Identità e trasformazione. La tessitura di un “proprio originale …

19 dicembre 2011                    

Premessa.

Stavo giusto interrogandomi
sull’effettivo interesse ad immergermi nell’attuale
tema Identità, differenze?, in
elaborazione nel nostro gruppo di Arte e
Psicologia
, avendo solo coscienza che
si sarebbe potuto risolverne l’interrogazione, considerando l’argomento come un continuum, quando mi imbatto in
un’attività di modellato, realizzata nel Primo Liceo Artistico di Torino. Si
tratta di un percorso diluitosi in tre anni, che parte dalla
‘reinterpretazione’ ad opera di allievi, di alcune
Madonne dei Della Robbia, successivamente offerte dalla Scuola stessa a chiese
di territori terremotati e promesse anche ad una realtà africana.

Attratta
da questa idea di continuum, tale movimento mi appare subito
significativo, sia come attività, sia per la sua fortuna. Mi riferisco a quella sorte di condivisione empatica che,
quando entra come solidarietà in un fare artistico, può amplificarne le
possibilità di fruizione, ad uso personale e
collettivo, andando al di là dell’espressione di emozioni profonde, al di là
dell’approdo alla distensione energetico-pulsionale, al di là di quel sano e
vitale godimento estetico che lega inconsciamente i visitatori agli esecutori
artistici. In sintesi, ho incontrato un evento
creativo
andato oltre i protagonismi delle singole interpretazioni. E’ ciò
ad aver reso collettivo l’evento. Andare veramente oltre la soggettività
(intendo non per ‘mode o adesione a movimenti’!), è
possibile solo quando l’evento individuale trasformativo e soddisfacente sia
stato vissuto strutturalmente, cioè con un livello di consapevolezza tale da
ingenerare distensione psicobiologica, essendosi raggiunto il nucleo
caratteriale-identitario. Allora diventa naturale assecondare il richiamo della
spinta comunitaria (cfr. Gariglio, Lysek e Rossi, 2011) la
cui essenza relazionale, adattativa e soddisfacente è, peraltro, molto arcaica
come testimoniano certe tracce umane e artistiche, filogenetiche, secondo il
lavoro di ricostruzione dei paleontologi le cui pubblicazioni scientifiche
forniscono dati sempre più precisi. Vorrei insomma evidenziare tale tendenza
vitale e creativa ad un fare collettivo, come la riattualizzazione di
una memoria [Freud 2 scrive: Il nucleo dell’inconscio psichico è formato dall’eredità arcaica
dell’uomo” (1919, p. 64)] di condivisione il cui rivissuto affettivo contiene
la traccia di esperienze comuni dei nostri antenati che si sono mossi, fin
dalla preistoria, da una parte all’altra del pianeta 3 , scambiandosi scoperte,
stili di vita e rituali identitari, aggressivo-sessuali,
creativo-spirituali...  Va da sé
che, più le singole essenze individuali sono state elaborate e ricombinate
creativamente, più tale riattualizzazione collettiva
sarà, a sua volta, originale, uscendo dalla mera ripetizione. Ne avevo già
scritto (2010a): “Ciò conduce ad un’accezione olistica di armonia
mente-corpo-ambiente, nei suoi aspetti pulsionali e relazionali in una sinergia
di risorse che si incontrano e si confrontano”. Inoltre, più tali esperienze di relazione e trasformazione
creativa saranno anche consapevolizzate, più l’identità che se ne tesserà  diventerà una
nuova realtà cosciente.

