Psicologia del regalo

Catherine ha fatto molto di più: ha studiato la psicologia del regalo sgradito, cercando di definire e catalogare i segni che chi porge il presente dovrebbe cogliere in chi lo riceve per comprendere se esso è piaciuto o no. Naturalmente, non ci si può aspettare che il ricevitore sia sincero e la delusione andrà colta nell’occhio sbarrato, nel sorriso gelido e nel «grazie» sommesso che quasi fatica a uscirgli o uscirle dalle labbra. La ricercatrice ha notato un’altra cosa: i regali «sbagliati» più frequenti sono quelli che facciamo alle persone con le quali abbiamo relazioni distanti. Con i famigliari sbagliamo relativamente poco; con i colleghi infinitamente di più. La controprova non è difficile: quand’è l’ultima volta che avete indossato la cravatta regalata del capufficio o il foulard fattovi trovare sulla scrivania dal responsabile di sezione? Probabilmente sono finiti sul fondo di qualche cassetto, così da poter essere dimenticati senza costringervi alla piccola e ignota scortesia di buttarli nella spazzatura.

Ma forse la ragione è anche che i famigliari sono disposti a perdonarvi più facilmente e in loro non noterete mai quelle reazioni di malcelato disgusto che, invece, conoscenze “distanti” non riusciranno a trattenere. Seguendo questa logica, i regali migliori dovreste riservarli a chi conoscete meno e affidare i più scarsi alla comprensione dei parenti immediati: otterrete così, in media, reazioni soddisfatte. Se posso aggiungere una considerazione, direi che vale la pena investire tutto in un regalo solo e che sia per un bambino. Lo farete felice senza consegnarli, oltre al regalo, come accade per gli adulti, il peso di un obbligo di riconoscenza.

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