Tecnologia e psicologia: l’amico del cuore è il social network

Una volta si parlava del migliore amico. Dell’amica del cuore, a cui confidare pensieri e segreti.

I tempi cambiano.

Oggi, si parla del Gruppo di amici, quasi come a scongiurare il rapporto uno a uno tra pari. Esatto, questa la tendenza del nuovo secolo tra gli adolescenti.

Quanti di noi avranno trovato conforto dalle incomprensioni con gli adulti, dal disagio con i compagni nell’amicizia di uno, massimo due amici veri, stretti e intimi?

Oggi la reazione al disagio è nel gruppo. Lo si forma, ci si inserisce, ci si chiude talvolta.

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Le ricerche sociali in questo senso parlano chiaro,  lo studio, intitolato “Adolescenti e Socialità” è stato realizzato dalla Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza e dall’Associazione Laboratorio Adolescenza, seguendo un filone già avviato dalla Società Italiana di Pediatria su “Abitudini e Stili di Vita degli Adolescenti Italiani”, al momento, riguarda solo la situazione italiana ma confrontandola con altri Paesi si nota che non ci sono sostanziali differenze col resto del mondo.

E  se in Giappone è già un allarme sociale importante, con un nome preciso: la Sindrome di Hikikomori, ovvero la malattia “degli isolati” e colpisce i giovanissimi ma anche i ragazzi tra i 20 e i 30 anni, in Italia si guarda al fenomeno Social con uno sguardo diverso.

Dall’ultima istantanea degli adolescenti italiani che emerge dall’indagine svolta su un campione nazionale di 2000 studenti di terza media, risulta un’immagine in cui la Rete può anche rappresentare un pericolo, con la stessa % di giovani che assume comportamenti “a rischio” quando naviga sul web, come il dare informazioni personali a sconosciuti.

Dalla ricerca emerge anche come gli smartphone abbiano sorpassato i pc quali strumenti per collegarsi in rete aumentando così le difficoltà di controllo da parte dei genitori. Tanti amici, ma l’amico del cuore sembra scomparso, l’85,5 % degli adolescenti intervistati dichiara infatti di avere molti amici mentre solo l’11,8% dei maschi e il 13,6 % delle femmine dichiara di averne pochi.

La novità è che per 1/3 degli intervistati Internet rappresenta oggi un canale per creare nuove amicizie che diventano poco “reali”. L’adolescente, si evince da questo spaccato, più che in passato soffre il confronto e fatica ad assumersi le responsabilità delle sue scelte. Per questo delega volentieri questa responsabilità al gruppo, nel quale si sente protetto.

Un altro elemento rilevante risulta dato dal fatto che il 50% del campione afferma di compiere azioni che considera rischiose. Una buona parte lo fa consapevolmente per il piacere che ne deriva, mentre il 5 % lo fa proprio per avere maggiore considerazione all’interno del gruppo. Tra le azioni ci sono guidare il motorino o la bici in modo spericolato, non allacciarsi le cinture di sicurezza, bere vino e superalcolici, fumare.

La propensione al rischio è da un certo punto di vista insita nei comportamenti di un adolescente. Ma ciò che riuslta essere indicativo è da un lato l’anticipazione del fenomeno, dall’altra il fatto che oggi, i ragazzi abbiano a disposizione strumenti potentissimi che possono, se non gestiti correttamente, aprire a nuovi rischi.

Un po’ complice Facebook, dove sei “qualcuno” solo se hai centinaia di contatti, i ragazzini valutano la vera amicizia come il confondersi all’interno di una moltitudine di persone.

Buona parte degli adolescenti dichiara di usare Internet per fare amicizia, anche se distingue bene tra “amici reali” e amici virtuali. Internet aiuta sia a crearsi una cerchia di conoscenze “da schermo” sia a incontrare gente fisicamente, davvero. Solo che ci si incontra in massa. Difficilmente si stringono rapporti con una persona in particolare ma ci si dà appuntamento nel gruppo. In un’era segnata anche dal bullismo, “fare gruppo” è anche una forma di difesa. L’uno che si annulla nel tanti si sente sicuro e inattaccabile. Ma in questo modo si evita di combattere le paure e le insicurezze, che una volta invece sparivano grazie alla confidenza con l’amico del cuore.

Ancora una volta sono le famiglie, la scuola e il mondo degli adulti che dovrebbero cercare di ristabilire un sano equilibrio.

Contributo Editoriale Dott.ssa Lavinia La Torre Psicoterapeuta Psicologa Bologna

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