Perdere giocandosi tutto

(foto archivio)
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“Scusa mamma, ho sciupato tutti i miei soldi nel gioco”. Parole forti, non tanto perché rimandano ad una piaga sociale quale il gioco patologico, ma perché il ragazzo che le ha scritte si è poi suicidato per aver investito tutti i risparmi familiari in quello che ancora oggi ci si ostina a definire “gioco”. 

Ma che cos’è un gioco? Si possono dare svariate definizioni. Può essere definito un sistema per svagarsi, per provare piacere, per far passare il tempo. E sembrerebbe proprio che il piacere sia una delle sue caratteristiche fondamentali. In questa epoca di grande diffusione del “gioco d’azzardo” e di profonda crisi economica sembra che ciascuno di noi paradossalmente sia incentivato a pensare “quanto sarebbe bello se vincessi un sacco di soldi!”. Infatti, chi non ha sentito dei numeri e li ha magari magicamente e scaramanticamente giocati? Chi non ha chiuso gli occhi la sera speranzoso di sognare qualcuno che gli suggerisse la combinazione vincente (o quantomeno una parte di essa)? Chi non ha fatto invece sogni ad occhi aperti su come eventualmente spendere o investire al meglio un’enorme vincita di gioco che così d’impulso non si sa neppure dire correttamente quante cifre abbia? È facile potersi fare condizionare dall’idea di diventare miliardari, da quell’evento che potrebbe rappresentare il cambiamento di tutta una vita e di tutto un futuro. E forse è proprio su questo aspetto che puntano tutte le nuove forme di gioco, tutti i nuovi e molteplici centri scommesse, tutti i siti online dove poter comodamente puntare.  Incrementano i luoghi virtuali e reali, si accrescono le pubblicità in tv, si estende la coda alle ricevitorie, si compilano schedine, si pensano numeri, si appuntano sogni da smorfiare, eventi accaduti o tutto ciò che possa per un attimo far sentire l’ebbrezza di una vincita di grandi proporzioni. Illusioni che diventano quasi una necessità per gente con problemi economici e sogni di garanzia per gente meno bisognosa. Ma al di là del valore economico (di certo importantissimo a livello materiale!) c’è anche l’aspetto psicologico del comportamento che spinge a giocare; c’è la speranza, c’è la fantasia, c’è quasi il potere antidepressivo del gioco. Il pensiero di un premio milionario non incentiva solo la “semplice” gente col desiderio dell’agio, ma anche e soprattutto i 'giocatori' compulsivi che in realtà non sono realmente interessati alla vincita quanto al gioco in sé. In loro si verifica un impulso 'rinforzato' a giocare e il perdere non fa di certo frenare la voglia.

Si entra nell’illusione di riuscire a guadagnare denaro in maniera presuntemente facile, specialmente se e quando il denaro serve. Si passa così molto spesso al “vizio del gioco”, assimilabile ormai ad una dipendenza. Quando un comportamento da gioco può definirsi dipendenza?

Quando:
 il gioco diventa un comportamento persistente e ricorrente;
 il gioco compromette le attività personali, il lavoro e le relazioni sociali;
 la persona è totalmente assorbita dal gioco (pensa in modo eccessivo a quando ripetere la giocata o ai modi in  cui procurarsi il denaro;
 la persona ha bisogno di giocare con quantità sempre più grandi di denaro;
 i tentativi di ridurre o interrompere il gioco non danno risultati oppure causano eccessiva irritabilità o ansia;
 il gioco può essere un modo per alleviare la depressione, l’ansia o un senso di colpa;
 la persona cerca di rincorrere le perdite e avverte il bisogno impellente di restare nel gioco (con puntate più alte e rischi maggiori di perdita);
 la persona mente ai familiari e agli amici per coprire le proprie attività di gioco;
 la persona mette a repentaglio relazioni sentimentali, il lavoro, rendimento scolastico o opportunità di carriera a causa del gioco;
 la persona fa affidamento su altri per reperire soldi per alleviare le perdite finanziarie;
 la persona può compiere atti illeciti allo scopo di trovare soldi per giocare. 

Del “vizio patologico” ne soffrono circa 800mila italiani, anziani e sempre più giovani senza lavoro né prospettive, con la speranza di trovare quel colpo di fortuna che potrebbe cambiar loro la vita o spezzargliela come è accaduto al giovane diciannovenne pochi giorni fa. Un vizio definito dal Ministro dell’Interno Filippo Bubbico una piaga alla quale bisogna dire basta, una situazione inaccettabile sulla quale intervenire con urgenza sia a livello normativo che di prevenzione”. È a tutti gli effetti una dipendenza che come tale "si cura" come si curano le altre dipendenze: entrando in "spazi protetti" in luoghi dove si può esaminare e vincere (almeno per una volta realisticamente)  la propria pulsione al gioco.

Dott.ssa Florinda Bruccoleri 
Psicologa, Psicoterapeuta analista transazionale,
Psicooncologa ed esperta in psicologia forense.
Sito web: www.florindabruccoleri.it

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