Psicologia. La pazienza, una virtù dei forti

Chi non conosce questo proverbio: la pazienza è la virtù dei forti.

Alle medie, il professor G…. che  ricordo con tanto piacere e rispetto, spesso ci rammentava questa regoletta e questo proverbio, e ancora oggi li ricordo molto bene.

Stiamo quindi introducendo un discorso sulla pazienza. Indubbiamente è una qualità utilissima e che forse, a volte non le riconosciamo il giusto valore.

La parola pazienza  dal latino patire  e dal  greco pathein e pathos, dolore corporale e spirituale. E’ una capacità (o facoltà) che aiuta a posticipare, rimandare oppure eliminare la reazione ad eventuali imprevisti (avversità) mantenendo un atteggiamento neutro. La caratteristica quindi è quella del controllo delle proprie emozioni.

La rabbia è il risultato di fantasmi che non riposano in pace perchè nessuno se n’è occupato.
Clarissa Pinkola Estes

La pazienza nella sua accezione migliore è senz’altro una virtù ma al polo opposto potrebbe coincidere con la rassegnazione. Pensiamo ad esempio al rapporto di coppia, oppure con i propri figli, amici, superiori e sarà sicuramente  più immediato comprenderne la differenza. Su questo fronte, quindi, essere sempre accomodanti e inibire l’ira (mandare giù) può avere riflessi psicosomatici anche gravi; penso ad esempio a: ulcera, mal di testa, mancanza di appetito, calo del desiderio sessuale, etc. 

Nel caso di un conflitto che ci fa soffrire, c’è una bella differenza tra l’adattamento  e la ‘governance’ (oggi ne parlano tutti e quindi lo faccio anche io) della inevitabile tensione.  Quindi attendere, sopportare senza lasciarsi sopraffare dalla depressione (come conseguenza della inevitabile frustrazione) ma concentrarsi per trovare una possibile soluzione … ecco,  questa è pazienza.

Tutti sanno che la vita offre continue sfide, sta a noi decidere come affrontarle: in modo scomposto oppure mantenendo sempre la calma. Come si dice oggi sui social network? Ah si … Keep calm.

Quando invece decidiamo di essere impazienti agiamo con frettolosità e l’imprevisto è un fastidio da cui scrollarsi e il tempo a disposizione (quasi sempre breve) viene sprecato. Ricordo ad esempio in molti film  dove si hanno pochi secondi per fare una cosa che salva la vita e invece di farsi prendere dal panico il soggetto usa la calma e riesce all’ultimo secondo ad evitare la catastrofe. Ecco, quello mi sembra un buon esempio.  

L’impazienza legata al conflitto non aiuta a risolverlo (anzi lo peggiora) e, inevitabilmente sfocia (come un fiume) non nel mare calmo e accogliente ma nella rabbia travolgente di una cascata. Se la nostra barchetta cade nella cascata,  reagiamo in modo incontrollato mettendo a repentaglio la nostra vita, e quella del nostro entourage. Mettere a repentaglio potrebbe voler dire: separarsi, andare via di casa, togliere il saluto, incrinare i rapporti parentali e amicali e nei casi estremi e socialmente più eclatanti portare alla rivolta, alla guerra.

Come interrompere il circolo vizioso che spesso si autoalimenta come un circuito autoreferenziale?

Parolina magica: la pazienza. 

