Dal lettino alle consulenze

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Dici psicologo e subito pensi a uno studio, a un lettino, a Freud. La professione dello psicologo, però, non sarà più (solo) così. No. Ed è per questo che l'università deve ragionare in termini di doppia progettazione: l'aspirazione, legittima, dello studente da un lato. Dall'altro, un adeguato coordinamento con le realtà territoriali per formare figure professionali rispondenti ai bisogni effettivi. Claudio Bosio è il preside della facoltà di Psicologia dell'Università Cattolica e mercoledì scorso, il 14 marzo, ha incontrato gli studenti bresciani alla presenza del direttore di sede Luigi Morgano e della professoressa Elena Marta Rizzi.

Se i giovani si iscrivono a Psicologia «perché vogliono fare gli psicologi - esordisce Bosio - l'ateneo deve invece saper fare degli psicologi», e le due letture devono saper dialogare tra loro. Ma quali professionisti sono attesi alle soglie del futuro della disciplina? Di certo, come emerso da uno studio condotto dallo stesso Bosio intervistando professionisti, l'ancoraggio alle competenze cliniche «rimarrà imprescindibile». Ma non basterà. Il domani apre le porte a contesti dinamici, di attività consulenziale, servizi socio-educativi e organizzativi, scalzando di fatto il welfare dal suo ruolo di pivot fondativo per la categoria. Tra i settori più promettenti, cita il preside, «la psicologia del lavoro, della scuola, la psicoterapia privata». Con possibilità di crescita nel prossimo futuro nel comparto privato o, in alternativa, nell'attività libero professionale o aggregata. A servizio tanto del settore profit quanto del non profit. «Non spaventatevi - rassicura i ragazzi Claudio Bosio - è possibile individuare una fascia di elevata qualificazione in cui collocarsi». Senza dubbio si tratta di una sfida. Cui «l'università non si sottrarrà», garantisce. Anzi. «È necessaria la costruzione sociale delle figure della psicologia per generare offerta formativa», senza cercare di replicare altri modelli - lavorativi o didattici - ma tenendo ben presenti quali scenari si prefigurino per i laureati degli anni immediatamente a venire. «Dobbiamo pensare il nuovo e rigenerare l'esistente, valorizzandolo», rivitalizzare cioè il capitale professionale e riconoscere il potenziale della sfida che attende la psicologia nell'ambito delle nuove carriere potenziali che si fanno avanti. Alla luce anche dei cambiamenti in atto in seno al Servizio sanitario nazionale: «Siamo chiamati a immaginare - anticipa Bosio - nuove forme di inserimento, magari in prospettiva di outsourcing», trascendendo «la prospettiva fordista», e aprendo al contempo il confronto con gli stakeholder. Il progetto della facoltà di Psicologia di Brescia mira a «creare valore specifico, smarcato dalle peculiarità dei corsi attivati dall'ateneo in altre città», perché Brescia, in ragione delle sue contenute dimensioni, «può agevolare dinamismo e immediatezza, e può farsi laboratorio avanzato di sperimentazione di un progetto formativo ancorato al piano professionale».

r. m.

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