Se l’arma è allucinogena

Secondo lo studio di Brockmole e Witt, impugnare le armi aumenta la possibilità di vederle nelle mani degli altri.

(© Getty Images) Secondo lo studio di Brockmole e Witt, impugnare le armi aumenta la possibilità di vederle nelle mani degli altri.

Aveva in mano solo un pacchetto di caramelle e una bottiglietta di tè. Ma il vigilantes del quartiere l'ha freddato con due colpi di pistola convinto che fosse armato.
Quando il 17enne Trayvon Martin è stato ammazzato all'uscita di un negozio di Sanford, in Florida, a metà di marzo, al massimo impugnava il telefono con cui chiamare la fidanzata.
ASSUEFAZIONE DA ARMI. In molti, data la sua origine afroamericana, evidenziarono la componente razzista del delitto. Ma secondo James Brockmole, ricercatore di Psicologia dell'università della Florida, sul caso potrebbe aver influito anche la confidenza dell'assassino con le armi.
In uno studio realizzato con la collega Jessica Witt, l'esperto ha dimostrato che impugnare una pistola influenza la percezione degli oggetti attorno a noi, facendoci vedere minacce anche dove non ci sono: una sorta di assuefazione da armamenti.

L'esperimento: chi conosce bene una pistola la vede anche dove non c'è

Uno studio Usa ha dimostrato che impugnare una pistola ci vedere minacce anche dove non ci sono.

Uno studio Usa ha dimostrato che impugnare una pistola ci vedere minacce anche dove non ci sono.

La ricerca, che verrà pubblicata sul Journal of experimental psychology: humane perception and performance, si basa sulla teoria della cognizione identitaria e cioè sull'influenza che l'esperienza concreta di un individuo ha sulla sua osservazione del mondo.
Gli psicologi sanno che le caratteristiche individuali, le sensazioni e le abitudini, tutto ciò di cui abbiamo esperienza concreta attraverso i cinque sensi, modifica potentemente la nostra percezione dell'ambiente esterno.
LE ABITUDINI CI CONDIZIONANO. Diversi esperimenti hanno dimostrato, per esempio, che i giocatori di baseball vedono palla e mazza più grandi di quanto siano in realtà o che chi ha le spalle larghe percepisce le porte più strette della media.
In pratica, quanto più conosciamo un oggetto tanto più la nostra mente lo percepisce vicino, grande e lento. Brockmole e Witt si sono chiesti però se la familiarità può influire sulle forme che percepiamo e portarci, in sostanza, a vedere anche ciò che non c'è.
Per verificare la loro tesi, i ricercatori hanno sottoposto due gruppi di studenti a un test, mostrando loro una sequenza di diversi oggetti sullo schermo di un computer. Ogni frame durava 850 millesimi di secondo: giusto il tempo di individuare l'oggetto.
Un gruppo poteva premere sul mouse del computer con una pistola da videogame, l'altro con una pallina di gommapiuma. Tutti e due dovevano segnalare la presenza di armi alzando le mani. Il risultato è che chi impugnava la pistola giocattolo alzava le braccia molto più frequentemente.
IL MESTIERE DELLE ARMI. I due psicologi ammettono che l'esperimento avrebbe dovuto essere integrato coinvolgendo poliziotti addestrati per capire se la scoperta riguarda anche i professionisti dell'ordine pubblico o se la professionalità argina la deriva della cognizione.
Tuttavia il loro studio è valido nel caso di ronde, vigilantes e comuni cittadini che comprano pistole e fucili e anche per i politici che sostengono una deregolamentazione del porto d'armi.
Perché l'assassino di Trayvon Martin sostiene di aver sparato per legittima difesa. E questa scusa può diventare pericolosa.

Mercoledì, 28 Marzo 2012

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