Voler rottamare anche le persone: una nuova necessità o un assillo …

La nuova passione nel rottamare metaforicamente i personaggi ha anche origini psicologiche, molto antiche e lontane. Ma talvolta è una necessità funzionale che accende la questione.


di Gennaro Iasevoli

Gli studiosi di psicologia osservano i comportamenti odierni e spesso li confrontano con quelli dei nostri antenati. Cercano anche di notare se attraverso la voglia di rottamazione appaiono aspetti psicologici negativi più o meno condizionanti, assimilabili a comportamenti già ufficialmente classificati nei manuali di laboratorio. Da tempo sono stati osservati alcuni comportamenti ripetitivi in singoli e particolari modi di agire: rottamare con ansia o liberarsi delle cose vecchie e dello sporco in genere, rappresentano gravi e totalizzanti preoccupazioni per alcuni individui. Alcuni non danno la mano per non infettarsi e non si siedono sulle poltrone appesa usate dagli altri, vanno oltre l’importanza dell’igiene ordinaria e superano ogni precauzione plausibile. Hanno il terrore dichiarato dello sporco e quindi vengono denominati, sul piano psicologico, “rupo-fobici”, che tradotto dal greco significa appunto “paurosi dello sporco”.

Altri studiosi, per meglio esemplificare la rupofobia, hanno deciso di denominarla “sindrome di Pilato”, che metaforicamente allude a quella fissazione di lavarsi continuamente le mani. Ma in effetti il comportamento rubofobico riassume in sé una forma di timore di essere contaminati ed ostacolati dallo sporco o dalle cose vecchie da rottamare. Fin qui le origini psicologiche e la storia descrittiva, cui si può pervenire quando si pensa al reale comportamento ossessivo di persone sofferenti, purtroppo ossessionate dall’igiene e dalla presenza di oggetti che ai loro occhi sembrano rottami. Esse buttano via oggetti ancora seminuovi, anche costosi come automobili, mobilio, o meno costosi, come ombrelli, scarpe, vestiti, borse, stivali. Quando questi comportamenti, alquanto ossessivi, prevalgono sugli altri bisogni vitali giornalieri, vuol dire che manifestano il classico DOC – disturbo ossessivo-compulsivo, che condiziona significativamente la normale vita quotidiana. Tale disturbo causa anche alcune forme di insicurezza e l’isolamento dell’individuo, che pertanto rallenta anche l’attività lavorativa e produttiva. Le terapie psicologiche, in linea di massima, tendono al rafforzamento psicologico della fiducia in sé ed a un ri-orientamento complessivo della persona.

Ma dopo questa lettura tecnica in termini psicologici e semantici, volgo lo sguardo ai lanci mediatici multiformi e continuativi che propongono una novella rottamazione. Scorgo l’insinuazione di un desiderio culturale di rottamare, non si sa bene se questa o quella personalità o gerarchia politica, istituzionale, industriale, scientifica o artistica. Forse si spera di ottenere un ricambio in positivo degli uomini guida, ma ciò causa anche il timore che si tratti di un sacrificio scortese ed ingrato, riservato ai padri, senza effetti pratici.

La curiosità ha anch’essa un ruolo nella psicologia della gente, che vuole conoscere a fondo il progetto di chi si accinge a rottamare. La gente non sempre si fida delle capacità che hanno i rottamatori nel distinguere l’usato garantito, ancora funzionale e resistente, dall’usato consunto ed obsoleto. Infine c’è anche la resistente passione umana per il fascino e le funzioni dei testimonial, quale stimolo ed obiettivo per le future generazioni.

Il discorso è succulento e facilitato dalle fantasie popolari che stanno nascendo sulla questione della rottamazione, anche senza riferimenti a personaggi e situazioni correnti. La questione della rottamazione è infatti simile a quella del ricambio generazionale: nasce e si dissolve, poi si riaccende, senza alcuna allusione alla totalità dei simpatici e validi protagonisti dello scenario democratico rappresentativo. Forse la voglia di rottamazione è soltanto un modo di dire “più stuzzicante e moderno” per prepararsi alla competizione reale… sperando che si operi in nome del benessere collettivo e del superamento dell’odierna crisi economica occupazionale che ci tormenta!

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