"Progetto Chirone", come aiutare i familiari delle vittime di morte …

ALESSANDRIA - Mercoledì 4 novembre scorso, alla Scuola Superiore di Polizia di Roma, è stato presentato il Progetto Chirone, realizzato dalla Polizia di Stato con la supervisione scientifica della facoltà di medicina e psicologia dell’Università La Sapienza. Il manuale stabilisce le linee guida per aiutare i poliziotti e le vittime ad affrontare emotivamente la tragica notizia della morte improvvisa di un familiare per incidente o per suicidio.

Come prepararsi a suonare un campanello che cambierà, in un attimo e per sempre, la vita di una famiglia a cui viene portata la notizia di un incidente mortale? Come aiutare un genitore che non riesce neanche a riconoscere il corpo di un figlio tanto grande è il dolore che sta provando? Come gestire il senso di colpa del familiare di chi ha deciso di suicidarsi gettandosi sotto ad un treno? Come alleviare la solitudine delle vittime mantenendo con loro un rapporto che le tenga informate dell’evoluzione (anche giudiziaria) della vicenda dopo l’evento tragico? A queste e ad altre domande rispondono le linee guida del Progetto Chirone le quali raccontano tante esperienze drammatiche, vissute da poliziotti e vittime, per costruire, anche dagli errori, una solidarietà più autentica e consapevole. Perché “Chirone”? Perché Chirone, nella mitologia greca, è il Centauro più saggio e compassionevole, medico ed educatore, sempre pronto a soccorrere il prossimo anche a rischio della propria vita.

E’ un progetto che vuole identificare un nuovo ruolo del poliziotto della Stradale e della Ferroviaria di vicinanza alle vittime d’incidenti, spesso invisibili e presto dimenticate. L’obiettivo è di dare dignità e cultura ad un lavoro svolto spesso in silenzio, perché in passato si pensava che l’attenzione del poliziotto si dovesse concentrare solo sul colpevole e che la vittima dovesse essere gestita esclusivamente da assistenti sociali e psicologi. Spesso, invece, è proprio il poliziotto la prima persona che la vittima incontra e la qualità del suo intervento ha un’importanza decisiva per evitare la cosiddetta “vittimizzazione secondaria” (cioè l’esposizione ad esperienze che amplificano le conseguenze tragiche di quanto è già accaduto), per guadagnarne la fiducia e la collaborazione, fondamentali nella ricostruzione dell’evento, e per contenere il senso d’insicurezza provocato dalle morti violente in tutta la comunità coinvolta. Il poliziotto deve saper proteggere, ascoltare, informare, sempre conscio che il suo comportamento è decisivo per aiutare la vittima a riprendere il controllo e, successivamente, ad elaborare il lutto.

La formazione ad un buon approccio con la vittima è, d’altra parte, indispensabile per sostenere lo stesso poliziotto che si trova a gestire situazioni così drammatiche che influenzano inevitabilmente la sua vita professionale e privata. La continua esposizione al dolore delle vittime determina un carico di emozioni e di fatica psicologica per il poliziotto che non possono essere sottovalutate e richiedono attenzione ed ascolto. Diventa così fondamentale la consapevolezza che provare paura, pena, agitazione nel corso di un intervento su di un incidente non solo è normale, ma può essere anche utile per assicurare una risposta umana e operativa ancor più efficace.

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