E
con ciò, mi trovo a dar ragione a quel continuum, sentito
in prima istanza, tra identità e/o differenze dove la ‘distensione’ del
conflitto, con la liberazione di energia bloccata, può instradare l’attività di
trasformazione verso una tessitura creativa e sinergica. Qui, la nota formula
freudiana: “l’ontogenenesi
ripete la filogenesi” (1905, p. 448), può allora allargarsi dall’indicazione
dataci, in merito alla ripetizione nevrotica e coatta di tracce conflittuali,
rimosse ed anticreative per definizione (specifiche della psicopatologia e
proprie, per Freud, del carattere conservatore delle pulsioni, in particolare
di quella di morte) alla ripresentazione di “tracce di benessere” Queste ultime
si riattualizzano nei loro rivissuti attuali ad ‘impronta antica’ (cfr. Lysek,
Gariglio, 2009) con una ripresentazione di motivi autoconservativi,
‘vitali’, legati, ad esempio, a temi o motivi di famiglia o a tentativi
generazionali non ancora esauritisi. Tale iniziale ripetizione di motivi di
benessere può successivamente diventare l’ingrediente
di un’attività creativa di elaborazione e
ricombinazione
che avverrà nel preconscio. Ne verrà
dato cenno. Questo, se intendiamo la “creatività come frutto di un’alleanza
della pulsione di vita con la pulsione creatrice”
(Gariglio, Lysek, 2007, cap. 4, pp. 123-150). 

Incontri, raccordi, smistamenti…

Tale materiale vitale e
creativo, nei suoi movimenti trasformativi, mi viene
presentato dalla prof.ssa Giuliana Ravaschietto, ex allieva di una datata
esperienza di supervisione, in una realtà di Specializzazione 4 dove andavo già
riflettendo su paradigmi psicoterapeutici diversi, individuandone, a proposito
di identità e differenze, aspetti
specifici e comuni secondo un interesse che contraddistingue, ancora oggi (cfr.
Gariglio, 2011a), la mia riflessione teorica. Mi rendo subito conto di come,
addentrarci ora nell’evoluzione di tale attività di reinterpretazione
artistica, osservata a posteriori, possa essere una buona occasione per lavorare
ancora un po’insieme, gustando la facilitazione dell’acquisita dimestichezza di
linguaggio e intenti comuni, conservatisi nel tempo insieme ad
un  reciproco e profondo rispetto.
Inoltre, come ho già detto, l’osservazione a posteriori di tale realtà può
essere un’occasione per riflettere sul nostro tema dandomi il piacere di
parlare, con un buon esempio sotto mano, di un argomento che mi appassiona da tempo come psicoanalista e come persona. Mi riferisco al percorso dell’atto creatore dallo psichismo alla
realtà
, osservato nel lavoro clinico, attraverso i movimenti creativi dell’analisi, quando vi sia collaborazione tra forze in interazione, cioè un buon livello
di fluidità psichica tra le istanze superegoiche e narcisistiche cui riaccennerò. Tale percorso è generalizzabile ai movimenti della
realtà quotidiana nelle sue manifestazioni creativo-artistiche.

Sono
quindi molto contenta di aprire il discorso sull’iniziativa di cui parlerà nel
dettaglio Giuliana: indagheremo entrambe sulla trasformazione, in un continuum di
elaborazione che ha lasciato traccia di sé in questa attività concreta di
manifestazioni creative. Per quanto mi riguarda, rifletterò sull’identità di cui mi occupo nel lavoro
analitico, dandone due nozioni, per me centrali: 

-       Il processo di elaborazione ricombinativa

-       La nascita del proprio originale

La prima,
è rintracciabile come clou del
discorso, nel libro, scritto a quattro mani con il dottor Daniel Lysek, un
collega svizzero, Creatività benessere.
Movimenti creativi in analisi
(2007/2008). La seconda riguarda un approfondimento personale, nella
modellizzazione dell’ “atto creatore come ipotesi di
un percorso”, osservato in analisi, nella vita reale e nell’arte.

