Suicidi e disagio sociale nella provincia di Imperia: intervista al …


L'aumento degli ultimi anni, le possibili spiegazioni, il suicidio visto da uno dei più illustri psicologi italiani. Che cosa scatta nelle persone e come si può aiutarle.

Il dott. Roberto Ravera, primario della Struttura Complessa di Psicologia dell'ASL 1.

Il periodo a cavallo tra il 2014 ed il 2015 è stato funestato a Sanremo da diverse morti, molte delle quali per suicidio. L’argomento è molto delicato, ce ne rendiamo conto, soprattutto per chi ha subito il dolore di queste tragedie. Abbiamo cercato di affrontare il tema da un punto di vista analitico, insieme ad un illustre professionista della provincia di Imperia, il primario della Struttura Complessa di Psicologia dell’ASL 1, il dott. Roberto Ravera. 

Nella riviera dei fiori c’è un aumento dei casi di suicidio? Anche se con tutte le cautele del caso  possiamo affermare che il problema esiste. Ma è anche un fenomeno globale nel mondo occidentale se pensiamo ai tassi di suicidio in Giappone e in Sud Corea e che negli Stati Uniti dal 1999 al 2010 c’è stato un incremento di quasi il 50%. Non c’è ovviamente una causa sola e lungi da me entrare nello specifico dei singoli casi, ma la frantumazione dei legami è una delle ragioni  principali, la più prevalente".

Su scala provinciale sono in aumento le richieste di aiuto o gli interventi dello psicologo? “Da diversi anni registriamo un notevole incremento di pazienti. Molti di loro hanno problemi che riguardano la sfera emotiva e relazionale. Tanti sono minorenni ma è un campo estremamente eterogeneo senza limiti d’età e che colpisce  tutte le classi sociali. Gli aspetti prevalenti riguardano la componente ansiosa, una costante nella vita delle persone, legata allo stress ed alle performance che vengono chieste. In questi casi subentrano anche le condizioni di relazione, la solitudine, piuttosto che la separazione,  il lutto, la perdita del posto di lavoro”. 

Le persone come affrontano questa vita che diventa sempre più difficile? “Il consumo delle sostanze stupefacenti e l’abuso di alcolici, le dipendenze della sfera ludica, come il gioco d'azzardo, l’abuso di farmaci, rappresentano uno dei classici tentativi di autoterapia, una specie di suicidio sociale, che dovrebbe lenire la sofferenza del vivere. Ma diventa anche un suicidio fisico se pensiamo ai tanti casi di overdose che ancora oggi sono presenti sul nostro territorio. Purtroppo a Sanremo, che storicamente ha avuto il primo caso in Italia di decesso per overdose alla fine degli anni settanta, negli anni 80’ e 90’ vi sono stati moltissimi casi di queste morte silenziose;  noi operatori che lavoravamo in prima linea pensavamo che tutte queste morti fossero in realtà delle forme di suicidi indiretti. Costoro sono le persone che per abitudini o condotte sono 'close to the edge', ossia sul ciglio del baratro, che non vogliono riconoscere di fiancheggiare le vie dell’oscurità, dove perdersi è molto facile”. 

Esistono quindi più tipi di suicidio? Potremmo dire che si manifesta in modi differenti anche se alla base vi è una sofferenza, un dolore e, spesso, una rabbia che non si riesce a canalizzare in altro modo. Non dimentichiamo che oggi si parla sempre più frequentemente di forme di suicidio distruttivo come quello legato al terrorismo che, pur velato da una credenza religiosa e ideologica, nascondono la rabbia deflagrante di chi non conosce altro modo per rappresentare le proprie istanze”.

