per cui o si raggiunge la perfezione oppure il risultato è insufficiente.
Le cause del perfezionismo vanno ricercate nell’infanzia, perché è da bambini che ci viene inculcato erroneamente che il valore di sé dipende dai risultati raggiunti piuttosto che dalle qualità personali.
Se un bambino cresce in un ambiente in cui il fallimento causa un rifiuto o punizioni severe, inevitabilmente lo stesso bambino si convincerà che “si deve fare bene” per evitare conseguenze negative.
Il bambino impara, così, a valorizzare se stesso sulla base dell’approvazione altrui e di conseguenza la propria autostima si baserà su eventi esterni.
Per questo motivo i perfezionisti sono sensibili alle critiche e al giudizio degli altri e convivono con una serie di paure: paura del fallimento, paura di commettere errori, paura della disapprovazione degli altri.
Il perfezionismo patologico porta il soggetto a fissare degli obiettivi irraggiungibili, a essere sempre insoddisfatto dei propri risultati e ad evitare le situazioni per paura di fallire.

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