Ricerca australiana: le pop star vivono in media 25 anni di meno …

"Stairway to hell", cioè "autostrada per l'inferno", sfruttando un gioco di parole tra le celeberrime "Stairway to heaven" dei Led Zeppelin e "Highway to hell" degli AC/DC: il titolo scelto dalla professoressa Dianna Kenny, ordinaria di Psicologia e Musica all'Università di Sidney, Australia, per la sua indagine sull'aspettativa di vita delle star della musica contemporanea (pubblicata dalla testata scientifica britannica The Conversation), la dice già lunga: secondo una ricerca comparata sull'età e sulle cause della morte della gente comune e di chi abbia raggiunto una grande notorietà in ambito musicale - soprattutto pop e rock - lo scarto che separa la durata della vita di chi abbia un lavoro e una vita ordinaria e chi - pur in mezzo tra agi e inimmaginabili comodità - faccia parte dello stardom musicale globale è di 25 anni.

Per la sua indagine, la dottoressa Kenny ha preso in considerazione i dati statistici relativi all'aspettativa di vita della popolazione statunitense tra il 1950 e il 2010, arrivati - a cavallo tra questo decennio e quello scorso - a poco più di ottant'anni per le donne e poco più di 75 per gli uomini. Poi, dopo un fitto lavoro sugli archivi, la stessa statistica è stata tracciata per le personalità musicali di spicco. Con questi risultati:

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Un dato pare chiaro: lo scarto di qualche anno a favore del gentil sesso rimane, anche in ambito musicale, eccezion fatta per il decennio compreso tra il 1970 e il 1980. E, al di là di un picco negativo (ai rocker e alle rocker) negli anni Novanta, dove la forbice tra l'aspettativa di vita di star e gente comune si è allargata fino a quasi 35 anni, da sessant'anni a questa parte la costante sembra essere rimasta la stessa: chi si occupi professionalmente, e con buon profitto, di musica, riesce a vivere un quarto di secolo in meno. Assodato che decessi in così giovane età non siano per cause naturale, la dottoressa Kenny ha scelto di passare in rassegna, con la stessa metodologia, il gap esistente tra le principali cause di morte prematura nella società occidentale - incidente, suicidio e omicidio - per le persone comuni e le star.

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Anche in questo caso, i risultati si commentano da soli: le tendenze relative a incidenti, omicidi e suicidi sono tutte progressivamente diminuite, per quanto riguarda i musicisti famosi, dagli anni Novanta in poi, pur attestandosi tra i tre e i sette punti percentuali più alte, come frequenza, ancora nel 2010.

Le cause? La dottoressa Kenny, nel concludere la sua indagine, non ha nessuna verità rivoluzionaria da rivelare: "Qualcosa evidentemente non funzionale nel mondo della pop music", scrive lei tirando le somme, "La scena musicale mainstream non riesce a offrire limiti e modelli comportamentali accettabili: anzi, fa esattamente l'opposto, valorizzando comportamenti oltraggiosi e permettendo a pulsioni aggressive e sessuali che nel mondo normale sarebbero difficilmente oggetto anche solo di fantasie di affiorare con facilità. L'industria musicale dovrebbe tenerne conto, per poter aiutare i giovani musicisti in difficoltà, magari attivando degli osservatori che possano coglierne con il giusto anticipo i primi segnali di depressione, crisi e affaticamento emotivo per fornire adeguata assistenza".

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