Psicologia dello Sport nel cicloturismo – Parte 3^

Per l’articolo conclusivo sulla gestione di un viaggio da cicloturista (partendo dalla base del ciclista della domenica) ho deciso di descrivere quelle che sono state direttamente le mie strategie di preparazione mentale per il viaggio.

Da bravo psicologo dello sport, un mesetto prima di partire mi sono posto 3 semplici obiettivi:

1) Arriverò ai nastri di partenza in ottima condizione fisica, pertanto mi allenerò con costanza finchè servirà (a dire il vero molto più di un mese prima, tant’è che avevo anticipato a Dicembre quello che per me è di solito “l’inizio della stagione ciclistica”.

2) La Cisa sarà l’apice del mio viaggio: quando sarò là ho tutta l’intenzione di godermela: dolore e sudore li vorrò vivere con piacere e ed energia. Fatta quella saprai che il viaggio è gestibile.

3) Nei primi 3 giorni… taci  e adeguati alle scelte del gruppo (detta così sembra più dura di come la pensassi, il concetto di fondo era quello di entrare subito nell’ottica del gruppo).

Diciamo che queste erano le 3 principali ma, come ben sappiamo, esse possono essere solo buoni propositi che volano via con il vento, oppure diventare vere e proprie leggi, principi da seguire fino in fondo.

Per esperienza personale ho constatato come, nella preparazione mentale, la grossa discriminante fra un successo ed un insuccesso non è tanto la capacità immaginativa, o le abilità intellettive pure (come la capacità di apprendere a memoria un gesto motorio in ogni minimo dettaglio), e nemmeno la forza mentale, il coraggio, la capacità di recupero dagli errori etc. etc. quanto piuttosto la propria disponibilità a far diventare reali le proprie intenzioni. Per intenderci, una persona che si propone di “affrontare con coraggio le gare e superare le paure e le ansie” può già ottenere grandi benefici anche solo con la semplice capacità di trasformare in una forma concreta e reale il proposito. Se io credo fermamente in quel dogma, se gli do forma, se lo faccio diventare una litania, ecco che tutte le risorse magicamente appariranno: voglia, tempo, soldi da investire nello sport… Come se fossero state sempre lì, soltanto che non si vedevano! C’è un mondo di opportunità là fuori, siamo noi che non le vediamo finchè non decidiamo cosa volere.

Quindi cosa fare a quel punto? E’ piuttosto semplice: bisogna educarsi. Uso questo termine poiché è quanto di più vicino alla nostra realtà di tutti i giorni. Fin da piccoli i genitori insegnano al bambino cosa fare e cosa no, spesso includendo il perché. Questo processo dura per anni finchè il fanciullo non inizia a rendere proprie le idee ripetutamente trasmesse dai genitori “non mettere le dita nel naso!” oppure “lavati i denti tutti i giorni almeno due volte”! Ripetitività, continua, su un arco di tempo sostanzioso. Ecco come si instilla un’idea. La verità è che, però, quando si è adulti si diventa piuttosto indolenti alla ripetitività di pensiero e pertanto è necessario forzarsi e sforzarsi per riuscire a “interiorizzare” un concetto. Quando però viene data significatività all’azione ecco che diventa più facile apprendere. Il fatto è che, nel caso dei miei 3 obiettivi, sono io stesso che voglio educarmi.

Facciamo un po’ di ordine. Innanzitutto ho delle consapevolezze: a) chi plasma l’intenzione e la rende reale ha successo; b) so che ci vuole del tempo per farlo, così come avviene nell’educazione; c) se si rende significativa l’azione di “trasformazione” diventa più facile apprendere il concetto.

Risultato: nel mese precedente al viaggio, per 5 minuti al giorno, per 2 volte al giorno, ho creato lo “spazio Roma”, luogo virtuale in cui io potessi pensare e riflettere sui tre obbiettivi da portare avanti:

“Devo allenarmi! Ok perfetto, stasera vado, domani no, dopodomani sì, fra tre giorni pure. Ok, segno sul calendario subito le date e gli orari, così mi tengo libero e investo il tempo necessario per farlo. Siamo d’accordo, eh? Sì! Vai, andiamo!”.

“La Cisa sarà il mio apice. Ok la Cisa, vediamo come è fatta, le pendenze, ok. Immagina che tipo di dolore e fatica sentirai. Il caldo, la stanchezza, già. Come quella volta, sì mi ricordo, quelle sensazioni, saranno le stesse pure là, ok sarà più o meno così, aspettatele quando sarai lì, preparati proprio a quella fatica estrema. Sentila bene e fattela piacere. Eh, sì, perché alla fine tu ti diverti sulle salite. Ti piace sentirti al limite. Tu sei così e ti sta bene. Io sono così. Siamo d’accordo, eh? Sì! Vai, andiamo!”.

“Ok… Se vuoi fare in modo che tu riesca ad interfacciarti bene nel gruppo è importante cercare di farne parte e capirne le esigenze subito. Spostare l’indicatore da “singolo” a “gruppo”. Perciò, oltre a partire con l’idea di ascoltare tutti (anche quando sarai stanco), potresti adottare una strategia pratica molto semplice: i primi 3 giorni stai buono! Concentrati sulle forze per andare avanti, senza sprechi! Tanto a Roma ci arrivate. Siamo d’accordo, eh? Sì! Vai, andiamo!”.

Questo sopra è un esempio (ridotto) di come può funzionare per me, non necessariamente è per tutti così, anche se non mi stupirei di trovare miei “simili”.

Non importa il metodo, in fin dei conti, l’importante è fare in modo che diventi sistematico.

 

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Dott. Mauro Lucchetta – Psicologo dello Sport

Per domande o dubbi: mauro.lucchetta@psicologiafly.com
oppure visitate il sito: www.psicologiafly.com

 

 

 

 

 

 

 

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