Per tenere lontana la Minetti Formigoni arruola una prof

Stancamente e senza colpi di scena si diradano le ombre sulle due donne che dovrebbero fare ingresso nella giunta Formigoni. Dopo la consigliera bresciana Margherita Peroni ecco arrivare con molta probabilità Eugenia Scabini, docente a contratto dell’Università Cattolica di Milano. Il nome, reso pubblico ieri da affaritaliani.it, non sorprende perché per nulla eclatante. Maurizio Lupi aveva già setacciato in lungo e in largo l’ambito accademico per trovare candidature da sottoporre al governatore anche perché al Pirellone, Nicole Minetti a parte, le donne latitano. Candidate sobrie, soprattutto, al di sopra di ogni sospetto, integerrime e preparate, soprattutto non riconducibili al mondo pidiellino.
Afflitto dalla «sindrome Minetti», Formigoni aveva già deciso di fare di testa sua per liberare il campo da equivoci e gossip. Berlusconi coi tempi che corrono gli ha dato sicuramente una mano, risparmiandogli suggerimenti e raccomandazioni. Laureata nel 1962, Professore ordinario di Psicologia Sociale della Famiglia, Eugenia Scabini è inoltre co-direttore della rivista «Studi Interdisciplinari sulla Famiglia», edita da Vita e Pensiero e co-direttore della collana di Psicologia Sociale e Terapia della Famiglia, edita da Franco Angeli. Quindi niente lustrini e paillettes. L’unica nota fru fru è rappresentata dal premio Alfabeto delle primedonne, ricevuto da Letizia Moratti nel marzo scorso.

Data quasi per certa dagli ambienti vicini al presidente Formigoni, la Scabini diventerà molto probabilmente sottosegretario. In un rimescolamento di carte, prenderà il posto del geometra di Arcore, al secolo Francesco Magnano, trasferito alla presidenza di Arpa Lombardia, una sorta di cimitero degli elefanti per politici in disuso. Tornando alla Scabini, il suo nome non sorprende perché il centrodestra milanese ci aveva abituato per il mondo femminile a scelte di eterno richiamo - Colli, Maiolo, Moioli, Bracco e similari - oppure a candidature capaci di solleticare tutti i cinque sensi, per le quali il nome di Nicole Minetti è finito per designare la categoria generale.

E bisogna poi ricordare la difficoltà all’interno del Pdl di individuare donne pronte al grande salto al Pirellone. Quelle poche che ci sono, occupano le poltrone di Montecitorio e Strasburgo. Le altre sono diventate ormai ex, come nel caso di Barbara Ciabò e della giovanissima Sara Giudice, uscite sgomitando e inveendo contro un sistema di candidature che a dir loro premiava più le frequentazioni a Villa San Martino in Arcore che l’attività politica svolta tra la gente. Ovvio quindi che Formigoni guardi più al suo futuro che al partito.
Peroni e Scabini rappresentano una rottura col passato e, ben oltre i loro nomi, ad un tentativo di rilanciare la propria credibilitàminata negli ultimi mesi da arresti e indagini in Regione Lombardia. Stanco di ammettere che qualcuno non doveva essere candidato, cerca tranquillità nel mondo politico cattolico, da cui Peroni e Scabini provengono. Con un unico rimpianto: aver dato retta a don Verzè quando gli raccomandò la Minetti.

di Marzio Brusini

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