Giovani contro le barriere architettoniche, succede a Padova

Giovani contro le barriere architettoniche, succede a Padova

Categoria: Mo' basta. Scrivici tutto

08/07/2014

Gli studenti della facoltà di Psicologia presso l'Università di Padova, attraverso un progetto ad impatto sociale, hanno posto i loro cittadini davanti alle difficoltà rappresentate dalle barriere architettoniche.

 

Ebbene sì, è successo proprio a Padova, dove gli studenti della facoltà di Psicologia, hanno messo in atto un progetto sociale che ha posto i cittadini davanti alle difficoltà create dalle barriere architettoniche. La storia è sempre la solita, nulla cambia, ed in questo caso unisce il sud al nord: gradini privi di rampe, scivoli occupati da automobilisti maleducati, scarsa attenzione verso chi vive una diversa abilità.

 

Quello utilizzato dai giovani padovani, è stato sicuramente un sistema estremamente diretto e di grande impatto, che ha comunicato senza filtri quanto sia urgente rendere accessibili e senza barriere le nostre città.
L’iniziativa ha avuto il titolo “Io non riesco a passare”, dove il fine era quello di dare maggiore visibilità pubblica a una "categoria" di cittadini, nel caso specifico i diversamente abili, che fin troppo spesso viene ignorata.

 

Fare osservare la città con “occhi diversi” era l’obbiettivo del progetto, mettere in risalto il termine inclusione e contrapporlo a quello di esclusione, che purtroppo, ancora oggi, prevale sul primo. Ogni città, ogni amministrazione comunale, dovrebbe garantire il libero accesso al godimento di una cittadinanza formalmente concessa a tutti, ma di fatto soggetta a molteplici discriminazioni.

 

La parte più interessante e se vogliamo, provocatoria del progetto, si è racchiusa nel chiedere ai passanti di spostarsi usando una sedia a rotelle, calandosi, per quel breve momento, nei panni di un portatore di handicap. Questa trovata, ha portato i cittadini che hanno sostenuto la prova a comprendere quanto sia effettivamente impossibile, per una persona in carrozzina, muoversi liberamente nella loro città. Anche per pochi metri.

 

Alla fine dell’esperimento, ne è sorta una considerazione alquanto amara: “L’individualismo condito con insensibilità che sembra annidarsi in ogni angolo delle comunità che abitiamo non è altro che una risposta ad iniziative di coinvolgimento e di partecipazione ormai obsolete ed inflazionate, reiterate a tal punto da aver perso qualsiasi significato e qualsiasi carica innovativa per il target prescelto, e che spesso si basano su un irrealistico canale monodirezionale, per cui il messaggio di sensibilizzazione passa senza intoppi dal “sensibilizzante” al “sensibilizzato”. Noi abbiamo voluto costruire insieme alle persone il significato del messaggio di cui esse stesse erano destinatarie, ottenendo risultati sorprendenti”.
(Fonte foto: Rete Internet)

 

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Autore: Gianluca Di Matola

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