Vivere insieme… da separati in casa

Con la collaborazione della dott.ssa Laura Rivolta Psicologa e Psicoterapeuta, specializzata in Sessuologia Clinica e in Terapia Sistemica Relazionale

 

Alcune condizioni della vita matrimoniale, inutile negarlo, possono cambiare irreversibilmente. E nell’epoca delle separazioni e dei divorzi “facili”, è altrettanto comune che una coppia “scoppiata”, per amore dei figli o per comodità economica, decida di separarsi condividendo comunque lo stesso tetto. Una situazione che si complica ulteriormente quando entrano a far parte, di questo contorto meccanismo, nuovi partner.

Per questo motivo con la dott.ssa Laura Rivolta, psicologa e psicoterapeuta, analizziamo le motivazioni che spingono molte donne ad avventurarsi in una relazione con un uomo separato in casa, e quelle dei coniugi/genitori che, per amore dei figli, decidono di vivere sotto lo stesso tetto, nonostante la loro scelta di separazione.

 

La serenità dei figli è davvero un motivo valido per abitare sotto lo stesso tetto da separati, o questa è solo una scusa?

«Dipende; per alcune coppie, o per Lui o per Lei, i figli rappresentano una scusa, una sorta di alibi per evitare di fare delle scelte vissute con grande ambivalenza, ma i motivi possono essere molteplici: in alcuni casi non si è pienamente sicuri di fare il passo giusto, perché si teme il futuro; e in altri si vuole rimanere in una condizione di comodo. In altri casi però, se i figli sono o diventano problematici nei comportamenti, palesando evidenti disagi emotivi e psicologici, ciò può diventare un motivo per posticipare la scelta di separarsi concretamente; in questo caso il senso di colpa o di responsabilità è così elevato che, pur con sofferenza, si decide di rimanere in casa. È necessario ricordare che la separazione è un atto doloroso non solo per chi la subisce, ma anche per chi la vorrebbe o comunque la agisce».

 

Molti genitori nascondono ai propri figli il loro status di separati in casa. È giusto far vivere loro una routine domestica da “messa in scena”?

«La variabile importante è l’età dei figli; se sono molto piccoli è opportuno ritardare ogni spiegazione perché faticherebbero a comprenderla, e si attiverebbe un ansia molto forte, di abbandono. Se invece i figli sono più grandi, è necessario, al momento giusto e con parole adeguate, parlare con loro comunicando insieme la situazione. La messa in scena è sempre riconosciuta come tale; i figli possiedono una sorta di antenna molto sensibile nel captare ogni stato d’animo o condizione familiare. Svelato “l’inganno”, potrebbero sentirsi traditi e verrebbe meno la fiducia nei genitori e nella figura dell’adulto in genere. Meglio comunicare con serenità che i sentimenti tra le persone, nel tempo, possono cambiare, e ciò purtroppo è accaduto proprio a loro; che ci saranno sempre come genitori perché il bene per loro figli è tanto grande da superare ogni conflitto».

 

Chi decide di vivere questa condizione si rende conto della sofferenza dei figli?

«I figli, in queste situazioni familiari soffrono sempre, sia se obbligati a convivere ogni giorno in un clima di conflitto e ostilità dei genitori, sia nelle condizioni di “apparente” serenità. I genitori sono comunque consapevoli del disagio che recano ai figli, e si illudono se credono che i figli siano così “ingenui” da non accorgersene. Questa sofferenza, più o meno limitata nel tempo, si legge in ogni loro azione (pensierosità, aggressività nei comportamenti, ansie o regressioni con modalità diverse a seconda dell’età anagrafica del figlio) ».

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