Rimandando gli eventuali
interessati alla lettura del libro, qui dico solo che abbiamo inteso il
processo di “elaborazione ricombinativa”, come “una
trasformazione psichica progressiva” (p. 51), che coinvolge tre classi di
variabili: dei rivissuti di benessere, riemersi dall’inconscio 5 (p. 44), dei residui
conflittuali-traumatici di un rimosso più disteso ed elementi a disposizione
nel preconscio, perché si compia tale attività di riorganizzazione, prima nello
psichismo (p. 104) poi nella realtà (p.107). Parafrasando quanto diceva Freud, nella famosa frase dell’Introduzione alla psicoanalisi, seconda
serie di lezioni (1932, p. 190): “dove era l’Es deve
subentrare l’Io. E’ un’opera di civiltà, come ad esempio il prosciugamento
dello Zuiderzee” [oppure, in L’Io e L’Es (1922, p. 517): “la
psicoanalisi è uno strumento inteso a rendere possibile la conquista
progressiva dell’Es da parte dell’Io”], 
potremmo dire che, dove prima era ‘protagonista il conflitto’, ora
potrebbe diventare ‘protagonista l’informazione di benessere’, a patto che si
esprima “in proporzione maggiore rispetto ai rivissuti conflittuali-traumatici”
(Gariglio, Lysek, 2007, p. 101). E’ qui che noi parliamo di
“creatività-benessere” (cap. 3, pp. 57-92) il cui carattere, oltre a fornire
distensione, è più integrativo che difensivo, come nel caso delle altre due tipologie
che abbiamo appunto chiamate: “creatività-sintomo” e
“creatività- sublimazione” (pp. 85-92).

Un dato da considerare è che l’elaborazione ricombinativa si avvia a partire dalla disattivazione di una
situazione di lutto con i suoi vissuti di vuoto per la perdita; intendiamo il
lutto, in un senso molto ampio, che può 
includere, oltre all’abreazione di un conflitto e/o di un trauma, anche,
semplicemente, il passaggio da uno stadio psicobiologico, cognitivo-affettivo
(aggressivo-sessuale) ad un altro…). Lo scorso anno, in “Elaborazione
del lutto ed elaborazione artistica” (Arte
e Psicologia
, relaz. N. 5, Gariglio, 2010b)
ne ho dato un esempio, amplificando “la parte trasformativa e vitale del lutto” e
presentando, con l’occasione, l’opera dell’artista Enza Prunotto che, in un suo iter pittorico, approda
ad una trasformazione creativa che rimette in moto vecchie tracce di benessere,
rintracciate in una sua ricerca genealogica (cfr. E.P. Articoli, biografia in ArtTurin. it) e riaffiorate, nell’espressione creativo-artistica
(visibile nel sito di AeP.), in un “oggetto
ricombinato, psicobiologico” (G. L. 2007, p.166) di echi conflittuali e rivissuti di
benessere, elaborati nel preconscio.

Per quanto riguarda “la
nascita del proprio originale”, lo si può vedere come il “frutto di un processo di elaborazione ricombinativa e della resilienza” (Cfr. Gariglio, 2009,
pp.18-28) che rende ragione di certa capacità di resistere agli urti, cioè alle
situazioni tiranniche della vita. Addentrandocisi sommariamente,
posso dire che, definito il percorso di trasformazione creativa nella
modellistica di Creatività benessere (2007/2008),
ho spostato l’energia liberatamisi, nell’osservazione
del tessersi di quella condizione creativo-esistenziale, nel tempo
(2002-2010abc, 2011), chiamata: “la nascita del
proprio originale” che, da “postanalitico” (in caso di lavoro clinico), può diventare
semplicemente la realizzazione di un desiderio, nella vita reale. Freud in Caducità (1915, pp. 175-76), parlando di
quel tipo di lutto che “si estingue spontaneamente”, indica una “libido di
nuovo libera (…) di rimpiazzare gli oggetti perduti con nuovi oggetti, se possibile altrettanto o più preziosi ancora”. In
questo caso, preferisco parlare di un tentativo esauritosi in modo naturale
che, ad ogni buon conto, mi ha liberato energia
creativo-pulsionale, così che, dopo tanta costruzione teorica elaborata
insieme, riferirmi ad “un proprio originale”, mi ha indicato il desiderio e,
quindi, la possibilità di esprimere qualcosa anche del proprio pensiero in un
tentativo di ‘fatti’ coerenti con i ‘desideri’ focalizzati. Così come potrebbe
essere successo in questa realtà di Liceo Artistico in un discorso circolare
(quel continuum cui accennavo), che parte dalla reinterpretazione
artistica soggettiva, passa attraverso una fruizione collettiva, anche
transculturale, per tornare alla riflessione personale, ad esempio, su ciò che
ho chiamato “la nascita del proprio originale”. Un discorso allora che,
parlando di identità
e differenze
, tra gli aspetti di tradizione, mette l’accento su qualcosa di
‘nuovo’. Questo si elabora in libertà creativa, rispetto ai modelli, accolti
comunque come struttura di base da cui ripartire verso movimenti di
trasformazione che, da intrapsichica, diventerà stimolo, presupposto ancora
interpersonale. 

