Una conversazione nel cuore del Parco con Jerome Bruner

Jerome Bruner in visita al Parco Nazionale dell'Appennino reggiano (foto Redacon)

Per chi studia psicologia e pedagogia Jerome Bruner è “un mostro sacro”, un genio umile, semplice cordiale. Sorride a tutti. E spesso chiede una sigaretta. Come chi sa che non dovrebbe, ma sorride di sottecchi e divertito della sua massima trasgressione.

97 anni non li dimostra, per nulla. Con sé ha solo un bastone, dice, per problemi di anche. Non un cellulare, nessun accompagnatore. Cittadino onorario di Reggio Emilia in questi giorni è ospite del comune e di Reggio Children. Viaggia da solo, da New York dove vive, in tutto il mondo.  A chi gli chiede se vuole ripararsi dal sole o dal vento esclama che lui è stato un marinaio, e pertanto è grato al vento, e al sole c’è abituato. Si bea del paesaggio nei dintorni della Pietra di Bismantova, e con gratitudine rivela di sentirsi nutrito dalla presenza della compagnia.

Una manciata di persone con lui attorno a un tavolo per un pranzo informale, come con un nonno saggio a cui si vuole bene. Tra una portata e l’altra ecco che a piccoli sorsi regala la sua immensa conoscenza, come se pensasse a voce alta. Ogni parola fa nascere una riflessione, chi lo ascolta resta incantato e avverte subito la profondità e allo stesso tempo la leggerezza che solo chi è vicino al secolo può coniugare insieme. Mentre parla osserva i visi, stringe le mani, comunica l’entusiasmo per l’Italia.

Poi seduti all’aperto, il magnifico scenario del Parco diventa un’insolito salotto, dove chi c’è si sente fortunato ad ascoltare un dibattito improvvisato su come vanno le cose del mondo e della vita.

 

Conversando con Jerome Bruner nel cuore del Parco Nazionale dell'Appennino reggiano (foto Luca Natale)

Parlano un po’ tutti e Bruner regala in diretta ciò che per anni ha sostenuto nei suoi testi: il sapere e la conoscenza si costruiscono insieme, gli uni agli altri. E da queste relazioni che si formano spontanee, dall’attribuzione dei diversi significati nascono nuovi orizzonti di senso, nuove possibilità dove ognuno sente di aver portato il proprio contributo.

“Non bisogna aver paura dei conflitti”, dice citando Dante e le Orestiadi di Eschilo. “Come vediamo, la storia della letteratura e la storia dell’umanità sono costellate da lotte e punizioni, vendette. Perché anche la negatività fa parte della vita. E’ affascinante stare nelle emozioni, anche quelle più torbide e dolorose perché sono delle opportunità per scoprire lati inesplorati del proprio io, che altrimenti resterebbero in ombra. La consapevolezza è lo scopo ultimo della vita, la conoscenza di sé, nessun aspetto escluso.”

Imparare a sostare nel tumulto delle passioni insegna a gestirle, a non fuggire da certi aspetti del vivere.

La conversazione si srotola in modo piacevole, ricordando e dimostrando quanto da lui sostenuto più volte, che esiste un pensiero “paradigmatico” che è quello della scienza, erudito. E un pensiero narrativo, “sintagmatico”, spezzettato, analizzato, reso fruibile, che è quello delle pratiche conversazional condivise e compartecipate, quello delle narrazioni di chi sa, che racconta a chi non sa, ma allo stesso apprende dell’altro. Quello dei nonni coi nipoti, dei più grandi coi più piccoli.

“Tutto è cultura, tutto viene socio-costruito.” Bruner ha fortemente contribuito allo sviluppo della psicologia cognitiva. Teorico del costruttivismo, le sue ricerche sono partite dalla scuola russa di Vygotskij, dove si sostiene che il sociale supporta l’individuale, e che il tessuto collettivo fa da “impalcaltura” a chi segue il proprio percorso di crescita.

Tutto il pensiero di Bruner ruota attorno alle relazioni sociali, all’incontro di più diversità da cui poi si creano nuove mappe di territori nuovi.

Quindi una visita alle narrazioni di Reggionarra nei Monti. Ascolta con rispetto, interesse mentre accarezza qualche bambino incantato davanti alle storie. Qualcuno gli chiede se è stanco e vuole ritornare verso Reggio Emilia. Risponde pacato: “Dopo. Mai abbandonare un racconto finché non si è concluso.”

Seduto con semplicità tra il pubblico, divertito dalle favole raccontate, applaude sorridendo.

Qualcuno lo riconosce e si avvicina timidamente per stringergli la mano, insegnanti, psicologi, educatori, molti visibilmente emozionati, qualcuno si commuove, e ha gli occhi lucidi. Jerome scambia allegramente battute con tutti quelli che lo salutano.

Poi si volta e dice sereno: “Adesso possiamo andare.”

Chi è davvero eccelso non ha bisogno di cerimonie, può permettersi di regalare, a chi lo incontra, accoglienza e semplicità.

Bruner ritorna a Reggio Emilia, sorridendo alla vita. Il suo viaggio continua.

In chi oggi l’ha incontrato, restano emozione e gratitudine.

 

 

 

 

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