Sinue Bernasconi, studente in Psicologia clinica e membro CIRCA

Il disinteresse diffuso di gran parte dei politici ticinesi riguardo al tema cannabis lascia basiti. Non tanto per il fatto che non lo trovino una priorità: vi sono sicuramente questioni di vitale importanza per il nostro Cantone (vedi mobilità, rilancio dell’economia, campagna a favore del Raddoppio del Gottardo, etc.) che meritano di assorbire buona parte delle energie e dell’impegno dei nostri politici. Ciò che però fa rabbia è il fatto che si banalizzi un tema che merita di essere approfondito; non liquidato con un secco “non è una priorità”.

Cosa si cela dietro a questa mancanza d’interesse sul come gestire meglio – come Stato – la problematica del consumo di cannabis? La risposta è semplice: una mancanza di conoscenza e approfondimento del tema. È questo il motivo che ha spinto molti dei capigruppo in Gran Consiglio a optare per una non entrata in materia. Almeno, voglio convincermi che questa sia l’unica spiegazione possibile. Perché se uno si desse la briga di approfondire – anche solo minimamente – la questione cannabis si renderebbe immediatamente conto che il tema è tutt’altro che secondario. Difatti, la cannabis, una sostanza demonizzata da decenni, è considerata illegale principalmente per delle ragioni storiche, sociali e politiche; non mediche. Grazie alla regolamentazione e all’informazione oggettiva e scientifica vi sarebbero innumerevoli vantaggi (ma anche – ovviamente – diversi punti interrogativi e questioni delicate a cui, insieme, dovremo trovar risposta). Ne cito solo alcuni, per rendere l’idea di quanto il tema cannabis sia più prioritario di quanto ritenga la maggior parte dei politici ticinesi.

Salute pubblica! - Il 91% dei campioni di marijuana analizzati in uno studio commissionato dall’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) era contaminato da sostanze altamente nocive, come metalli pesanti, batteri e pesticidi (Pinorini, 2015). Queste sostanze tossiche provocano gravi danni ai sistemi nervoso, immunitario e respiratorio. In Svizzera, il 41% delle persone partecipanti a un’inchiesta (N = 5’133) aveva fatto uso di cannabis l’anno precedente (Global Drug Survey, 2014). Nella fascia d’età 20-34 anni, una persone su due – nel corso della sua vita – aveva fatto uno di cannabis (sempre in Svizzera; UFSP, 2015). Nella Svizzera italiana, invece, i consumatori di cannabis sono quasi 15mila (UFSP, 2015). Sapendo che, in Svizzera, quasi il 70% di chi fa uso di cannabis si rifornisce presso il mercato nero (Global Drug Survey, 2014), e tenendo conto delle cifre snocciolate dalla Dottoressa Pinorini, secondo i miei calcoli in Ticino vi sono quasi 10mila persone che ogni anno fumano veleno! E poi ci chiediamo come mai i premi di cassa malati continuino, inesorabilmente, ad aumentare…

Meno repressione e più prevenzione! - Sia per ridurre i costi socio-sanitari indotti da un consumo problematico (e dalla cattiva qualità dei prodotti) che per destigmatizzare e decriminalizzare i consumatori. L’approccio più efficace per dissuadere dal consumo è fondato sull’informazione e sull’instaurazione di un rapporto di fiducia e vicinanza tra personale adibito alla prevenzione e consumatori; non sulla persecuzione e sul giudizio morale. Circa il 50% del budget investito nella politica dei 4 pilastri viene consacrato alla repressione, contro un misero 3,5 investito nella prevenzione. Riequilibriamo dunque le risorse investite nei 4 pilastri – repressione, prevenzione, riduzione del danno e terapia – puntando maggiormente sugli ultimi tre!

Creiamo posti di lavoro! - Almeno un disoccupato su cinque potrebbe potenzialmente trovare lavoro grazie alla regolamentazione (professioni legate a produzione, vendita, sicurezza, prevenzione, trasporto, etc.

