Psiche: come imparare a gestire la rabbia

A cura di Giovanni Porta, Psicologo psicoterapeuta di orientamento gestaltico, esperto di poesia e di teatro. Vive e lavora tra Roma e Milano - giovanniporta74@gmail.com

 

 

Non è facile far valere le proprie ragioni e, soprattutto, non è scontato reagire con modi educati e civili a soprusi e ingiustizie, specialmente quando siamo convinti di subirle ingiustamente. Il profondo disagio generato da uno stato d’animo irritato può esplodere con furiosi impeti di rabbia o, al contrario, innescare i presupposti per cadere in depressione.

Urla, voce alta, spintoni, sgomitate non servono a farsi rispettare e di certo non fanno diventare più popolari, semmai rendono antipatici. Acquistare autorevolezza e uscire vincitori da una discussione, come dalla vita, è possibile senza arrivare alle mani. “L’aggressività non serve - spiega lo psicoterapeuta Giovanni Porta -, occorre guardare dentro la propria rabbia per la situazione che si sta vivendo e capire da dove arriva. È naturale essere arrabbiati se gli altri non ci trattano come vorremmo. Ma dobbiamo chiederci perché accade questo. I problemi iniziano quando siamo noi a non riconoscere il nostro valore: quando ci riteniamo sbagliati, inferiori, inutili. Quando, cioè, abbiamo scarsa autostima. Essendo noi i primi a ritenerci poco degni di rispetto, tenderemo ad accettare di ricevere comportamenti poco rispettosi da parte degli altri, magari giustificandoli anche con i nostri presunti errori. Giustifichiamo loro e non noi, addossandoci colpe che non abbiamo. E ogni volta facciamo questo, il nostro senso di valore s’indebolisce ulteriormente, evidenziando ai nostri occhi la nostra incapacità. È un cane che si morde la coda”, spiega lo specialista.

 

Da che parte va la rabbia

Quando siamo vittime di un comportamento poco rispettoso, la reazione naturale è provare una forte rabbia, perché il nostro spazio esistenziale è stato invaso e siamo stati trattati senza le dovute cure. Ma la rabbia è materiale infiammabile e se non ci sentiamo abbastanza forti e capaci per dirigerla verso gli altri finiamo per rivolgerla contro noi stessi, cosa che di solito non fa che abbassare ulteriormente la nostra autostima, generando nei casi peggiori addirittura depressione. Come avverte Porta, “La depressione è piena di rabbia. Contro noi stessi. È naturale provare rabbia e, in un certo modo, anche sano. Bisogna, però, imparare a gestirla. La rabbia è un’emozione di territorio. Indica cioè che il nostro territorio (fisico o psicologico) è stato invaso da qualcuno senza la nostra autorizzazione. La rabbia è un’emozione attivante, che ci prepara in senso fisico e psichico a mobilitare le nostre risorse per allontanare l’invasore”.

 

Cosa succede se non ci arrabbiamo mai?

Le persone che non si arrabbiano mai (o che non si mostrano mai arrabbiate) non sono, nel 99% dei casi, santoni intoccabili emancipati dall’incubo delle passioni terrene, ma semplicemente persone che hanno trovato un modo indiretto e meno rischioso per dare sfogo alla proprio rabbia, anche a costo di perdere qualità di vita. Alcune delle modalità più  comuni di espressione indiretta della rabbia sono:

1. Chi convoglia la propria rabbia contro se stesso invece che contro gli altri, generando auto svalutazione, cioè caduta di autostima. È una dinamica tipica delle persone depresse.

2. Chi devia la propria rabbia contro bersagli diversi da chi l’ha generata: il capo ufficio mi ha rimproverato ingiustamente e io mi arrabbio con mia moglie (comportamento di deflessione).

3. Chi non si dichiarerebbe mai arrabbiato, nemmeno sotto tortura, ma che poi – in maniera indiretta – assume comportamenti sottilmente aggressivi. Ad esempio, mostrarsi d’accordo con chi ci ha fatto arrabbiare, ma poi fare battutacce sarcastiche su di lui e sul suo modo di comportarsi.

4. Chi nega a se stesso/a anche il solo provare rabbia, lasciandole come unica via di espressione il proprio corpo (sintomi psicosomatici e/o attacchi di panico).

Queste quattro modalità impediscono di sentire appieno la rabbia, sottraendoci alla responsabilità di cambiare uno stato di cose che non ci soddisfa.

Leave a Reply