Riporto allora l’ultima
mia puntualizzazione, in merito al “proprio originale” (2010c, p. 45):
“risoluzione edipico-controedipica che, generando una
nuova immagine di persona libidicamente e genitalmente matura con desideri motivi interessi e
tentativi propri, può illuminare aspetti non ancora o poco indagati e, nel
caso, serenamente divergere anche dalle ‘rotte familiare’ ”. Ne ho
ulteriormente scritto in un lavoro “sull’Ibrido” (2011a, p. 39): “Questo a dire
che ogni esperienza di ‘accompagnamento’, includendovi quella analitica, deve
uscire, prima o poi, dall’identificazione con i
maestri, pena diventarne una specie di clone. La ricompensa di tale fatica sarà
un guadagno di libido, nel senso più maturo e vitale di
reale capacità di amare, unendosi la tenerezza con l’affetto e la sessualità”,
“attraverso l’unità interiore della persona nel suo essere corpo e spirito”,
come ne scrive Enzo Bianchi (2011). La ricompensa di tale fatica sarà anche un
guadagno di libertà che potrà, nel caso dell’operare psicoanalitico,
indirizzarsi ad indagare, dopo averlo fatto sulle
oggettive differenze, sulla possibile esistenza di aspetti in comune tra
modelli diversi per riaccordare continuamente ciò che si sente con ciò che si
comprende, “in uno sforzo continuo”, come scrive anche Giorgio Blandino (2009),
citato in una recensione di Riccardo Bernardini (2010, p. 126). Ciò vale anche
per la vita in genere dove, a volerlo accettare, ci si
può, ad ogni passo, imbattere nell’autorevolezza del pensiero di maestri, di
saggi, forse… moderni sciamani di cui arricchirsi per assorbimento, elaborando
e ricombinando poi tali sfaccettature, in un tentativo di   integrazione armoniosa nelle
singole realtà psichiche rappresentazionali e affettive.  

Il “proprio originale”: spinta intrapsichica verso relazioni adulte.

In questo caso, ne parlo
come un iter evolutivo la cui parte
terminale è il reincontro con Giuliana e
l’inserimento, nella nostra giornata di Arte
e Psicologia
su cui mi soffermerò tra breve, di
quel suo materiale, portato all’osservazione (cfr. Ravaschietto, 2011). L’ho
sentito stimolante questo materiale, come un’onda
libidico-creativa che espande la sua energia pulsionale e relazionale. Tale iter di ‘trasformazioni originali’ ha infatti raggiunto molteplici evoluzioni personali e
comunitarie. Allora, rievocandone quelle iniziali, ci sono
state ‘eredità artistiche’, scelte da insegnanti e incontrate da allievi.
Questi ultimi, nell’attraversamento dell’opera d’arte e, interrogandosi, più o meno consapevolmente, su similitudini e differenze
rispetto al modello reinterpretato, sono usciti dalle primarie identificazioni
che, quando si fissano, impediscono il raggiungimento di quel ‘proprio
originale’ cui tende questo discorso. Senza questo movimento di autonomia che
va al di là di ciò che è dato, non è possibile né il
riconoscimento della spinta a creare anche altro o in modo diverso, né il
riconoscimento personale di ciò che, silenziosamente, si è comunque creato, né
infine l’accettazione di potersi anche non uniformare totalmente al modello
dato, dopo averlo comunque attraversato...