 La società come concorre in questa situazione di disagio personale? "C’è un corpo sociale che è in crisi, e non solo per la quello che accade da un punto di vista economico, ma perchè si stanno rifondando valori e legami che riguardano le regole del vivere sociale. Tutto cambia e anche velocemente, ma ancora non si è capito in che direzione si stia andando. Certo, se lo stato taglia e rinuncia ad ampie porzioni del Welfare questo diventa un problema. Per molti anziani è difficile vivere in solitudine e mantenersi e talvolta può essere molto facile sprofondare nelle spirali depressive e suicidarie. Possono esistere momenti della vita dove si può pensare che il suicidio possa essere la soluzione,  ma se ci sono dei punti di riferimento capaci di fare aprire gli occhi e ritrovare lucidità questo si può evitare. Ci può essere l’aiuto di parenti, di amici e conoscenti, ma anche di persone che hanno un ruolo di riferimento, come operatori sanitari, sacerdoti e buoni maestri di vita. A volte anche la voce di uno sconosciuto può evitare che la persona si tolga la vita. In alcuni Stati del Nord America, esiste il National Suicide Preventing Lifeline, una linea telefonica dove si può trovare una voce amica e che in molti casi ha evitato che dall’altro capo della cornetta una persona si togliesse la vita".

Chi pensa di togliersi la vita come percepisce il gesto? "A volte è un gioco d’azzardo, un raptus che indica l’insostenibilità del dolore, la mancanza di vie d’uscita, il giudizio sociale e personale. Viviamo, come dicevo, in un clima di grande incertezza e forse siamo diventati sempre meno tolleranti alle frustrazioni.  Mi sento di affermare che il rating del suicidio va di pari passo con l’inceidenza sempre più marcata di omicidi in ambito familiare. Credo che siano aspetti che nascono tutti dalla medesima radice disperata e disperante, al quale non vi è né argine e né ragione. Nel suicidio, come mi hanno riferito pazienti che hanno tentato di togliersi la vita, vi è un dialogo interiore dove vita e morte cercano di guadagnare spazi. Il problema è che talvolta vi è un momento dove l’equilibrio si rompe e si arriva al passaggio all’atto. Ma fino all’ultimo può esserci il ripensamento ed è per questo che dobbiamo essere capaci di prevenire e ascoltare i campanelli d’allarme che sono presenti nelle persone.  

Chi sta attraversando una crisi personale come può farsi aiutare? "Prima di chiedere aiuto queste persone hanno bisogno di riconoscere di avere bisogno di aiuto. Generalmente è proprio l’isolamento psicologico che crea la premessa fondamentale. Noi siamo esseri sociali e abbiamo bisogno di rispecchiarci nella mente altrui. La crisi esistenziale è più affrontabile se troviamo aiuto e conforto,  è da questo primo terreno dove poi si costruisce e fiorisce il cambiamento. Grazie ad un amico, al marito, al fratello, al prete, all’allenatore o al terapeuta. Nella nostra provincia esistono gli ambulatori di servizi di salute mentale che sono in prima linea per affrontare le crisi da un punto di vista psichiatrico. Poi ci sono i consultori o il servizio di psicologia che in qualche modo sono presenti dal punto di vista dell’operatività per coloro che hanno necessità. Ma credo che vi siano molte persone di buona volontà che in silenzio e senza tanti proclami, sanno farsi carico del fardello delle altre persone. E’ importante che ci siano sempre le risorse per mantenere servizi sociali e sanitari per l’aiuto alle fragilità e vulnerabilità, perché questi presidi possono salvare la vita di tanti nello stesso modo in cui accade in chirurgia o in rianimazione. Ma alo stesso tempo è tutto il corpo sociale, fatto delle singole persone, che deve riconoscere il senso della solidarietà e non esaltare il senso narcisistico di un individuo tutto votato al raggiungimento del proprio personale benessere. Dare spazio a questa rete sociale di aiuto, di rispetto, di ascolto e di carità, costituisce già di per sé la prima vera prevenzione ai suicidi”. 

A fronte di tutto quello che abbiamo detto c’è un consiglio che si sente dare? "C’è ancora una riflessione più professionale che vorrei fare. Dobbiamo imparare tutti quanti a vincere la reticenza ad andare dallo ‘strizzacervelli’ che non vuol dire che si è matti. Chi viene nei nostri ambulatori ha disturbi funzionali ed emotivi che sono curabilissimi ma che non vanno sottovalutati perché alla lunga possono costituire un’importante interferenza rispetto alla qualità di vita".

Stefano Michero

Leave a Reply