Surfing Voice un Progetto di Antonio Rinaldi

Dopo l’eccezionale esperienza di “The Resumption Project”, il surf-camp terapeutico per “bambini speciali” e le loro famiglie svoltosi lo scorso agosto, Antonio Rinaldi – psicologo e rider del team Billabong Italia – ha istituzionalizzato il suo lavoro in questo campo dando vita a “Surfing Voice”.

 

Surfing Voice è un progetto in cui far confluire e attraverso il quale dare continuità alle sue esperienze come istruttore di surf/terapeuta al lavoro con bimbi affetti da autismo e da altri disturbi comportamentali. Surfing Voice è rivolto a tutti, grandi e piccoli come strumento di sostegno psicologico indipendentemente da un disturbo, anche solo per lavorare su aspetti quotidiani come una maggior autostima o un umore depresso.
Con Antonio nel ruolo di psicologo che invece di ricevere in studio le persone le accoglie sulla spiaggia, tra le onde.
Tra le molte espressioni del surf, questa alla quale Antonio sta dedicando i suoi studi e la sua attività ci sembra, di gran lunga, una delle più eticamente nobili e progressive. Per questo, come Billabong, abbiamo sin dall’inizio garantito ad Antonio il nostro supporto e stiamo progettando assieme a lui sviluppi ad ampio raggio del progetto. Al tempo stesso, vorremmo che la paternità morale dell’iniziativa fosse a lui riconosciuta, in quanto artefice principale dell’idea.  Anticipiamo oggi, insieme a lui, alcuni aspetti del progetto, in attesa di ufficializzare i dettagli dell’iniziativa quanto prima. Grazie per l’attenzione che vorrete dedicare a “Surfing Voice”. - Billabong Italia

Più info: http://www.myspace.com/593263452

 

Nota introduttiva di Antonio Rinaldi

Nel lontano 1877 Capitan Cook annotò sul suo diario di bordo a Tahiti: “…Mentre osservavo quell’indigeno penetrare su una piccola canoa le lunghe onde a largo di Matavai Point, non potevo fare a meno di concludere che quell’uomo provasse la più sublime delle emozioni nel sentirsi trascinare con tale velocità dal mare…”; con questa citazione storica posso riassumere ciò che per me sta alla base del connubio “surf-psicologia”.

Le forti e profonde sensazioni che si provano nell’entrare in sintonia con l’elemento “acqua in movimento/onda”, son difficilmente descrivibili se non nella loro forte componente di auotostima e fierezza che contraddistingue ogni sfida nella quale ci imbattiamo.

L’onda è una massa d’acqua spostata da una linea di energia che si propaga dall’origine della perturbazione e si dirige verso la costa, immaginiamoci una slavina rotolare sotto il pelo dell’acqua per miglia e miglia fino a quando nell’avvicinarsi alla costa, incontrando un fondale più basso, di colpo facesse alzare e frangere l’onda; in quel punto per un surfista si fa il surf, lì un piano orizzontale diviene un muro verticale sul quale poter compiere manovre e cercare “coperture tubolari”, come in una danza il surfista assecondando i movimenti dell’onda, sentendo il suo andamento, dovrà cercare di allinearsi a questa per comprenderla e per farsi comprendere.

Il surfing come una relazione con qualcosa di animato, di non umano, che ci porta ad esser attenti al nostro io nel porci all’altro, riguardo alla propriocezione (percezione del proprio corpo), riguardo all’accorgersi dello stato d’animo con il quale stiamo affrontando la situazione; in acqua tutto avviene molto velocemente, non c’è tempo per calcolare, pagaiare su un’onda e cavalcarla è questione di attimi, è istinto, è sentire, come nel confrontarsi con qualcuno, se pensassimo a come porci invece che cercar di sentire le sue emozioni, risulteremmo, oltre che impostati e innaturali, poco empatici e per questo non in sintonia con lui.

Fare surf come un modo per ascoltare se stessi, nel silenzio, tra profumi e colori che solo un mare fuori stagione può regalare, un’occasione per specchiarsi in un ossimoro di estrema libertà e invisibili regole per imparare a leggere un’onda, per conoscerla, per plasmarsi ad essa, per anche solo per un attimo confondersi con essa divenendone parte.

Per questa mia lettura del surfing e per altri fondamentali aspetti come l’ascolto del corpo sulla spiaggia nell’attenzione al respiro, da tempo utilizzo per me stesso e per gli altri, il surf da onda come strumento di sostegno psicologico, il progetto Resumption per bambini speciali e le loro famiglie ne è stato l’esempio più palese: in esso l’obiettivo era utilizzare l’attività del surfing non solo per queste caratteristiche appena sopra elencate, ma soprattutto essendo uno sport mai vissuto prima dai piccoli, poter dimostrare che con una adeguata metodologia di insegnamento che tenesse conto delle loro peculiarità e predisposizioni, essi avrebbero raggiunto visibilmente competenze e sorpassato limiti che nel quotidiano vivere, poco motivante e poco chiaro, di attività, sembrano confermare tutti quei deficit che una errata lettura dell’etichetta diagnostica sembra destinarli a non abbandonare mai.

Per questo sentire, è nato “Surfing-Voice”, per qualsiasi persona voglia concedersi l’opportunità di sentire se stesso, i propri blocchi emotivi, le proprie paure o desideri profondi, facendo qualcosa al di fuori dei tradizionali schemi, vedendo la spiaggia e le onde come un rifugio per la propria anima.

 

Foto by: Elisa Cerboneschi
Rider: Antonio Rinaldi

 

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