Mancandoci
l’eventuale dato rielaborativo delle allieve, non
sappiamo qui di supponibili difficoltà interiori incontrate, con i presumibili
‘sensi di colpa’ per la deviazione e l’invidia (di kleiniana memoria) e quel
vissuto di estraneità che annebbia, all’inizio, chi è uscito dall’omologazione
e, non da ultimo come importanza, il grado di accettazione dello stesso
ambiente educante. Giuliana, testimone di tale tessitura trasformativa, potrà
forse raccontarcene qualcosa… Ci rimangono i manufatti degli allievi come fatti
pubblici, che oggettivano una trasformazione a largo raggio le cui due ultime
evoluzioni, naturali e sociali, hanno, la prima, avvicinato questo Liceo
Artistico ad una comunità terremotata che ha ricevuto
i manufatti reinterpretati, la seconda, transculturale, è la promessa di
realizzare altre Madonne da far portare in una parrocchia africana come scambio
augurale, di solidarietà e amore. Come dicevo, la tappa in corso di questa
evoluzione, l’ultima per noi che osserviamo, è l’inserimento di tutto ciò in
questa bella serata di Arte e Psicologia che, incontrandosi, possono una volta di più riflettere sull’arte come
‘comunicazione intrapsichica e interpersonale’, in un buon dialogo tra artista
e fruitore, dialogo che mi fa piacere puntualizzare
con le parole dell’amica Prunotto, che ora si sta cimentando (e con i primi
consensi di critica), anche nella scrittura. Quest’artista ci ha amichevolmente
prestato le sue parole, tratte da un’intervista datata (2003) ma che ancora
dice di condividere. Le ripropongo pari pari come occasione di eventuale interlocuzione.

 Intervista ad Enza Prunotto   

1° Quando e perché ha incominciato ad interessarsi di arte?

 Ho cominciato ad
interessarmi di arte fin da molto giovane. Posso dire che per me è stata il
mezzo principale di comunicazione, mi ha permesso di toccare in modo profondo,
il mondo circostante, le persone, le cose.

 2° Quale significato ha assunto l’arte
oggi per lei?

Anche oggi per me l’arte è
comunicazione. Attraverso l’opera d’arte passa l’intuizione di qualcosa altrimenti
impossibile da esprimere. Fruendo di un’opera d’arte
si può penetrare nel mondo sotterraneo che accomuna gli esseri umani e non
solo. Allora, anche in modo inconsapevole, si comunica con l’essenza di cui
siamo fatti.

3° Quali sono gli artisti da lei più
seguiti ed amati?

Amo
moltissimi pittori italiani, da Giotto al rinascimento all’arte moderna e
artisti come Burri e Vedova. Però la personalità che mi ha più affascinata è Picasso. Dato
che trovo geniale chi riesce ad esprimersi con pochi
gesti essenziali, amo moltissimo l’arte Zen e specialmente Liang  k’ai, pittore
orientale attivo nel XIII secolo.

Ecco,
mi verrebbe da dire, “un proprio originale”, che si esprime con il
raggiungimento di una sintesi, che vale come una rarefazione in cui l’elemento
dominante è stato sfrondato da elementi accessori.
Questa disamina sull’evoluzione del ‘proprio
originale’ va anche nel senso dell’incontro con altri ‘originali’, permettendo
alle persone di tessere interazioni adulte, incentrate sullo scambio e non sul
‘mutuo soccorso’ in una reciprocità di ‘prestiti di stampelle’.

L’identità: “elaborazione ricombinativa” di
conflitti e benessere, verso aspetti vitali del narcisismo.

