XVII Congresso Nazionale di Psicologia Giuridica: le mille facce …

Roma, 6 e 7 novembre. Si è tenuto nei giorni scorsi presso il polo della Polizia di Stato, situato in via Tuscolana a Roma, il XVII Congresso Nazionale di Psicologia Giuridica. Un incontro dalla trama complessa, atto a far luce sulla figura controversa e dibattuta del minore come autore e vittima di reati. 

Il Congresso nasce dalla collaborazione tra la polizia di stato e l'AIPG (associazione italiana psicologia giuridica). Un connubio difficile quello tra psicologi e forze dell'ordine che lascia qualche perplessità agli occhi dei più, ancorati al pregiudizio della netta separazione tra i due approcci. E quando il soggetto sottoposto ad analisi è il minore, le perplessità aumentano, i casi da passare al vaglio si moltiplicano esponenzialmente rendendo difficile un lavoro di riconduzione ad unità di un problema ancora tutto da esplorare. Ma il congresso ci prova, esamina, mostra i casi più svariati e tenta di approcciarsi all'argomento con quella sensibilità che il soggetto minorenne richiede, giocando su un continuo cambio di angolazione del problema del reato minorile.

 

Il congresso è stato presieduto da Paolo Capri, presidente dell'AIPG, che ha dato il via all'incontro partendo da un chiarimento sul nome dato al congresso. "I peccati del Dio minore": un titolo giocato su un sottile sillogismo atto ad evidenziare la scarsa attenzione dedicata alla figura del minore, che può essere giudicato l'anello debole del processo giudiziario senza timore di cadere nel baratro del luogo comune.
In una società incivile imbottita di pregiudizi sulle violenze e su chi le subisce, le vittime vengono abbandonate, la loro voce viene soffocata dall'indifferenza nella continua ricerca di una giustizia che mai arriverà appagante e soddisfacente. Quando si tratta di minori, la categoria vittime si amplia fino a comprendere anche i minori-carnefici: perché è facile puntare il dito contro la violenza e contro chi l'ha commessa, ancora più facile è prendere le parti della vittima, impossibile è comprendere le motivazione di natura familiare, sociale, psicologia come vero movente dell'azione. Ed è su questo punto che il congresso preme, attraverso un'alternanza tra giuristi e psicologi in funzione di canto e contro canto: lavorare fianco a fianco può portare al cambiamento.

 

Altra grande protagonista dell'incontro non poteva che essere lei, il male per eccellenza versione 2.0: la rete. Internet, nella versione uso-abuso dei social network, è il primo canale di veicolazione della violenza. I minori, siano essi autori o vittime del reato cibernetico, sono sempre più impelagati nel vasto mondo di internet senza spesso conoscere i limiti e, soprattutto, le conseguenze delle loro azioni telematiche.
Come spiega Carlo Solimene, è la polizia postale, eccellenza del settore, ad occuparsi della sicurezza dei minori in rete, attraverso un'opera di monitoraggio e di coordinamento delle investigazioni che procede senza sosta e che ha portato all'oscuramento di oltre 2000 siti. La lotta alla pedopornografia in rete è una battaglia dai mille volti, da combattere su più fronti: pedopornografia, prostituzione, prepotenze, estorsioni (solo per citarne alcuni), reati di cui il minore può essere vittima o autore in un continuo gioco i cui confini sfumano rendendo spesso difficile una netta divisione di ruoli.

 

Indagare le motivazioni che portano all'esplosione della violenza è, forse, l'aspetto più difficile da trattare, il punto più intricato della matassa minorile. Il minore che esercita la violenza su un coetaneo è alla ricerca del riscatto da una situazione interiore, familiare o sociale difficile, che fa sorgere in lui l'esigenza di lasciare un segno. Attraverso gli interventi di Santo Rullo (psichiatra) e di Isabella Mastropasqua  (dipartimento giustizia minorile) si è tentato di andare a fondo, di indagare la dimensione interiore del minore attraverso le varie componenti che incidono in età evolutiva. E dalla violenza psicologica esercitata e subìta tramite internet, si passa allo scoppio di una violenza di tipo omicida. Analizzare i reati violenti, gli omicidi (spesso plurimi) commessi dai minori rappresenta una parte delicata da trattare ma che ben si presta a quel concetto di violenza come specchio di una controversa interiorità. Reati intrafamiliari (il caso di Novi Ligure che funge da apripista), sparatorie nelle scuole (school shooter americani) e simili sono gli esempi più eclatanti a cui siamo abituati, riempiono le pagine dei giornali e le puntate di trasmissioni ad hoc improntate ad un sensazionalismo che non lascia spazio ad una presa di coscienza vera e reale del problema. Ma come si fa, in realtà, a prendere pienamente coscienza di una violenza esercitata da indoli così diverse e continuamente mutanti come quelle degli adolescenti?

 

Non esiste l'adolescenza, esistono gli adolescenti: ognuno con la propria storia, con le proprie emozioni, con esigenze diverse che possono portare ad azioni impossibili da categorizzare. E più è impossibile dirimere la questione, più la battaglia deve essere instancabile. Gli adolescenti devono avere voce proprio laddove le loro urla d'aiuto vengono soffocate.

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