Segni tra le pagine

Il Nobel al Continente della pace All’insegna di questo prestigioso riconoscimento si apre, con l’articolo di Pasquale Ferrara a pagina 3, il n. 20 di "Città Nuova". Ma «il Nobel per la Pace all’Unione europea stride, in particolare, con le rappresentazioni – irresponsabili oltre che infondate – delle modalità per fronteggiare la crisi del debito nell’Eurozona come una sorta di “surrogato” di una nuova “guerra europea” […]. Per sommo contrasto, nella motivazione del Nobel si afferma che l’Unione europea rappresenta, oggi, proprio quella “fraternità tra le nazioni” preconizzata da Alfred Nobel. Prendiamolo, quanto meno, come un bel programma da realizzare».
Un programma che passa anzitutto, specialmente in Italia, per la Lotta alla corruzione. E non si tratta solo dei nomi noti di Belsito, Lusi e Fiorito, perché – ricorda Paolo Lòriga a pag. 4 – «sono 90 i parlamentari indagati […] condannati o arrestati per corruzione, concussione, truffe e abuso d’ufficio. Sono circa 400 gli amministratori locali coinvolti da inchieste giudiziarie per gli stessi reati». Come è stato rilevato in una relazione della Corte dei Conti, «per effetto degli “accordi corruttivi” i costi delle opere pubbliche subiscono un incremento del 40 per cento, che ricade sui contribuenti […]. Se il rispetto della legalità costituisce un bene per tutti, c’è bisogno di un concorso di fattori che aiutino a ritenere la corruzione un vero e proprio cancro per l’integrità del corpo sociale».

Proprio sul Primato delle regole si sono confrontati i capi di governo e ministri nell’ultima (la 67^) Assemblea generale dell’Onu. Queste le considerazioni di Vincenzo Buonuomo a pag. 12: «Se le regole sono violate, tutto è compromesso. Lo dice la nostra esperienza nel piccolo o grande mondo dove quotidianamente operiamo, quando ci ripetiamo che violare le regole significa danneggiare tutti e tutto. C’è un altro sforzo da compiere: capire che la premessa di ogni regola non è solo il rispetto, ma la condivisione dell’altro, della sua identità, delle sue esigenze, delle sue aspirazioni. Sia esso una persona, un popolo o uno Stato».

«Paula non aveva regole, nessuno le aveva mai insegnato a voler bene all’altro; ma anche noi dovevamo imparare a essere genitori»: così inizia a pag. 36 il racconto di Silvano Gianti sul cammino familiare di Matteo e Monica che, dopo aver adottato Paula (vissuta in un centro per bambini in affido) hanno progressivamente capito di essere chiamati ad Adottare come stile di vita: «La nostra esperienza ci proiettava sempre più fuori dalle mura di casa: volevamo continuare ad “adottare” i bisogni intorno a noi. Ci siamo messi in gioco ed è nato, con l’aiuto di alcuni amici, un nuovo progetto che abbiamo chiamato “Spazioaperto” […]. È nato così un tempo e un luogo dove chiunque può accogliere ed essere accolto, senza pregiudizi, ed essere un dono per l’altro».

È proprio quanto intendono fare, «in un momento in cui mancano i soldi, nel mezzo di una tempesta che consiglierebbe di non esporsi per cercare di sopravvivere», un gruppo di Imprenditori italiani per un’Economia di Comunione (Aipec) che si è appena costituito in associazione. Giustino Di Domenico a pag. 34 è colpito dalla «freschezza con la quale i promotori dell’Aipec si dicono convinti che solo mediante una rivoluzione culturale sarà possibile uscire da questa crisi economica e di valori e riequilibrare la distribuzione della ricchezza».

Imprenditori onesti e solidali. Gente che si mantiene sana nonostante la corruzione dilagante. «Una persona è sana se riesce a realizzarsi, e la vera realizzazione è saper contribuire alla felicità delle persone con le quali è direttamente o indirettamente in contatto»: così si esprime Enrico Molinari, docente di psicologia alla Cattolica di Milano, nell’intervista di Giulio Meazzini Sogni speranze attese, a pag. 72. «La clinica psicologica – prosegue il professore – ci aiuta a comprendere che noi abbiamo bisogno dell'altro per essere da lui riconosciuti, ma anche l'altro ha bisogno di essere riconosciuto da noi per nascere e fiorire».

Si tratta di stare Come stelle in una costellazione, proprio come sono vissute a Trento, durante il Secondo conflitto mondiale, le prime compagne di Chiara Lubich: «Era l’amore – quello con la A maiuscola – che le portava a vedere, e quindi alimentare, vestire, sanare, come unico corpo, l’umanità dilaniata che le circondava», così scrive Caterina Ruggiu a pag. 38 rievocando la straordinaria vita di Valeria Ronchetti che recentemente ci ha lasciato. «Le chiesi una volta cosa avesse imparato da Chiara agli inizi. “A vivere come… le stelle!”, fu la risposta fulminea, quanto inaspettata. “Gli astri – proseguì – percorrono la loro orbita senza scontrarsi, e insieme compongono le costellazioni. Le stelle, certo, non possono fare altrimenti. Noi siamo liberi… ma perché non vivere ascoltando quella voce che l’amore ha acceso in noi chiamandoci alla vita? Perché non vivere “come in cielo così in terra”?».
 
 

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