Selfie, le donne ne fanno di più. "Far divertire" e "vanità" le …

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Una ricerca condotta dalla Fondazione Ibsa e dall'Università Cattolica spiega le motivazioni alla base del gesto. L'autoscatto è più amato dagli estroversi, il mondo femminile è più attento ai commenti sui social

Selfie, le donne ne fanno di più. "Far divertire" e "vanità" le motivazioni più gettonate

MILANO - A tutti noi è capitato almeno una volta di cadere nella tentazione del selfie, quell'autoritratto fotografico realizzato principalmente attraverso uno smartphone, un tablet o una fotocamera digitale. Immagini che realizziamo quasi sempre per condividerle sui social network aspettando che qualcuno commenti la nostra 'performance' fotografica. Persino i politici non disdegnano i selfie e anzi spesso diventano un modo per veicolare la propria immagine sui social o lanciare un particolare messaggio (ultimamente ha fatto molto discutere il selfie ad Arcore con Luxuria, Berlusconi e Pascale). Ma cosa ci spinge a farci un selfie? Prova a spiegarlo una ricerca realizzata dalla Fondazione Ibsa e dall'Università Cattolica del Sacro Cuore presentata a Milano al convegno: “Mente e social media: come cambia l’individuo?”. Dalla ricerca emerge che il motivo principale per cui i selfie spopolano su profili e pagine personali nei social network è "per far divertire gli altri" nel 39% dei casi, mentre ammette di farli per vanità un 30% dei soggetti, insieme a un 21% che li fa per "raccontare un momento della propria vita". Secondo lo studio le persone si fanno i selfie non tanto per esprimere come sono o come si sentono (identità, aspetti interiori) bensì per raccontare agli altri con chi sono, dove sono e cosa stanno facendo (aspetti esteriori). Le 'regine' dei selfie sono le donne che si fanno più selfie degli uomini, ma risultano più interessate alle motivazioni interiori (“mi faccio selfie per mostrare come sono e come mi sento”). Inoltre gli esponenti del gentil sesso hanno affermato di sperare maggiormente di ricevere commenti positivi dagli amici sui social network, e anche di temere maggiormente di ricevere commenti negativi dagli altri. La ricerca è stata effettuata su 150 partecipanti (35% maschi, 65% femmine), con età media di 32 anni, che hanno completato un questionario sui dati anagrafici: uno sul loro utilizzo di social media, sull’attività del selfie e sulle motivazioni associate ad esso. A loro è stato sottoposto il questionario Big Five Inventory per la misurazione dei tratti di personalità. "Le persone che si fanno selfie - spiega Giuseppe Riva, docente di Psicologia della Comunicazione e Psicologia e Nuove Tecnologie della Comunicazione presso l'Università Cattolica - rispetto a coloro che non se li fanno, appaiono dalla ricerca significativamente più estroverse (più socievoli ed entusiaste, caratterizzate da elevate capacità sociali) e al contempo più coscienziose, ovvero più caute e capaci di controllarsi, con la tendenza a pianificare le proprie azioni piuttosto che ad agire di impulso". Non c'è dubbio che una certa componente narcisistica sia alla base di questo fenomeno. Ma dalla ricerca emerge che il selfie è particolarmente amato dagli estroversi. Essere molto estroversi si associa a un maggior utilizzo dei selfie per mostrare agli altri "come ci si sente", mentre essere molto coscienziosi si associa al non essere particolarmente interessati ai commenti degli altri ai propri selfie, positivi o negativi che siano. Ma attenzione, se non si è 'coscienziosi' il selfie rischia di tramutarsi in un boomerang, andando ad alimentare il proprio aspetto nevrotico o l'instabilità emotiva, tipica di persone che tendono a provare emozioni negative come rabbia e tristezza. Caratteristiche che si associano significativamente all'essere particolarmente preoccupati dalla possibilità di ricevere commenti negativi. "Un selfie", spiega Giuseppe Riva, "è da considerarsi differente da un semplice 'autoscatto', il quale non prevede la componente social della condivisione, e anche da un self-shot, termine che nel contesto dei nuovi media è arrivato a identificare le fotografie di se stessi a tema erotico". All'incontro erano presenti anche Gianni Riotta, giornalista e scrittore, e Kate Davis, professore associato all’University of Washington Information School. "Le app e le altre tecnologie multimediali - ha sottolineato Kate Davis - di per sé non inducono la gente a comportarsi in un certo modo, è l'interazione tra tecnologia e società che incoraggia certe forme di comportamento, auto-espressione e comunicazione, come allo stesso tempo come ne scoraggiano altri".  

30/10/14 11:20

repubblica

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