Rooney Mara, da cerbiatta a bad girl "Non riesco a liberarmi di …

IL PERSONAGGIO

L'attrice interpreta l'eroina dark ed estrema creata da Larsson nella versione Usa di "Uomini che odiano le donne". Diversissima da lei, nell'aspetto: "E' stato eccitante calarmi nel suo look, ma alle scene di violenza e sesso estremo non ero preparata". E di se stessa, stella supermergente di Hollywood, dice: "Sono un lupo solitario con la passione per la psicologia"

di CLAUDIA MORGOGLIONE

Rooney Mara, da cerbiatta a bad girl Non riesco a liberarmi di LisbethRooney Mara a Roma (lapresse)

ROMA - Ti aspetti di incontrare Lisbeth Salander, la tostissima dark-eroina della trilogia Millennium, e ti trovi faccia a faccia con una sosia di Audrey Hepburn: occhioni allungati e dolci, nasino all'insù, capelli neri raccolti con fascia e frangetta, orecchie leggermente sporgenti. Una sorta di clone. Solo quando comincia a parlare, ti accorgi che invece Rooney Mara - protagonista assoluta della versione hollywoodiana di Uomini che odiano le donne - di quel personaggio così estremo, così borderline, non si è liberata: la voce è dura, roca, le frasi secche, senza particolari concessioni all'interlocutore. Di sorrisi manco a parlarne, in almeno venti minuti di conversazione. Un mastino coi lineamenti da cerbiatto. Senza più il look metal e i mille piercing con cui la vediamo sullo schermo, ma quasi con l'identica grinta: "Sono un lupo solitario con la passione per la psicologia", così descrive se stessa.

FOTO Rooney e Noomi, due Lisbeth a confronto

ROONEY IN PASSERELLA - IL TRAILER - LE IMMAGINi DEL FILM

Segno della identificazione in un ruolo in cui, come lei stessa ammette, "è stato facilissimo identificarsi, ma quasi impossibile uscirne". E forse non ci è ancora riuscita del tutto. Questo parallelismo con Lisbeth, del resto, le fa gioco: la giovane attrice, la più emergente dell'attuale panorama a stelle e strisce, è impegnatissima nel tour mondiale di presentazione di questo primo espisodio made in Usa della saga creata da Stieg Larsson, diretto da David Fincher. Da cui, come tutti sanno, sono stati già tratti tre film svedesi, che hanno lanciato Noomi Rapace (la precedente, indimenticabile Lisbeth cinematografica) come star planetaria. E adesso tocca a lei, la ventiseienne Rooney: finora nota solo per qualche apparizione in serie tv e per il ruolo di fidanzata di Marck Zuckerberg in The Social Network, e ora volto presente sulle copertine delle riviste patinate di mezzo mondo. Con qualche gaffe. Come quando, in un'intervista ad Allure, ha dichiarato, in riferimento alla violenza subita sullo schermo: "Sono stata sodomizzata fin dall’inizio della mia carriera in un episodio di Law Order, sapevo che avrei dovuto chiudere il cerchio". Frase di assai dubbio gusto.

Quanto al film, nelle nostre sale dal 3 febbraio 2012, è sul piano qualitativo molto migliore del suo omologo svedese, ma sostanzialmente fedele alla trama. L'intreccio, e la soluzione del giallo, qui sono spiegate meglio; c'è maggiore indulgenza estetizzatente sulle scene di sesso o di violenza estreme (agghiacciante quella dello stupro); e soprattutto c'è maggiore enfasi sul rapporto tra i due protagonisti, il giornalista detective Milael Blomkvist (lo 007 Daniel Craig) e la giovane hacker Lisbeth, impegnati nel risolvere una serie di omicidi del passato. Come sanno bene i lettori dei romanzi, che hanno venduto globalmente 65 milioni di copie.

Rooney, conosce la pellicola precedente tratta da Uomini che odiano le donne? Se sì, quanto l'ha influenzata?
"L'ho vista, ma molti mesi prima di fare il provino per il ruolo di Lisbeth. E devo dire che né io né il regista o il resto del cast ci siamo relazionati a quel film, mentre realizzavamo questo: la nostra unica guida è stata il libro".

Lei ha un aspetto dolce e rassicurante, nel film invece ha un look e un modo di agire estremo...
"E' stato eccitante trasformarmi anche fisicamente, diventare Lisbeth. Il suo aspetto, così come i suoi comportamenti, non mi spaventano affatto, anche se sono così estremi. Anzi, credo che io, così come gli spettatori, la amiamo per questo suo essere così borderline, così piena di contraddizioni e di ombre".

Ha dovuto girare scene d'azione molto impegnative. E sequenze estreme, con nudo e violenza, davvero terribili: quanto è stato difficile?
"Per la parte action mi sono allenata tanto, tanto kickboxing e almeno due ore di lezione di motocicletta al giorno. Su questo fronte la scena più difficile è stata quella dell'inseguimento in metropolitana: sullo schermo dura 30 secondi, per girarla ci abbiamo messo tre giorni. Quanto alle sequenze violente, prepararsi a doverle affrontare è impossibile. Certo, ne abbiamo discusso molto, ne abbiamo parlato, ho fatto ricerche: ma comunque non ero pronta. Alla fine non ho fatto altro che lanciarmi e cercare di reagire come penso avrebbe fatto il personaggio".

Sullo schermo Daniel Craig-Blomkvist è molto più riflessivo di lei, lei invece è quella che agisce. Larsson sembra dire che sono le donne a risolvere le situazioni, più che gli uomini. Anche lei la pensa così?
"E' vero, nel libro la morale è questa. Indubbiamente la protagonista donna ha un ruolo più attivo. Un tema caro allo scrittore, molto imegnato sul fronte politico, e con un'ottica femminista. A me però considerazioni del genere non interessano: io mi sono concentrata solo sul personaggio".

Sul piano della carriera, convincere Fincher, che l'aveva già diretta in The Social Network, a interpretare Lisbeth, è stata una svolta: ora è al centro dell'attenzione mediatica planetaria, colleziona copertine di riviste.
"E' vero, ma la mia vita non è cambiata così tanto con la celebrità. Mi auguro solo che la gente, andando a vedere il film, apprezzi il mio lavoro".

E ora Terrence Malick l'ha scelta per il suo prossimo film, Lawless.
"Ancora non ho avuto modo di conoscerlo al lavoro, ma adoro essere diretta da una personalità così forte. Proprio come Fincher".

Dal lavoro alla vita reale: come mai ha studiato psicologia, avvicinandosi relativamente tardi alla recitazione?
"La passione mi è sbocciata prestissimo, ma professionalmente ho cominciato dopo perché tenevo a farmi una vera educazione, ad avere una vera vita, esperienze vere. E poi la psicologia è una disciplina che serve in qualsiasi lavoro tu faccia".

Sul fronte sociale frequenta i suoi giovani colleghi hollywoodiani? E i social network?
"No, devo dire che ho pochi amici attori. E non ho nemmeno un profilo Facebbok. La verità è che sono un lupo solitario".

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