Ciò rientra in un discorso
generale del formarsi della singola identità, tessutasi con quel giusto grado
di “libertà creativa” in cui la persona è consapevole anzitutto della propria caratterialità su cui si impiantano aspetti
traumatici/conflittuali e di benessere, ontogenetici e filogenetici. Questi,
nel tempo, possono “elaborarsi, ricombinandosi” in proporzioni e modi tali da
sostituire o da immettere in qualche  situazione di ripetizione, nuovi
oggetti di creazione. Quando questo succede, la persona sperimenta un nuovo
benessere, fonte di distensione, soddisfazione e relazione (in GL,
2007/2008). Tale benessere si origina dal primo ingrediente della creatività
che risulta essere, da sempre, il “movimento” (Cfr. ad es.
Cavalli Sforza, 2010), che implica capacità di accomodamento e adattamento.
Nella riflessione fattane a tal proposito, se tale libertà creativa si è
espressa (Cfr. Gariglio, 2002), l’identità che ne nasce sarà necessariamente
uscita da quella omologazione che perpetua ad libitum paradigmi teorico-umanistici
incontrati nel percorso di crescita personale e nella formazione professionale 6 . A proposito di
quest’ultima, Mauro Mancia, presentando Psicoanalisi
e cognitivismo
(Imbasciati, 2005) e, in
particolare, riferendosi “all’inconscio non rimosso collegato alla memoria
implicita, scoperta di recente, operante anche nell’analista (p.8) e
all’esplorazione dell’inconscio attraverso la soggettività” (p. 9), scrive: “La
lettura di questo testo può utilmente mettere in crisi vecchi concetti e
vecchie certezze che hanno finito per rendere la psicoanalisi
un esercizio retorico sempre più avvolgentesi su se stesso e sempre più
lontano dall’apporto delle altre scienze” (p. 12). E infatti,
Antonio Imbasciati, riferendosi alla “dottrinarietà che, dalla morte di Freud, scrive, ha
ostacolato il confronto con le altre scienze della mente”, ci mostra di star
muovendosi nel senso di “una teoria esplicativa che rinnovi l’intento esplicativo che un secolo fa aveva preoccupato Freud”.
Una strada dunque verso la costruzione di una “nuova metapsicologia
alquanto rivoluzionaria” che “si confronta, nel caso di questo libro, con
l’approccio cognitivista, per cercarne altri punti di integrazione
che potrebbero essere fecondi di reciproci sviluppi”(pp. 13-16). Va da sé che
ogni percorso di integrazione mi trovi interessata,
avendo io stessa tentato di elaborare e ricombinare, nel corso degli anni,
diverse formazioni, come, nella fattispecie, quella sperimentale, precedente
alla formazione psicoanalitica. Di qui, ha preso vita, ad esempio, quel
“proprio originale”, “soggettività dello psicoanalista, obbiettivizzabile”
(Imbasciati, p. 15), che porta a cogliere sempre
meglio la vibrazione di quei “desideri contemporanei” (Peluffo, 2006) che, nel
campo analitico, si strutturano come dinamiche
inconsce transferali-controtransferali,
conflittuali-traumatiche e di benessere.

Tornando quindi
all’identità, ciò che intanto mi interessa, con questa
“nascita del proprio originale”, va allora nel senso di un narcisismo sano, positivo, legato alla pulsione di vita che, come scrive
André Green in Narcisismo di vita,
narcisismo di morte
(1983, trad.it. 2005), toglie “la cattiva fama (…) e va
dall’acceccamento soggettivo all’autentico incontro”
(pp. 22-24). Un modo di essere, quindi, più “sano e
maturo” (Lopez Zorzi, 2003, p. 86), vitale e creativo che rende ciascuna
persona mediamente soddisfatta di ciò che è riuscita a fare nella propria
esistenza e negli attuali suoi rapporti positivi,
pochi o tanti ch’essi siano. Oggi la psicoanalisi parla anche “dell’io sano che
cerca nell’analista la persona” (Lopez, 2010, p. 222) e indica come positiva e
possibile la capacità di accettare l’elaborazione progressiva di singoli
desideri, idee, che diventano poco alla volta tentativi di innovazioni,
apportabili nel prosieguo del percorso personale su cui si innesta quello
formativo-professionale, andando oltre la psicopatologia verso una filosofia
esperienziale. Ne riparlerò ancora, nella seconda
parte, ma già nella famiglia dei Della Robbia si può vedere come, poco alla
volta, l’adesione al maestro Luca, il modello d’origine, in questo caso, abbia
col tempo, appiattito l’anima creativa delle successive opere, al punto che non
se ne trovano quasi nella storia dell’arte.

