«Fatti guardare e ti dirò se dici bugie»


«Fatti guardare e ti dirò se dici bugie»

IMPARARE A decifrare i sentimenti

«Fatti guardare e ti dirò se racconti bugie»

A Trieste i segreti del Facs, codifica delle espressioni facciali Dal serial tv «Lie to me» agli studi sulle sindromi autistiche

«Fatti guardare e ti dirò se dici bugie»I parametri di movimento dei muscoli facciali

MILANO - A Trieste, un centro di ricerca di psicologia della comunicazione è interamente dedicato all’analisi delle espressioni facciali. Leonardo da Vinci fu il primo a studiarle nella realtà, Cal Lightman, il protagonista della serie tv Lie to me interpretato da Tim Roth, l’ultimo a occuparsene nella fiction. Il poliedrico genio toscano intuì l’esistenza di una corrispondenza anatomica tra volto ed emozioni. Molto tempo dopo, nel ventesimo secolo, antropologi, sociologi e psicologi fecero un passo in più: stabilito che le emozioni fondamentali sono sei (sorpresa, felicità, tristezza, rabbia, paura, disgusto), e che sono innate e universali, arrivarono a capire che altrettanto innate e universali sono le espressioni del volto che rivelano quelle emozioni. Uno dei principali contributi scientifici in tal senso è arrivato dall’americano Paul Ekman il quale, dopo lunghi periodi di osservazione antropologica e uno sguardo attento agli studi di un suo predecessore europeo, Carl-Herman Hjortsjo, negli anni Settanta elaborò un sistema di standardizzazione e codifica delle espressioni, detto Facs (Facial Action Coding System). Sulla figura (e sulla consulenza) di Ekman si sono basate le tre serie tv di Lie to me, in cui il protagonista individua i bugiardi grazie al loro linguaggio non verbale involontario. Sempre sul Facs si concentra tuttora il lavoro degli studiosi triestini del Crf, Centro ricerche sul Facs.

Facce da decifrare

LA TECNICA DI CODIFICA - «Il Facs è uno strumento che serve per riconoscere i vari movimenti facciali e abbinarli alle emozioni che li producono - spiega Jasna Legiša, dottorato di ricerca in medicina materno-infantile, focus sulla percezione e sull’espressione emotiva nei disturbi dello spettro autistico – Si basa sull’anatomia facciale e richiede che prima siano scomposti i movimenti visibili in unità d’azione, corrispondenti ai singoli muscoli coinvolti. All’atto pratico, questa fase di codifica culmina nella scrittura sintetica e sequenziale di tutti i movimenti muscolari visibili in un dato istante o fotogramma, seguiti dalla loro intensità. Per esempio la dicitura AU 6e+12e indica la contrazione massima dei muscoli orbicolare esterno e zigomatico maggiore: l’effetto è quello che chiamiamo normalmente sorriso sincero, perché coinvolge sia gli angoli degli occhi che gli angoli della bocca. Alla fase di codifica segue appunto la decodifica, con cui la mappa dei movimenti rilevati viene abbinata al profilo-tipo di un’emozione. Nel caso dell’esempio citato, la felicità». Quanto tempo occorre per addestrarsi al riconoscimento delle espressioni? «Le unità d’azione da conoscere e riconoscere sono alcune decine: per imparare il sistema bastano pochi giorni. Il problema poi sta nella quantità di tempo e di esercitazioni che una persona sceglie di dedicare a questo argomento. E’ come imparare a guidare: per prendere la patente è sufficiente un numero di ore di guida limitato. Altra cosa è poi avventurarsi nel traffico di una grande città con scioltezza».

«Fatti guardare e ti dirò se dici bugie»
EMOZIONI E MENZOGNE - Al di là delle applicazioni di carattere investigativo e giudiziario, come l’antiterrorismo e gli interrogatori di cui era piena la serie tv, quali utilizzi concreti può avere il Facs? «Premesso che per l’Italia è uno strumento nuovo e ancora poco diffuso, il nostro centro di ricerca ha applicato il Facs nel miglioramento della comunicazione con i bambini autistici e nel mondo delle aziende, per il riconoscimento delle emozioni durante i colloqui di lavoro e le negoziazioni». Uno degli scopi più ambiziosi del sistema è la possibilità di individuare e distinguere i soggetti che mentono, proprio grazie a ciò che il loro volto manifesta. «Non esistono indicatori assoluti di menzogna – specifica Enzo Kermol, docente di Psicologia Generale alla facoltà di Medicina di Trieste, esperto di comunicazione pubblica, sanitaria e d’impresa - Tutti i gesti, i movimenti facciali e le misurazioni elettrofisiologiche ci indicano che siamo attivati da un’emozione. Ogni emozione può essere in armonia o in contraddizione con ciò che stiamo esprimendo volontariamente, magari a parole, in un dato momento. E’ quindi possibile che diciamo una cosa non vera e che le nostre emozioni non seguano la narrazione del parlato, rimanendo autentiche. In questo caso l’emozione dissonante si rivela attraverso microespressioni facciali involontarie e incontrollabili, della durata di un quarto di secondo o meno, spesso asimmetriche, e posizionate in momenti del discorso in cui non c’entrano nulla. A queste contraddizioni espressive si possono aggiungere gesti di controllo automatico e manipolazione delle emozioni che tentiamo di respingere, come la suzione o il mordicchiamento delle labbra, e il tocco ripetuto di zone del volto o di oggetti da parte delle mani. Al contrario, un’emozione simulata, perciò falsa, è certamente più simmetrica, lunga e muscolarmente incompleta, specie nella parte superiore del volto: tipicamente il sorriso falso coinvolge solo la bocca e dimentica gli occhi». Qual è il livello di fallibilità di questo sistema? «Un soggetto ogni sedicimila riesce a scoprire le menzogne per dote naturale. Gli altri, se si addestrano con questo metodo, possono arrivare a un 90% di precisione. Naturalmente il sistema legge le emozioni ma non può rilevare l’abilità attorale dei soggetti analizzati. Un attore bravissimo che utilizzi un metodo tipo Stanislavskij, cioè sia capace di rivivere davvero un’emozione sulla base di ciò che egli stesso ha vissuto e provato, genererà un’espressione facciale involontaria e sincera». Questo è anche un buon consiglio per i bugiardi.

Alessandro Calderoni25 aprile 2012
(modifica il 26 aprile 2012)
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Fonte Corriere




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