Psicologia sociale e strategia del Daesh

I fondamentalisti attingono la loro forza dal sentirsi espressione di un essere supremo. Che promette un aldilà di piaceri che loro stessi si negano in vita. […] Essendosi identificati con i redentori dell’umanità, proiettano i loro desideri più impuri nel nostro mondo corrotto che si incaricano di distruggere per emendare la parte più scabrosa di sé.

La dimensione psico-sociale riesce a descrivere nelle parole di Massimo Recalcati il fenomeno che riduce Bruxelles, città sotto assedio [la Repubblica prima pagina].

A dieci giorni dal venerdì nero di Parigi, io ricevo la spiegazione adeguata dei fatti straordinari che stanno accadendo.

I terroristi coltivano perversamente l’orrore per suscitare l’angoscia nel loro nemico. Nessuna forma di terrorismo sino ad oggi è stata così meticolosa nel coltivare mediaticamente questa strategia. Mostrare in diretta lo sgozzamento dei prigionieri, trascinare nella polvere i loro cadaveri sghignazzando, ammonire severamente l’Occidente che la sua libertà pacifica, conquistata nei secoli, ha i giorni contati, mostrare, insomma, l’orrore senza veli serve a provocare l’angoscia nell’Altro.

È il loro ricatto perverso: non si tratta di semplicemente impaurire l’Occidente, né di colpire bersagli determinati come accadeva per il terrorismo che abbiamo già conosciuto, ma di corrodere dall’interno la sua stessa vita, di rendere la nostra vita in generale meno sicura, meno certa, esposta al rischio della morte casuale dell’atto terrorista che, come sappiamo, non potrà mai in alcun modo essere prevenuto.

Essendo dappertutto, non circoscritto, il pericolo non genera più una paura localizzata all’oggetto considerato minaccioso (l’obiettivo considerato sensibile), ma si diffonde ovunque, attraverso le nostre vite diventando puro panico collettivo. Inoculare l’angoscia trasformandola in panico è, dunque, l’obiettivo massimo della strategia terrorista. Essi vogliono vedere negli occhi dell’Occidente lo smarrimento ed il terrore rendendo la nostra vita prigioniera. Per questa ragione la prima risposta che, come insegna la psicoanalisi, è sempre necessario dare alla perversione è quella di respingere l’angoscia, di sottrarsi alla sua ipnosi maligna, di rifiutarsi di cedere sulla nostra libertà.

Agora-magazine ha passato la prima metà del 2015 zittita da un attacco informatico Daesh. Può contribuire ad alimentare la seconda risposta alla strategia del terrore diffuso con l’invito ad un’Europa unita nell’intelligence, nel controllo dei confini, nella strategia della sicurezza –che aumenta con l’unità del sistema-, nelle politiche di uguaglianza dei punti di partenza e di solidarietà oculata.

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