Prof. Vincenzo Russo: Psicologia dei consumi e neuromarketing del …

Diamond Tower, 49° Congresso AIS -eNozioni- sabato, 14 novembre 2015

John Wanamaker (1838 – 1922), direttore generale delle Poste e poi realizzatore del primo grande magazzino statunitense, nel lontano 1876 declamava una frase più volte recuperata da pubblicitari e creativi contemporanei: “Io so che metà dei soldi che spendo in pubblicità sono del tutto sprecati… ma non so quale sia quella metà”. Il colto riferimento ce lo racconta Vincenzo Russo, professore di psicologia dei consumi e neuromarketing, coordinatore del Centro di ricerca di Neuromarketing Behavior and Brain Lab e direttore del master in food and wine communication dell’Università Iulm di Milano, per presentare lo strumento che può dare una chiara indicazione su quale metà dei soldi investiti in pubblicità potrà essere ben spesa per guidare il consumatore a scegliere un vino.

Perché non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano. 
“Lo affermano ormai numerose ricerche neuroscientifiche, modificando un radicato paradigma che attribuiva alla razionalità un ruolo determinante nei processi decisionali. Oggi sappiamo che le decisioni non sono solo frutto di calcoli e previsioni logiche, ma l’esito di un complesso processo in cui un ruolo determinante è attribuibile all’emozione”, spiega Russo. 
E, aggiunge: “la decisione di acquisto di una marca di vino in enoteca, al supermercato, al ristorante, o sul web, è guidata spesso da “scorciatoie”, ovvero da meccanismi di facilitazione della decisione (la marca, il prezzo, l’etichetta, la bottiglia), da esperienze pregresse o da aspettative fortemente connotate da emotività. Sono soluzioni che permettendo di risparmiare energia, soprattutto se non si è grandi competenti.
Per questo occorre trovare nuove soluzioni di marketing in grado di colpire emotivamente.
Purtroppo in un mercato sempre più competitivo non è così facile”. 
Così per misurare e valutare questi processi di semplificazione o l’emozione che guida le scelte dei consumatori non è più sufficiente servirsi delle tecniche di indagine classiche, come le interviste, i focus group, i questionari. “Perché questi  ci restituiscono un’informazione che non riguarda l’emozione, ma il pensiero rispetto all’emozione”.

E, allora, bisogna andare oltre il classico marketing? E come? Chiediamo al prof. Russo.
Che risponde: “Con il neuromarketing. Perché si offre come nuova strategia per lo studio dell’efficacia comunicativa di un prodotto, attraverso tecnologie in grado di misurare direttamente l’emozione provocata da qualsiasi forma di stimolazione. Da qui nascono le ricerche sul neuromarketing del vino del Centro di Ricerche di Neuromarketing Behavior and Brain Lab dell’Università Iulm, realizzato in collaborazione con diverse aziende leader di settore nel campo della valutazione psicofisiologica delle emozione come la Mind Room Lab. Un luogo in cui è possibile valutare in maniera oggettiva l’emozione provocata da una stimolazione di marketing, analizzando la capacità di attrazione dell’etichetta, la funzionalità del sito web, l’effetto emotivo che provocano le immagini o la storia utilizzata per raccontare il prodotto, le emozioni provocate dalle stimolazioni sensoriali, attraverso sofisticati strumenti di indagine neuro e psicofisiologica.

Le neuroscienze studiano il sistema nervoso partendo dall’analisi dei processi biologici integrandoli con quelli di psicologia e di psicofisiologia”.
Insomma, niente è lasciato all’improvvisazione ma vengono utilizzate tecnologie molto sofisticate che vanno dalla risonanza magnetica funzionale a quella con emissioni di positroni PET, dall’analisi elettroencefalografica all’analisi dei segnali psicofisiologici quali la frequenza cardiaca  e la frequenza respiratoria, modulate dal Sistema Nervoso Autonomo (SNA). Per il docente dello Iulm, la grande forza di questi strumenti risiede sia nella loro sensibilità ad analizzare anche i più lievi cambiamenti psicofisiologici e neurologici, sia nella loro sincronizzazione e integrazione. 
La possibilità di rilevare contemporaneamente, su più soggetti, diversi parametri, permette di avere una più solida validazione del tipo di emozione e di attivazione che lo stimolo può indurre nei consumatori, oltre che facilitare la realizzazione di ricerche di neuromarketing con campioni più grandi del solito. Perché non solo si può misurare ciò che il consumatore sta osservando, ma anche che tipo di reazione provoca l’immagine o lo stimolo studiato.

Il neuromarketing è pertanto un nuovo campo di studio del marketing, nato dalla convergenza delle teorie di marketing, delle scoperte neuroscientifiche sul funzionamento del cervello, dallo studio dell’economia comportamentale, dagli studi di psicologia dei consumi e della comunicazione e dallo sviluppo di sofisticate tecnologie di analisi di indici psicofisiologici e neurologici. Un interessante campo scientifico a supporto di un nuovo modello di analisi dei processi decisionali secondo il quale le decisioni possono essere caratterizzate da processi irrazionali, intuitivi, euristici e affettivi.

«Per dare oggettività alla qualità di una reazione di fronte a un’etichetta – continua il prof. Vincenzo Russo – è necessario mettere insieme più informazioni: sudorazione cutanea, variabilità cardiaca, ritmo di respirazione, livello del tono muscolare, segnali elettroencefalografici del cervello, movimento del volto e movimento oculare». Ma non basta: «Serve una specifica competenza nell’elaborazione dei dati da parte dei ricercatori. Per questo è necessaria una squadra multidisciplinare».
Da questo impegnativo lavoro si può infine stabilire, per ogni prodotto, quanto esso riesca a suscitare nel consumatore piacere, felicità, sensazioni tristi o rabbia. Che questa analisi abbia valore commerciale, oltre che scientifico, lo dimostra anche il mercato: oggi sappiamo che circa  l’80% dei nuovi prodotti proposti dall’analisi della ricerca classica (eccessivamente razionalizzante) rischia di non avere successo.
In questo processo le ricerche di neuromarketing possono certamente dare un utile contributo, soprattutto perché sono in grado di misurare l’emozione prima dell’intervento del processo di razionalizzazione. Ovvero misurare ciò che convince il consumatore a scegliere un prodotto rispetto ad un altro, soprattutto in condizione di incertezza.

Michele Maria Pizzillo
in esclusiva per Newsfood.com

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