Quando la relazione con gli altri diventa impossibile

La tendenza alla violazione delle regole e delle leggi, tra i primi "sintomi" del disturbo antisociale. L'importanza di intervenire tempestivamente, imparando a riconoscere l’altro di Angela Dassisti

Nei precedenti articoli sono state descritte alcune caratteristiche peculiari dell’essere umano quali le capacità di socializzazione e di relazione comunicativa ed affettiva con altre persone. Le capacità, infatti, di riuscire a comunicare e di relazionarsi in modo appropriato agli altri individui sono qualità apprezzate dal gruppo di appartenenza e richieste, per sancire l’aderenza alle regole condivise. Capita tuttavia che alcuni individui non riescano a sottostare ai regolamenti e si caratterizzino per un comportamento fortemente in antitesti con le norme sociali e con il rispetto degli altri. Un comportamento fuori norma, che sembri violare deliberatamente le regole, non implica la non conoscenza di esse, quanto la difficoltà di alcune persone di aderirvi e di seguirle.

Spesso si tratta di individui con temperamento impulsivo, che tendono a mettere subito in atto dei comportamenti senza pensare alle conseguenze che questi possano avere su se stessi e sugli altri. Si tratta di personalità poco attente alle necessità dell’altro e molto centrate sul soddisfacimento e sul raggiungimento dei propri desideri. Il mondo scientifico ha tracciato il profilo di individui che non riescono a mettere in atto comportamenti pro-sociali ma sono inclini alla violazione delle regole e delle leggi, con scatti di rabbia e forte aggressività, definendoli come anti-sociali.

Si crede che persone con questo tipo di comportamento, pur avendo integre le capacità di mettersi nei panni dell’altro, non riescano a valutare appieno la prospettiva dell’altra persona e non si rendano conto realmente del danno che possono arrecare, sembrando incapaci di sentimenti di colpa o compassione. Una persona che presenti caratteristiche di personalità anti-sociale si distingue perché prova distacco dagli altri e sperimenta spesso emozioni fortemente negative e individualiste: disprezza, invidia, arroganza e indifferenza. Tutto questo conduce la persona a una vita solitaria, ad avere difficoltà nello stabilire e mantenere rapporti sociali e lavorativi soddisfacenti e duraturi. Si tratta di persone che vivono sole, che hanno problemi con la giustizia, che non riescono a sottostare ai vincoli di una società e nel tentativo di dominarla per il proprio tornaconto personale ne vengono schiacciati, esclusi, emarginati.

Spesso queste caratteristiche sono presenti sin dalla fanciullezza e dall’adolescenza. I fattori di rischio sono rintracciabili nelle cause genetiche, ma anche nelle caratteristiche ambientali e nello stile di attaccamento ed educativo delle figure adulte di riferimento.

Sono persone refrattarie al senso di colpa, sfrontate e sprezzanti del pericolo e delle conseguenze delle proprie azioni, pertanto risultano insensibili alle punizioni o sanzioni, poiché non sembrano riconoscere i propri errori. Si tratta, pertanto, di persone con spiccate difficoltà relazionali e sociali, con le quali è molto faticoso stabilire rapporti piacevoli e appaganti, poiché sono imprevedibili, inaffidabili e sfuggenti.

È di fondamentale importanza aiutare la persona con interventi psicologici mirati per preservarla da problemi giudiziari e da condotte criminali. In alcuni casi più gravi, perché sia possibile reintegrarli gradualmente nella società è necessario condurle in centri di recupero che li tengano lontani da situazioni pericolose, che non sarebbero in grado di valutare correttamente e di gestire. È importante intervenire tempestivamente, sin dai primi episodi che risalgono generalmente all’età scolare, con la finalità di: sviluppare una maggiore empatia e attenzione per gli altri, favorire lo sviluppo di maggiori competenze sociali, aiutare la persona ad utilizzare strategie appropriate per affrontare la frustrazione e il fallimento, ma anche gestire con maggiore appropriatezza il proprio comportamento, riconoscendo l’altro e la rilevanza che esso ha per me. Stare bene con gli altri significa stare prima di tutto bene con se stessi, accettare le proprie caratteristiche e sviluppare una buona stima di sé e delle proprie capacità. Il lavoro psicologico, infatti, mira a rendere l’individuo più integro negli aspetti di personalità, imparando a rapportarsi agli altri secondo un atteggiamento di parità, accettazione e scambio, piuttosto che di minaccia, provocazione e disprezzo.

16 maggio 2013

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