Selfie, perché li facciamo?

Farsi una foto e postarla sui social network: un fenomeno che ha dato vita al neologismo “selfie”. Una ricerca italiana cerca di scoprirle perché si scattano

Giorgio Baratto

Pubblicato

novembre 7, 2014

*SupersizeContenuto forte: è lungo, ma vale la pena

Tutti gli stickers

supersize
Uno scatto che ha fatto discutere. Il presidente Obama, la Prima Ministra danese e il primo ministro inglese Cameron al Memorial per Nelson Mandela. (foto AFP/Getty Images)

Uno scatto che ha fatto discutere. Il presidente Obama, la Prima Ministra danese e il primo ministro inglese Cameron al Memorial per Nelson Mandela. (foto AFP/Getty Images)

Selfie è da poco entrata nel vocabolario più popolare italiano, lo Zingarelli 2015. E a confermare l’importanza di quegli “autoscatti” che ci facciamo per poi poterli condividere con i nostri amici sui social network, una ricerca degli psicologi dell’Università Cattolica di Milano ha cercato cosa si nasconde dietro una selfie, quali sono le motivazioni che ci spingono a scattarlo.

Bisogna dire che questa non è la prima ricerca volta a svelare l’arcano, ne sono già state fatte negli Stati Uniti (dove è nata la moda di farsi selfie durante i funerali di un amico o parente) e in Gran Bretagna, ma quella di cui parliamo è la prima a prendere in considerazione gli utenti italiani che, come spiega Giuseppe Riva, docente di Psicologia della Comunicazione e Psicologia e Nuove Tecnologie della Comunicazione presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, hanno un rapporto diverso con la tecnologia rispetto agli anglosassoni.

funeral selfie

In Italia abbiamo una relazione più affettiva con il mezzo tecnologico, pensiamo a quanto lo smartphone sia lo strumento principe per andare su Internet e come diventi il centro della nostra vita affettiva/relazionale. Il social diventa l’equivalente virtuale dei luoghi di aggregazione del passato, facilitato dal fatto che ognuno può disporre di questo luogo virtuale a casa propria, o da qualsiasi parte si trovi.”

La ricerca è volta a rispondere a tre principali quesiti:

1) Comprendere perché le persone si fanno selfie;

2) Se ci sono differenze tra uomini e donne per quanto riguarda questa pratica;

3) Analizzare le possibili caratteristiche psicologiche, dal punto di vista della personalità, delle persone che si fanno selfie.

Il campione preso in esame è composto da 150 persone con un’età media di 32 anni (il 35% uomini, il 65% donne). E i risultati preliminari hanno dato delle indicazioni precise. Le selfie si fanno principalmente “per far ridere e divertire gli altri” (39%); “per vanità” (30%) e per “raccontare un momento della propria vita” (21%).

È risultato anche che sono le donne a farsi più selfie rispetto agli uomini, mentre per quanto riguarda le caratteristiche psicologiche di chi si fa una selfie, Giuseppe Riva ha precisato: “Le persone che si fanno selfie, rispetto a coloro che non se le fanno, appaiono significativamente più estroverse e più coscienziose. Inoltre, essere molto estroversi si associa a un maggior utilizzo delle selfie per mostrare agli altri “come ci si sente”, mentre essere molto coscienziosi si associa al non essere particolarmente interessati ai commenti degli altri alle proprie selfie, positivi o negativi che siano.”

(Foto: The Bull Pen / Flickr CC)

(Foto: The Bull Pen / Flickr CC)

Oltre all’aspetto psicologico, in Gran Bretagna hanno associato le selfie a una sorta di autoritratto inteso a mostrare la propria personalità, modificabile anche grazie ai molti filtri disponibili. Quasi come se noi stessi potessimo dire di più di quanto non sarebbe in grado di fare un fotografo professionista.

“Una selfie non può essere paragonata alla fotografia professionale”, ci dice Franco Principato, fotografo professionista milanese. “La selfie è fatta velocemente quasi senza pensare al risultato estetico: sembra essere legata allo stato d’animo del momento e alla dose di protagonismo di chi la fa.

Anche se non ci sono dubbi che una selfie sia in grado di rappresentare meglio la personalità di chi lo scatta e che può essere riconosciuta dai propri amici sui social. “Una selfie, a volte, può dire di più di una persona di quanto possa fare un fotografo professionista, soprattutto per quel che riguarda la personalità dell’individuo”, spiega Principato. “Principalmente perché viene bypassato il problema della presenza di un estraneo, il fotografo, appunto, che potrebbe fuorviare la spontaneità della persona ritratta.”

La foto, messa su Twitter dalla conduttrice, è diventata il contenuto più retwittato della storia

La foto, messa su Twitter da Ellen DeGeneres è diventata il contenuto più retwittato della storia

Ma esiste anche un risvolto negativo legato alle selfie, secondo la ricerca effettuata dalla dottoressa Terri Apter dell’Università di Cambridge, Inghilterra, che riguarda soprattutto i giovani. “Gli adolescenti vivono quell’età in cui cercano di definere chi sono realmente, ciò che vogliono essere. Possono provare a sviluppare diverse identità e possono esserci dissonanze tra cosa vogliono essere e chi sono nella realtà. Con le selfie hanno l’opportunità di dire al Mondo ‘Io sono così!’, ma pochi mesi dopo possono rendersi conto che si sbagliavano e provare vergogna per quello che hanno fatto”.

Insomma, una selfie, spesso sminuita come un semplice “autoscatto” dell’era digitale, nasconde molte più incognite di quanto si possa immaginare quando si preme il tasto della fotocamera.


Licenza Creative Commons


This opera is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 3.0 Unported License.

nbsp

Open all references in tabs: [1 - 10]

Leave a Reply