                                                                                 Daniela
Gariglio 

 Note:

1 Tra le Aree elaborate dal nostro
gruppo I.A.A.P per indagare sul tema Identità,
differenze
, la prima, Identità e
trasformazi one,
si è snodata in due lavori complementari di Gariglio e
Ravaschietto il  cui
intervento alla GAM, “Tentativi e trasformazioni attorno ai Della Robbia”, è reperibile
nel sito.

2 Freud, riferendosi a “fantasie primarie” indica
proprio un “patrimonio filogenetico” (1915-17, p. 526): “determinate
predisposizioni” che provengono da un’“eredità arcaica” (1938, p. 418; cfr.
anche 1919, p. 55, nota 2;) in un “sapere originario che l’adulto ha poi
dimenticato” (1938, p. 419) e che potrebbe esprimersi sotto forma di “influssi
filogenetici (…) nell’Es in forme per noi non ancora intelligibili…” (p. 627). 

3 Da Luigi Luca Cavalli Sforza (2010):  “Il quarto
fattore evolutivo, dopo la mutazione, la selezione naturale, la deriva
genetica, è la migrazione, di cui scrive: La prima grande colonizzazione  mondiale cominciò circa 60.000 anni fa e
partì dall’Africa  Orientale per
invadere  tutta la zona tropicale
fino al continente australiano. Nell’arco di questa sua prima espansione,
durata 50.000 anni, Homo sapiens occupò tutto il mondo.(…) Già  11.500 anni fa i sapiens erano arrivati in Cile , il lembo più estremo della
terra,passando per lo stretto di Bering (…) Neanderthal e forse anche homo florensiensis hanno probabilmente  convissuto con Homo sapiens sapiens, una sottospecie di quei sapiens giunti
in  Europa circa  46.000 anni fa.
(…) Tra 12.000 e 8.000 anni fa tutta la terra era popolata di cacciatori-raccoglietori (…) Nel Medio Oriente (il più antico), in
Cina  e
Messico l’Homo sapiens” crea  “la coltivazione delle piante  e l’allevamento degli animali” (p.
104-106).     

4 L’informazione e la riflessione sull’attività
sperimentale che avevo ideato come ‘supervisione di gruppo’, nella
Specializzazione polivalente (dove ho operato per una decina d’anni), diretta
in Torino dalla prof. Angiola Massucco Costa, era stata portata nel 1993, al convegno Teaching Learning (in Atti della Regione Piemonte, 1994), dal punto
di vista delle due specificità: Gariglio, Ravaschietto, “Dinamiche affettive nel rapporto
docenti-allievi”. 

