A lezione di giornalismo onesto

Ieri sera ho avuto l'onore di conversare con gli studenti del corso di Psicologia sociale dell'Università di Cagliari. Una grande occasione per parlare con giovani del giornalismo oggi e delle sue ricadute nella società, di come semplicemente le parole giornalismo e giornalista siano percepite attraverso delle associazioni mentali istantanee. Un invito graditissimo quello del professor Renato Troffa che ho accettato perché ne ho colto non solo l'importanza personale (quella per una giovane come me di cimentarsi in una lezione in un luogo come l'aula magna del corpo aggiunto di Lettere, dove non capita ogni giorno di poter parlare a degli studenti), ma soprattutto l'importanza, chiamiamola "sociale", di tentare di rivalutare in misura minima, una categoria che sta perdendo credito agli occhi dei cittadini per colpa di alcune mele marce troppo spesso "tesserate" che stanno distruggendo e umiliando la professione ( vedi questo articolo per capire a cosa mi riferisco).
Due ore che sono volate e in cui ho fatto il grande sforzo di non arroccarmi a difendere l'indifendibile, ho parlato e ho spiegato i miei punti di vista prima come fruitore dei mezzi di comunicazione che come artefice. Per fare autocritica bisogna fare esattamente questo, mettersi nei panni di chi ha qualcosa da rimproverarti.

Le domande sono state tante, ma soprattutto sono state ascoltate con interesse le risposte, quelle che ho tentato di offrire, piena di dubbi anche io, ma salda nell'obiettivo che la mia professione quotidiana, quella che ho il coraggio di definire ancora "il mio sogno", non fosse disprezzato in modo ancora peggiore a lezione terminata. Una ragazza in chiusura ironicamente ha detto "Eravamo partiti con il piede di guerra, ma ci siamo dovuti ricredere".

Forse con più tempo ora potrei risponderle che il buon giornalista non è chi mette in pratica la deontologia, o meglio, certo lo è, ma quello è il passo successivo. Il buon giornalista prima di tutto è una buona persona, un cittadino onesto, di quelli che rispettano gli altri e che ci tengono a vivere in mezzo alla verità e non alle bugie. E forse avrei dovuto meglio spiegare che l'impressione che ho dato io, non poteva essere quella di un'intera categoria. In questi quattro mesi siamo stati un po' troppo controcorrente, ma io, noi, di Cagliari.globalist e Globalist, stiamo facendo una minuscola, rivoluzione di buongusto nel panorama dell'informazione. Uniamo energie fresche a un briciolo di morale che non passa mai di moda. Offriamo titoli che tentano di non essere stereotipi offensivi per esempio per donne e rom, con cui purtroppo invece "altri" ci fanno convivere da decenni. La colpa non è solo dei giornalisti venduti alla banalità e a una linea editoriale che è interesse di pochi. Spesso è anche di tutti coloro continuano a comprare o a visualizzare testate giornalistiche che parlano alla loro pancia, che fanno male alla società che cavalcano l'odio razziale, che trattano le donne come oggetti, che argomentano temi politici ed economici con una superficialità disgustosa e affrontano la cronaca nera come un gossip morboso. Iniziamo a sceglierci le notizie vere, a capire quali fonti sono più attendibili attraverso una lettura quotidiana e critica di tanti punti di vista. Tentiamo di approfondire, non usiamo i commenti sotto gli articoli per sfogare la parte peggiore di noi. Da questo sforzo resteranno solo i giornali fatti dai giornalisti più onesti e scrupolosi, si chiama concorrenza, ma il mercato lo fa il lettore, spetta a lui.

Il giornalismo è democrazia e ogni Paese ha quello che si merita, meritiamoci il meglio e avremmo il meglio.

Ps. Ringrazio ancora tutti gli studenti per la loro curiosità, la curiosità salva il mondo.

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  • Anonimo 01/06/2013 alle 14:16:19 rispondi

    "Il giornalismo è democrazia e ogni Paese ha quello che si merita, meritiamoci il meglio e avremmo il meglio."

    La credenza in un mondo giusto è talmente diffusa che potrebbero esisterne anche portatori sani: spesso invece accompagna il risparmio cognitivo che alimenta la colpevolizzazione delle vittime anche in assenza di "altri fattori"...

    "Come è noto anche ai non addetti ai lavori, la teoria della democrazia postula l'esistenza di una pubblica opinione che, a sua volta, fonda un governo consentito, e cioè governi che sono condizionati  dal consenso di quella opinione. L'opinione, ovviamente, si esprime mediante voto, con il momento delle elezioni dei governanti, tanto a livello locale quanto nazionale. La teoria della democrazia, inoltre, prescrive che il consenso è tale, e cioè libero e consapevole, se e solo se viene espresso da pubblici che possiedono opinioni autonome" (da Democrazia ed informazione ieri ed oggi)

    "Gli uomini nascono ignorantinon stupidi; la stupidità è un prodotto dell'educazione"

    "Il buon senso c'era ma se ne stava nascostoper paura del senso comune"


    Come risulterebbe agevole sostenere che l'ignoranza consista nell'assenza di informazione o che la cultura di massa sia una forma di educazione così risulterebbe altrettanto agevole persuadersi che la stupidità possa essere promossa dalla mistificazione e perpetuata poi autonomamente grazie a bias di conferma nella successiva selezione delle fonti, giacché rettificare la disinformazione risulti particolarmente arduo quanto poi siano generalmente indisponibili soluzioni efficaci e poco onerose per i singoli individui, dotati sì di libero arbitrio ma le cui risorse economiche, temporalicognitiveinformative o emotive sono soggette a restrizioni.

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