Buio e luci a San Siro, psicologia di un mostro a due facce

“La psicologia è il sapere che studia i processi psichici e mentali, dell’individuo e del gruppo”. Fosse San Siro un centro di ricerche, avrebbero trovato la Juve come soggetto di studi e ricerche approfondite. Il primo tempo della squadra di Conte è amorfo, misto di distrazione, incompiutezza, instabilità, indecisione. Prime frazioni di tale andamento, nella Juve, sono da ricercare negli annali perchè nelle recenti apparizioni mai questo si era verificato a meno che la memoria non ci faccia brutti scherzi. L’approccio alla gara, secondo l’amatissimo allenatore bianconero, è chiave che apre ogni porta. Infatti, il dover impostare mentalità e gioco su un campo così difficile è sicuramente nelle corde della Juve, eppure sin dall’inizio, il meccanismo sembrava non funzionare fluidamente, quasi inceppato. Si parte con un Milan in forma straripante, raddoppiando ogni duello, chiudendo la Juve in una porzione limitata di campo, con sovrapposizioni, tagli e un possesso palla asfissiante. Tutto ciò era lecito, ma fino a quando i rossoneri potevano reggere il confronto con tale intensità? E’ sicuramente visibile anche ai meno esperti del settore, che il vantaggio (se fosse arrivato), non sarebbe stato immeritato o ingiustificato. Buffon migliore dei suoi e la Juve “boxeur” stretta all’angolo con la testa sotto i pugni, pronta ad in incassare il colpo più duro. Le fatiche in terra ottomana  e gli impegni ravvicinati si fanno sentire, nonostante la gara di giovedi non sia stata giocata con grande intensità.
I 35′ minuti da incubo della Juve passano lenti e  quasi ci si rassegna al fatto che in serata ancora non sia entrato nessuno: la difesa imprecisa, disattenta sulle sponde di Pazzini indirizzate in ogni dove, il centrocampo distante, senza idee e con la qualità persa nelle giocate leziose e inconcludenti di Pogba e il ritardo di condizione di Asamoah che paga l’avvento sulla fascia di Abate. Tevez in avanti fa a sportellate ma non eccelle, Llorente prova qualche sponda ma nemmeno lo spagnolo riesce ad incidere. Dall’esterno si percepiva che l’ordine delle pedine in campo non fosse come al solito, ordinato, chiaro e che queste non fossero fluide nei movimenti. E’ black out.
Addirittura anche chi non sperava prima della gara, inizia a crederci, realizzando che poteva essere una domenica di festa per la “presunta” sconfitta juventina in terra nemica. Si avvertiva il bisogno di andare all’intervallo e mantenere viva la gara sul punteggio di 0-0, magari subire la sfuriata di Conte e ricaricare le batterie per il finale di gara che doveva essere incessante. Chi ama la Juve e chi la conosce a fondo, sapeva che il match di San Siro poteva avere risvolti  segreti e ben più nascosti di quelli che la realtà stava mostrando. E allora la squadra sfrontata, armata di passione e fervore agonistico, quella di testa cuore e gambe, si veste di orgoglio e attacca il diavolo quanto basta per farlo cadere al tappeto: uno-due letale di Tevez e Lichtsteiner che becca Llorente a due passi dalla porta, è 0-1! Si va al riposo con un risultato acquisito, frutto di caparbietà, volontà e capacità nel soffrire. La Juve è l’emblema di Conte, non si molla mai.  Cambia la psicologia della gara e dei ragazzi che escono a emergere dagli abissi con la grande personalità che li contraddistingue. Soffrono e reagiscono da grande squadra, basti pensare che in venti minuti chiudono la pratica grazie all’estro e l’agonismo di Tevez che scaglia una fiondata di pregevole fattura. Alla fine, gli undici che sembravano dover affossare, possono dilagare con Pogba che colpisce il palo e qualche altra buona occasione concessa da un avversario che non può fare a meno di andare al tappeto. La Vecchia Signora è implacabile, non perdona e asfalta il nemico. Stravolge le sorti della partita, cambia volto alla prestazione e cuce un pezzo di scudetto, il terzo per l’esattezza. Gli attori del “misfatto” superano brillantemente l’esame al laboratorio, ponendo sotto ai riflettori chi (non senza nevrosi) associava le vittorie in casa Juve alla ricorrente “cleptomania sportiva”.


   Simone Di Sano

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