5 Cfr., tra altri lavori,
“Tracce di benessere nell’inconscio” (Gariglio, 2010c) dove viene
puntualizzato come “scoprire l’inconscio, comporti una maggiore consapevolezza
di sé e l’emergere di rivissuti di benessere” (in Settimana Internazionale
della Ricerca fra Messina e capo d’Orlando”, Corsi e Convegni. Messina Medica, Giornale dell’Ordine,
marzo, 2011, p. 29). Nella relazione, presento
l’evidenza della riattualizzazione di tali tracce, in
analisi e nell’arte, esemplificandolo anche in una confrontazione
dell’artista di scuola caravaggesca, Artemisia Gentileschi con Enza Prunotto,
un’artista contemporanea. Anche Artemisia  ha tentato, in una serie di
pitture a ‘copione fisso’ (Cfr. le varie versioni di Giuditta e Oloferne)
di elaborare e disattivare, come ne scrive Graziella Magherini (2002), un:
“trauma che opera continuamente (p.47) (…) in un’identità costruitasi
attraverso ampie oscillazioni fra scissioni, dissociazioni e integrazioni”
(p.49). Tuttavia, insieme ai rapporti conflittuali e traumatici, ferite,
protagoniste di sofferenza innestata nella perdita precoce della madre,
l’attuale documentazione biografica di Agnese Signorelli (2011, p.19) ci
racconta di altri rapporti ‘buoni’, come ancore di salvezza che attutiscono
l’intensità della coazione a ripetere. Rapporti di stima e protezione (una iniziale buona unione tra i genitori, suor Graziella, la
figlia Palmira, Buonarrotti il Giovane, Cosimo de’
Medici, Galileo Galilei e altri personaggi), che diventano movimenti positivi e
propositivi per “ritrovare stimoli (…)  occasione di crescita personale ( …) che oggi farebbe dire di
Artemisia,   a detta della
Signorelli: questa è una donna pienamente  realizzata.”. Un altro esempio, dunque, di un benessere raggiunto
seguendo la strada dell’elaborazione ricombinativa:
non facile, non breve, non lineare ma… possibile, talvolta spontaneamente,
nella vita e nell’arte e, certamente, in analisi. Anche Sandro Rodighiero e Gaetano Marchese (2011, Prefazione) indicano
la possibilità che “la relazione psicoterapeutica permetta l’espressione di
geni silenti o poco attivi, connessi a comportamenti nuovi o dismessi, a
capacità di adattamento e di trasformazione.”. Micropsicoanaliticamente
parlando, un buon lavoro analitico porta ad un
incremento della possibilità di avvicendamento delle sfaccettature
dell’Immagine, in una fluidità psichica di rappresentazione e affetto
conflittuale-traumatica e di benessere (Cfr. Gariglio D. Lysek D. , 2009). 

6 Non ne mancano esempi analitici generici e nella
storia del movimento psicoanalitico, dove l’adesione totalizzante a maestri, su
impronta edipico-conflittuale, fissatasi, ha portato a sofferenza e rimozione,
prima che la comunità scientifica accettasse, ad esempio, il valore di certe
scoperte specifiche  [ (uno per tutti, Sándor Ferenczi (1873-1933), ‘punito’ per certa sua insistenza sul
‘protagonismo dell’empatia - peraltro oggi riconosciuta fondante - nella
relazione analitica’: “Senza simpatia, scrive Ferenczi,
”(13 agosto, 1932),  non c’è
guarigione. (Tutt’al più una comprensione della genesi
della sofferenza)” e rivalutato, con grande ritardo, dalla psicoanalisi
contemporanea (cfr. Franco Borgogno, 1999 e oltre)].  

Bibliografia:    

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Riassunto:

a tessitura di un’identità può strutturarsi nella “nascita di un  proprio originale”, frutto di un processo di “elaborazione ricombinativa” che, nel preconscio, riorganizza sinergicamente residui conflittuali e traumatici di rimossi disattivati con rivissuti di benessere, riemersi dall’inconscio. Si tratta di un continuo impasto-disimpasto energetico-pulsionale e relazionale, intrapsichico e interpersonale, che può riguardare il percorso analitico, l’arte e la vita stessa. Un iter, in tal senso, presenterà, nella seconda parte, alcune Madonne dei Della Robbia che, reinterpretate in un Liceo Artistico, in seguito, guadagneranno una nuova immagine di solidarietà sociale e collocazione transculturale.         

Parole
chiave

Creatività benessere
Elaborazione ricombinativa
Oggetto ricombinato,
psicobiologico
Proprio originale
Tracce di benessere nell'inconscio

Daniela Gariglio ©

 


 
Creatività benessere. Movimenti creativi in analisi, Armando, Collana Psicoanalisi e psichiatria dinamica, Roma, 2007

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