Più entrate per lo Stato! - In Ticino, se passassimo da un mercato nero a uno regolamentato, vi sarebbero maggiori entrate annue di 7-9 milioni per le assicurazioni sociali e fino a 21 milioni in più di gettito fiscale (ACRT, 2014). Osservando le previsioni sull’andamento dell’AVS (deficit di circa 55 miliardi entro il 2030) e il disavanzo cantonale a preventivo per il 2016 (88 milioni) forse un pensierino…

Più coerenza e credibilità! - La cannabis è 114 volte meno mortale dell’alcool (Lachenmeier Rehm, 2015). In termini assoluti, l’alcool è ogni anno responsabile di 3,3 milioni di decessi nel mondo (OMS, 2012). Pur riconoscendo il fatto che la marijuana sia nociva per la salute psicofisica (e.g. schizofrenia) non ho mai sentito di nessuno che sia “morto di cannabis”. Sarà che non leggo spesso i giornali?

NO alla violenza! - Non lo scopriamo oggi, il proibizionismo genera violenza. Ad esempio, in Messico, la narcoviolenza e la lotta ai cartelli ha provocato sino ad oggi circa 80mila morti e 20mila dispersi (El País, 2015). La Svizzera è il terzo Paese (sugli 11 analizzati) in cui si è maggiormente espositi alla violenza durante l’acquisto di cannabis (Global Drug Survey, 2014). Via Odescalchi (Chiasso) dovrebbe far riflettere i nostri politici…

Un colpo basso al crimine organizzato! - La cifra d’affari annuale legata alla cannabis ammonta, in Svizzera, a 1 miliardo di franchi. Soldi di cui dovremmo riappropriarci, come Stato e come cittadini, anche per sottrarre linfa vitale al crimine organizzato, che gonfia artificialmente il prezzo delle sostanze e prolifera grazie al quadro legale vigente (cf., LStup). Ad esempio, in Svizzera, il prezzo dell’eroina è 32 volte superiore rispetto al suo valore “reale” (Venturelli, 2015). Non per nulla Milton, premio Nobel per l’economia, affermava: “il proibizionismo sulla cannabis è un sussidio del governo al crimine organizzato”.

SI alla libertà, allo sviluppo della personalità e alla responsabilità individuale! - Il proibizionismo sulla cannabis è una limitazione della libertà individuale nonché dello sviluppo e dell’espressione della personalità (cf. art. 8 Costituzione cantonale). In Messico, la regolamentazione è avvenuta anche grazie alla Suprema Corte de Justicia de la Nación, che, richiamando i suddetti principi contenuti nella Costituzione messicana, ha dato il via libera alla regolamentazione della cannabis ricreativa.

Sono convinto che grazie a una Commissione di esperti creata ad hoc (sulla falsariga di quella già esistente nel Canton Ginevra e presieduta da Ruth Dreifuss), il Canton Ticino sarà in grado di condurre un progetto pilota in materia di regolamentazione della cannabis professionale, equilibrato e coerente, nell’interesse di tutta la collettività. Perché il proibizionismo sulla cannabis, come lo è stato quello sull’alcool negli USA, non tocca solo i consumatori, ma interroga la società nel suo profondo. Mette in discussione i principi stessi di libertà e di responsabilità individuale, anteponendo un’utopistica “protezione” del cittadino fondata, anche, sulla repressione e sull’inculcamento di mezze verità (che portano ad esempio alcuni giovani a credere che tutte le droghe illegali siano ugualmente pericolose, o che le droghe legali non lo siano tanto quanto quelle illegali, etc.). La via maestra per identificare precocemente i casi di consumo problematico (e, se necessario, il loro conseguente orientamento verso un percorso terapeutico) è rappresentata dalla prevenzione. Per fare prevenzione ci vuole un contatto diretto, informale e orizzontale (cf. i programmi di prevenzione fondati sulla peer education). Tramite il proibizionismo spingiamo, invece, chi avrebbe bisogno di un sostegno a frequentare un ambiente, quello dello spaccio, altamente criminogeno e promotore del passaggio ad altre droghe, più pericolose, e la cui vendita apporta un maggior profitto alla criminalità.

Leave a Reply