Renato Scarpa in "Habumus Papam"
Fai soprattutto teatro e cinema d’autore. Come ti sei trovato sul set di “Habemus Papam” di Nanni Moretti?
Renato Scarpa: Mi sono sentito "a casa". Un luogo dove alla più piccola delle comparse si chiedeva: "Scusi come si chiama quel signore? Giovanni? Allora Giovanni per favore. . . . . .": sembrava di essere nell'Italia che tutti sognamo.
I personaggi finora interpretati sembrano avere una sorta di denominatore
comune: ricerca profonda di sentimenti, introspezione. Sono personaggi riservati, mai chiassosi, intimisti. È solo un caso o una scelta precisa?
Renato Scarpa: Ho capito che faccio l'attore perché mi piace la "gente", la psicologia. Da sempre mi chiedo il perché di certi comportamenti; da quando ho aperto gli occhi e c'era la guerra che mi ha scioccato e la presunzione e quindi la stupidità degli uomini che mi ha profondamente offeso.
C’è un ruolo che vorresti interpretare e che non ti è stato ancora proposto?
Renato Scarpa:
Il mio sogno era di poter fare lo scemo del villaggio. Scemo perché stupito dal Creato: il bambino che dice: "il Re è nudo". In uno sceneggiato RAI di Beppe Fina mi fu regalato questo ruolo, quindi tutto il resto è stato in più.
Hai lavorato con Carlo Verdone, Luciano de Crescenzo e Massimo Troisi. Che aggettivo sceglieresti per ognuno di loro?
Renato Scarpa: Un aggettivo che li accomuna tutti e tre: Onesti, Adorabilmente Onesti. Adorabile alla francese cioè di grande "umanità".
Che ne pensi di Internet e delle nuove tecnologie? Pensi possano aiutare il cinema o, al contrario, possano costituire un problema?
Renato Scarpa: Possiedo un computer da pochissimo e passo dall'euforia all'incapacità. Credo che tutte le cose siano buone e che dipende sempre da noi usarle per e non contro di noi. Comunque il Cinema vivrà sempre come la Letteratura.
Qualche giovane comico napoletano sta riproponendo un tipo di comicità basato sui luoghi comuni e sui difetti partenopei, ribaltando in qualche modo il lavoro che proprio Massimo Troisi aveva fatto sul “nuovo napoletano che non deve per forza emigrare, ma può anche viaggiare” con tutto quello che ne consegue. Tu che ne pensi? Non sei napoletano, ma hai sempre frequentato molto sia la città che il suo cinema.
Renato Scarpa: Penso che Massimo abbia fatto una Rivoluzione. Proprio quella di cui Napoli ha bisogno. II soggettivismo esasperato che diventa senso di responsabilità individuale,l'Autoironia, il ridere ammettendo la propria fragilità, coltivare il dubbio, trasformare la parola "cliente" in quella di "cittadino" come nel 1799.
Sono trascorsi vari anni dal tuo esordio. Cosa è cambiato da allora?
Renato Scarpa: Vedo tantissime brave attrici e attori di vero talento. Oggi comunichiamo con mezzi solo poco fà impensabili ed in giro c'è tanto "chiasso" e confusione, ma credo che l'onestà vincerà sempre. Noi Vecchi dobbiamo essere dei punti di riferimento con il nostro "fare" come Franca Valeri.
A cosa stai lavorando adesso? Quali sono i progetti futuri?
Renato Scarpa: C'è un progetto di un giovane regista che mi ha molto colpito e, poi, come tutti gli attori aspetto spero, essendo un "precario"!