Il nostro apparato psichico è fatto di coscienza e inconscio. Al livello del SNC, la coscienza ne rappresenta una porzione minima rispetto al tutto. La neocorteccia (sede della coscienza?) che è la sede delle funzioni cognitive superiori, è recentissima ed in via di espansione. Questa espansione è direttamente proporzionale al suo uso. Un po’ come dire, più la usiamo più si espande. Più usiamo la coscienza, meno inconsci restiamo. Agire in modo irrazionale (impaziente) vuol dire usare meno la razionalità quindi la coscienza, quindi la neocorteccia. In tal modo, usiamo circuiti già preesistenti quindi istintivi) e quindi meno differenziati. In una parola non cresce la neocorteccia … non cresciamo noi. Pensiamo al bambino che ha fame: reagisce istintivamente. Non attende con ‘santa pazienza’ che la mamma si ricordi di lui. Ecco il bambino reagisce istintivamente. Quando qualcuno ci taglia la strada, reagiamo istintivamente con rabbia e poi, se siamo pazienti ci calmiamo e assumiamo un atteggiamento calmo e sereno e affrontiamo l’incidente in modo costruttivo, se non lo siamo usciamo dalla macchina con una mazza da baseball (visto dal sottoscritto).

Facendo l’esempio del bambino che urla impaziente perché ha fame, implicitamente esprimiamo il fatto che essere impazienti ha le sue ragioni. Le ragioni sono evoluzionistiche. Ci arrabbiamo quindi perché c’è un pericolo nell’aria e questo ci aiuta a comprenderlo e in alcuni casi a farci sopravvivere. Quindi, l’impazienza, non va connotata esclusivamente come una cosa negativa.  Possiamo dire che nasciamo impazienti ma impariamo ad essere pazienti.

Quindi, la pazienza (che è molto faticosa e sopra abbiamo spiegato perché) mette in risalto l’uso della coscienza (o più genericamente della mente, come impropriamente spesso si sente o si legge).

Quante volte ci hanno calpestato i piedi oppure quante volte ‘crediamo’ di aver subito il torto. Bene diamo il tempo, attendiamo e concediamo la possibilità di emendare il torto, in una parola, cerchiamo di dare la possibilità  all’altro di comprendere e chiedere scusa. 

Cosa aiuta ad affinare questa capacità?

Come in tutte le cose, alcuni soggetti sono più portati di altri. Gli altri però possono migliorarsi. Come accade ad esempio a tennis, oppure a pallone. Alcuni devono allenarsi di più e l’allenamento aiuta molto. Proviamo ad allenarci ad essere pazienti cercando di non dimenticare i danni fatti quando abbiamo reagito dominati solo dall’ira. Pensiamo all’ Ombra e quando una persona ‘a pelle’ ci irrita proviamo a vedere se potrebbe essere un suo riflesso; se ci sentiamo offesi da qualcuno, proviamo a valutare l’effettiva volontà di offenderci; come dicevamo sopra, tutti possono sbagliare, diamo quindi tempo all’altro per ravvedersi; quando le cose non vanno, chiediamo perché, proviamo a vedere eventuali nostre negligenze e se nulla è imputabile a noi pazientemente attendiamo tempi migliori. Proviamo inoltre ad allontanarci dal contesto, analizziamo la situazione, potremmo scoprire con sorpresa che le cose non stanno come sembravano.

Per concludere ricordiamoci che usare lo strumento della pazienza, spesso risulta essere il nostro migliore amico. Restare calmi, attendere che la schiuma di  rabbia venga trascinata via dalla corrente aiuta a vedere le cose in modo più obiettivo. Arrabbiamoci, semmai dopo ma anche qui la risposta più adeguata spesso è proprio: scegliere di non arrabbiarsi. Quando ci arrabbiamo vediamo davanti a noi solo nuvoloni neri pieni di tempesta che fanno presagire che il sereno tarderà a venire.

Se siamo sereni, tutto scorre più placidamente. O no?

 

Share this post

PLG_ITPSOCIALBUTTONS_SUBMITPLG_ITPSOCIALBUTTONS_SUBMITPLG_ITPSOCIALBUTTONS_SUBMITPLG_ITPSOCIALBUTTONS_SUBMITPLG_ITPSOCIALBUTTONS_SUBMITPLG_ITPSOCIALBUTTONS_SUBMITPLG_ITPSOCIALBUTTONS_SUBMITPLG_ITPSOCIALBUTTONS_SUBMITRead Later

Open all references in tabs: [1 - 8]

Leave a Reply