«Psicologi di famiglia per combattere il disagio mentale»



di Aldo Comello


«Di notte non riesco a dormire, il medico di base mi ha ordinato dei calmanti, ma mi ha anche proposto di farmi visitare da uno psicologo. Per carità, non sono mica matto». Dice Marco Nicolussi, presidente dell’Ordine degli Psicologi del Veneto che c’è uno stigma da superare, una sorta di marchio da cancellare, la paura di trovarsi nel vortice di una malattia con conseguente rovinoso capitombolo sulla scala dei valori della società. Questa paura paralizza eventuali clienti sulla porta dei nostri studi, ci vuole un approccio graduale, premessa ad un rapporto fiduciario, da uomo a uomo, da persona a persona, più che da medico a paziente. Fanno inorridire espressioni come “il cancro allo stomaco al letto 28”, parole come pietre, tecnicismi ospedalieri in cui un cinismo involontario ha piallato la persona malata, più oggetto, campo di lavoro, che cittadino, membro della comunità e quindi portatore del diritto alla salute, sancito dall’articolo 32 della Costituzione. Nicolussi, capigliatura inquieta, serpentina, indice di fervore intellettuale, è fautore dell’integrazione bio-psico-sociale della persona rispetto alla frantumazione del corpo ad opera della medicina specialistica, con la riaffermazione dell’unità mente-corpo. Niente di esoterico in questa concezione, qualcosa, invece, di molto concreto: affiancare al medico di base, sentinella sul territorio, lo psicologo di base.

Professore, quella dello psicologo di base è una realtà diffusa o un’ipotesi?

«Premesso che nella pratica attuale della medicina l’invio delle persone allo psicologo è frutto di un meccanismo di esclusione, si fa solo, come ultima spiaggia, quando sono state eliminate tutte le cause organiche di un sintomo; la prima sperimentazione in Italia che ha affiancato lo psicologo al medico di medicina generale ha preso avvio nel 2000 ad opera della Scuola di Specializzazione in Psicologia dell’Università La Sapienza di Roma, sotto la direzione del professor Luigi Solano. Oggi sono presenti nel nostro territorio due “sportelli dello psicologo” a Carmignano e a Gazzo. Sono realtà appena nate e quindi ancora in embrione, sperimentali, ma sono convinto che anche in forza del decreto Balduzzi che affianca al medico di base figure professionali specialistiche in un unico contesto collaborativo, lo psicologo per la salute del cittadino decollerà. D’altra parte, oltre cinquant’anni fa la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la salute non tanto come l’assenza di malattia ma come uno stato di benessere della persona”.

Quindi gli scrutatori d’anime, come li definisce Groddeck nel suo famoso “romanzo psicoanalitico” hanno pieno diritto di cittadinanza nella scienza medica?

Certamente. Io sono laureato in psicologia con specializzazione in psicoterapia ipnotica. Questo mi connota tra gli 8.000 psicologi del Veneto e i 90 mila in Italia e permette di distinguere tra le 300 e più scuole private ma riconosciute del Miur (Ministero dell’Università e della Ricerca). Che cosa possiamo, anzi, siamo chiamati a fare noi psicologi in tempi di burrasca come questo? Per oltre un anno, su incarico della Camera di Commercio, mi sono occupato di imprenditori vittime della crisi. Il rischio che la depressione, la malattia del “sole nero” che prosciuga la voglia di vivere, sfociasse in tentativi di suicidio era elevato e in effetti ci sono state molte vittime: la minaccia del fallimento, la mancanza di soldi per pagare gli operai, il futuro negato dalla disoccupazione hanno portato alcuni a scegliere la fine. Ho avuto contatti con l’associazione “Speranza e Lavoro” fondato da due ragazze i cui genitori si erano dati la morte per disperazione. Con queste persone occorre instaurare un dialogo, far capire che l’essere conta di più che l’avere, che ognuno di noi deve essere vaccinato all’alternanza di fortuna e di sventura e deve essere aiutato a trovare in sé le risorse e le energie per risollevarsi. Non posso avere certezze, ma credo di aver salvato qualche vita».

Lo psichiatra è il grande prescrittore, bastano i farmaci a salvare dall’abisso?

«Non nego l’efficacia dei farmaci, una terapia per soli farmaci risolve l’emergenza ma difficilmente basta a recuperare gli equilibri sconvolti, occorre anche i lavoro paziente dello psicoterapeuta. C’è un libro fortemente intrigante di Irving Kirsch. Si intitola The Emperor’s New Drugs, è un confronto analitico tra gli effetti degli antidepressivi e quelli ottenuti con la somministrazione di placebo come lo zucchero. Le differenze sono statisticamente ininfluenti».

Quali conseguenze si aspetta dall’introduzione diffusa dello psicologo all’interno dell’ambulatorio del medico di famiglia?

«Offrire un ascolto che prenda in esame oltre alla condizione biologica anche la situazione relazionale e sociale della persona; intervenire nelle prime fasi del disagio psichico collaterale ai sintomi somatizzati; prospettare un accesso diretto allo psicologo a tutti i cittadini senza il rischio di essere etichettati come disagiati psichici; limitare la spesa sanitaria per farmaci e analisi cliniche quando le stesse siano un tentativo di lettura di ogni tipo di disagio all’interno di un modello solo biologico».

©RIPRODUZIONE RISERVATA


Leave a Reply