Quattro chiacchiere con… la Dottoressa Barbara Furlan, Psicologa …

Martedì, 16 Giugno 2015 10:22


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L'autore
Katia Vignola


Nelle prossime settimane dedicheremo parte di questa pagina alla scoperta dei suoi autori, oggi incontreremo la Dott. Barbara Furlan, (foto) psicologa e psicoterapeuta, Associate Member del team milanese di Légein Radicati Liberi.

Buongiorno Dottoressa, come mai una milanese che scrive su “La Voce del Trentino?”

«Questa opportunità mi è data in quanto parte di una realtà, Légein Radicati Liberi, che è presente sia a Milano che a Trento e che vuole costituire uno spazio sia reale che virtuale ove occuparsi della cura della Persona e delle Relazioni, ove costruire una cultura del ben-essere, a partire da quello psicologico. Credo che sia un argomento che non ha confini geografici e che, anzi, il discuterne ed il confrontarsi in vari ambiti non possa che costituire un arricchimento».

Il suo primo articolo (letto da oltre 5.000 persone con 2.289 mi piace)per il nostro giornale tratta di Alzheimer, è di questo che lei si occupa?

«Dal 2007 sono responsabile di un Alzheimer Caffè, un luogo di incontro e di supporto per chi soffre di Alzheimer e di altre forme di decadimento cognitivo grave, ma anche per le loro famiglie. Di fatto però, come spesso accade nella mia professione, questo è solo uno degli ambiti di cui mi occupo».

In quali altri ambiti opera?

«Ho lavorato per circa dieci anni in psichiatria, occupandomi in particolare di Auto-Mutuo-Aiuto, associazionismo degli utenti e processi di empowerment e recovery; tra l’altro in quel periodo ho avuto spesso a che fare col circuito delle Parole Ritrovate, che è nato proprio a Trento».

Empowerment? Recovery?Di cosa si tratta?

«Al di là delle “parolacce” inglesi che li indicano sono concetti semplici e concreti, che si possono applicare alla psichiatria come ad altri ambiti di ri-costruzione della salute e del benessere. La parola empowerment ha a che fare con l’individuazione ed il potenziamento di quelle capacità e di quelle doti che sono proprie di una persona e che meritano di essere valorizzate al di là della malattia di cui essa soffre; il processo di recovery è un percorso mediato a livello psicologico attraverso il quale le persone possono migliorare il proprio ben-essere in vari ambiti della propria vita, ambiti comuni a tutte le persone indipendentemente dal fatto che sia loro stata diagnosticata o meno una patologia cronica».

Bene, in qualche modo quindi questi due temi accomunano i suoi ambiti di intervento, si possono applicare sia al decadimento cognitivo che all’ambito psichiatrico…

«In effetti si tratta di strumenti che, come le stesse metodiche dell’Auto-Mutuo-Aiuto, si prestano in molteplici ambiti e che a volte utilizzo anche in altri contesti».

Ad esempio?

«Per esempio il processo di empowerment è uno strumento che trovo molto utile, fondamentale direi, anche quando lavoro con donne vittime di violenza di genere, poiché permette loro di ritrovare la propria autostima e di accedere alle risorse necessarie per uscire dalla spirale della violenza, risorse che possiedono ma di cui spesso non sono consapevoli».

Quindi si occupa anche di donne maltrattate…

«Mi è capitato di incontrare casi di violenza di genere… da sempre, sin dal tirocinio post lauream svolto in psichiatria, dove arrivavano donne i cui disturbi traevano origine da maltrattamenti, purtroppo spesso già in età infantile. In seguito ho incontrato molte di queste donne durante la mia attività privata, di psicologa prima e di psicoterapeuta ad indirizzo analitico transazionale poi; ad un certo punto ho sentito il bisogno di fare qualcosa che andasse al di là del prendermi semplicemente cura di quelle che arrivavano nel mio studio ed ho iniziato a tenere qualche conferenza sul tema, a parlarne in radio… E’ stato allora che sono stata contattata da Rete Rosa, un’associazione che si occupa di Violenza di Genere, ho iniziato a collaborare con loro a titolo volontario, poi sono diventate un Centro Regionale Antiviolenza e la collaborazione si è fatta più strutturata».

E in tutto questo anche Légein. Cosa c’entra, anzi, di preciso cos’è?

«Légein è un team di psicologi e psicoterapeuti di vario orientamento, voluto da due colleghi che conosco e stimo da molti anni –sin dai tempi della specializzazione in Analisi Transazionale- Ersindo Nuzzo e Sandro Anfuso; si tratta di un gruppo di professionisti che operano in vari ambiti, con vari metodi, e che hanno scelto di mettere a fattore comune le proprie competenze per dare vita a qualcosa di nuovo, per uscire dall’ottica della ripetizione ad oltranza di modelli di applicazione della psicologia già noti e cercare di rispondere ai bisogni di oggi, ecco perché il nostro motto è “Quello che non c’era, oggi c’è”. Légein è uno spazio fisico, anzi al momento due, uno a Milano ed uno a Trento, aperto a vari modi di fare psicologia e psicoterapia, di occuparsi della Persona e delle Relazioni, di costruire ben-essere; ma Légein si proporne anche di uscire dai propri luoghi e di andare verso le persone, là dove un intervento psicologico ha o può acquistare un senso nuovo. Légein è anche il desiderio di costruire una cultura della psicologia in un mondo dove andare dallo psicologo è ancora visto come “roba da matti” e dove le varie figure (psicologo, psicoterapeuta e psichiatra) vengono spesso confuse, e in questo ricade il senso di dare la nostra disponibilità a collaborare con i media per una diffusione della cultura psicologica».

Molto interessante, sarebbe bello poter approfondire…

«Credo e spero che ce ne sarà occasione su queste pagine, magari attraverso degli articoli».

Un ultima domanda, a carattere personale. Oltre alla professionista c’è una donna, che cosa fa nella sua vita?

«Sono una mamma ed una moglie, tra l’altro i miei figli hanno età molto diverse: 22 anni il maggiore, quasi 3 la piccola; buona parte del mio tempo libero è quindi dedicato a loro. Cerco comunque di ritagliare un po’ di tempo per me stessa, per leggere, per fare passeggiate e nuotare, per la cura del mio corpo… anche perché sarebbe veramente assurdo insegnare agli altri che è fondamentale prendersi cura di sé e poi essere la prima a non farlo»!

Intervista a Barbara Furlan, Psicoterapeuta di Lègein, Milano.

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www.legein.it

 

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