Psicologia: La Sapienza

Se frequenti la Sapienza sei consapevole che stai affrontando un'impresa. L'ennesima per la nostra generazione in una vita che sembra esserci stata donata per essere vinta piuttosto che vissuta, come suggeriva il buon Baricco nelle pagine di Castelli di Rabbia. Se frequenti la facoltà di Psicologia poi probabilmente sai che le cose stanno ancora peggio.

Tralasciamo volontariamente problematiche quotidiane come quella degli esami con domande a scelta multipla in una facoltà che dovrebbe insegnarti non dico a relazionarti con “pazienti” ma quantomeno a parlare con persone, oppure le lotte con molti professori per poterli incontrare e parlare con loro. Quelle sono incluse nel caro prezzo delle università pubbliche.

Parliamo di altro, di quello che non ti aspetti, o che non puoi aspettarti, dell'imprevedibile Tu! giovane pischello in odor di maturità ti iscrivi a psicologia convinto di salvare il mondo, o te stesso, o magari convinto che la vita dei creativi o degli uomini di marketing è quella del nababbo con attico sulla Fifth Avenue. Inizi convinto, sei felice. Magari cambi città, stanza singola 450 euro più spese, piazza Bologna. Ti trasferisci dalle periferie di mezza Italia al centro di Roma e frequenti i corsi e il cortile della facoltà con tutti i soggetti umani o non annessi e connessi... ti sembra tutto sommato di aver fatto la scelta giusta.

Fico sto corso di Psicologia sociale, come si chiama la prof? Zuccherché?”

Dai esami a più non posso, 38 in tre anni, ti ammazzi. Letteralmente. E in più per gradire 500 ore/6 mesi di tirocinio e tanto di tesi di laurea sperimentale. Ti laurei e sei felice. Qualcosa è cambiato, probabilmente non te ne frega più un cazzo della Zuccherché, vuoi solo continuare, finire la magistrale il prima possibile e iniziare a lavorare, toccare con mano tutti quei concetti di cui ti hanno riempito o svuotato la testa.

Così vai a iscriverti ma... Alt! Parola magica: Accesso limitato alle Magistrali! Tagli ministeriali, una fusione tra tre facoltà che molto insieme non c'entrano e il gioco è fatto. Tanti laureati alla triennale e pochi posti disponibili per gli studenti che si devono immatricolare. Risultato un bel numero chiuso. Ancora una volta, dopo quello alla triennale. Così molti se ne vanno da Roma, qualcuno stoicamente resiste e qualcun altro si iscrive alle università private. E qualcun altro si arricchisce. Qualcun altro non ci sta, si organizza, psicolletivi, Violani, collette, ricorsi al T.A.R., lettere degli avvocati e genitori. Si fa domande, si informa, si guarda attorno. Poi chiede un incontro al vice-preside di facoltà, che con un sorriso smagliante accetta. Si presenta nell'aula con estrema tranquillità, pronto al dibattito e a tranquillizzare tutti e alla domanda: “Cosa dovremmo fare?” risponde “Beh potete sempre iscrivervi ad altre università, a Roma d'altronde non c'è solo questa facoltà di psicologia, c'è la L.U.M.S.S.A, l'università dei Salesiani etc.” poi ti guarda si prende un attimo, come a dire fammeladirebenquesta e attesta: “Oppure potete provare all'università telematica”.

Così capisci due cose: la prima, banale, è che ti senti fortunato per aver avuto la possibilità di fare gli esami a crocette. Almeno le lezioni le hai seguite dal vivo. La seconda, amara, è che la villa sulla Fifth Avenue se la farà qualcun altro.


02 Luglio 2012

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