The Master: Psicologia e inconscio, fede e amore, amicizia e politica …

Abbiamo aspettato qualche giorno prima di parlare di questo film, per due ragioni: uno per sapere quali fossero le nomination agli Oscar, per gridare allo scandalo o meno della eventuale mancata nomination per Joacquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman, due perché la pellicola di Paul Thomas Anderson è complessa e, per quanto “Holliwoodiana”, sembra essere consigliabile più agli amanti del film “d’autore” che non agli amanti dei divi, quali sono chiaramente i due attori protagonisti.

Per fortuna agli Oscar i due “mostri” sono stati nominati, e a meno che non si scelgano premi viziati dalla volontà di lanciare un film rispetto ad un altro (sembra che “Lincoln” abbia i favori del pronostico in questo senso), dovrebbero essere premiati. E il film, dopo qualche giorno di pausa, rimane complesso e profondo, con tutti i valori universali al suo interno, affrontati in maniera poco convenzionale.

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La componente freudiana c’entra in “The Master” più di quello che la trama possa far pensare, visto che quest’opera cinematografica parla certo di un reduce di guerra e del suo incontro con un “profeta” che combina laicità e spiritualità grazie al suo carisma, ma che parla prima di tutto di uomini.

I problemi dei due personaggi centrali, oltre che di quelli minori che ruotano attorno (ma di cui sappiamo e scopriamo meno, intuiendone comunque la personalità e le erosioni interiori), agiscono certo in un contesto, che è quello del post - guerra e quello in cui in America proliferano profeti laici, fuori dalle forme religiose canoniche, che promettono (anche in buona fede, credendoci veramente, come risulta nel personaggio rappresentato da Philip Seymour Hoffman, Lancaster Dodd) la salvezza e la conoscenza dell’essere di ognuno, di sé stessi, con i relativi benefici che questa “coscienza” porta.
“Siamo malati perché questa malattia viene da molto lontano, e curarla partendo dalle vite passate può essere il rimedio più efficace rispetto alla medicina odierna per curare il mare durante questa vita”, è una delle idee che vengono esposte da Lancaster Dodd, il leader de “La Causa”, il movimento filosofico - religioso di cui si parla nel film.

Una delle cose positive della sceneggiatura e della regia di Paul Thomas Anderson è che non si prendono posizioni di giudizio su quanto i protagonisti compiono, ma anzi sottopongono la forza e le debolezze dei due personaggi e delle loro idee e azioni, per quel che sono. Ognuno di noi troverà delle verità, delle falsità risibili, delle incongruenze, ma ciascuno secondo il proprio grado di conoscenza.

Infine, la sottolineatura degli aspetti Freudiani della psicologia di Freddie Quell e Lancaster Dodd, raccontati senza fronzoli né imbarazzi, a cominciare dalla sessualità, per finire al rapporto con il padre, la madre, le ragazze amate e il contesto lavorativo e sociale.

Non per tutti, ma chi saprà amare questo film, probabilmente si ritroverà presto ad adorarlo.

Federico Armeni

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